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MIAMI OPEN

Datele una top-10... e Anna Kalinskaya la batterà

Da possibile bluff ad aspirante top-10 (e oltre): in pochi mesi, per Anna Kalinskaya è cambiato tutto. La fiducia per coach Patricia Tarabini non è mai venuta meno, ma adesso ha compreso il valore della professionalità. Ha vinto gli ultimi cinque match contro le top-10 e non ha dubbi: “Mi sento pronta per vincere uno Slam”

Riccardo Bisti
25 marzo 2024

“Il mio obiettivo è vincere uno Slam. Se mi sento pronta? Certamente”. Anna Kalinskaya non difetta di autostima, e nemmeno di personalità. Ma anche lei ha avuto dubbi sul suo percorso, specie dopo aver avuto una brillante carriera junior. È stata numero 3 del mondo e sognava di emulare Anastasia Myskina. Avrebbe dovuto raccogliere l'eredità delle grandi russe di inizio millennio, invece non si scrostava dalle retrovie. I più severi parlavano di promessa mancata, qualche malizioso ricordava la sua antica liason con Nick Kyrgios, peraltro finita piuttosto male (si narra di una scenata di gelosia quando lo vide in un club con la fidanzata successiva, Chiara Passari). Ma le qualità fisiche e tecniche non le sono mai mancate. Lei dice di ammirare Aryna Sabalenka, ma il suo gioco nervoso e istintivo ricorda quello di un'altra grande connazionale, quella Elena Dementieva che uno Slam non l'ha mai vinto... ma si è consolata con l'oro olimpico. “Se chiedete a un russo cosa è Wimbledon, non tutti vi sapranno rispondere – diceva – mentre chiunque sa cosa sono le Olimpiadi”. Se anche dovesse partecipare a Parigi 2024, la Kalinskaya non potrà farlo per i colori della Grande Madre Russia, per i ben noti motivi bellico-politici. E pensare che la parte materna della sua famiglia arriva dall'Ucraina, e proprio in Ucraina ha iniziato a giocare.

Aveva cinque anni quando, durante una vacanza estiva a Dnepropetrovsk, vide la cugina giocare e scelse di provare. Da quando è scoppiata la guerra, nessuno le ha chiesto un parere e forse è meglio così, anche se non è sfuggita alle mancate strette di mano delle giocatrici ucraine. Lo scorso anno, dopo aver battuto Anhelina Kalinina a Charleston, le telecamere colsero un suo gesto di fastidio per l'atteggiamento dell'avversaria. Ma oggi Anna Kalinskaya è una delle giocatrici del momento. I quarti di finale in Australia non sono stati un fuoco di paglia, perché poi è arrivata la finale a Dubai (con vittorie su Gauff e Swiatek, salvo poi cedere alla nostra Paolini) e adesso gli ottavi a Miami. Oggi cercherà i quarti contro Maria Sakkari dopo la facile vittoria contro Jelena Ostapenko, un 6-3 6-1 che conferma il suo agio nell'affrontare le top-10. Il suo bilancio parla di otto vittorie e sei sconfitte, ma ha vinto le ultime cinque partite. L'ultima sconfitta è stato il ritiro a Roma, contro Elena Rybakina. Un problema al tendine del ginocchio l'ha convinta a fermarsi per oltre tre mesi, ma è lì a essersi sviluppata la nuova Kalinskaya. Oggi è numero 25 ma è ottava nella classifica stagionale, quella che stabilirà le qualificate al Masters. E chi può escludere la moscovita?

«Non esprimo molto i miei sentimenti, ma mi capita di piangere per stanchezza o tensione. In carriera ho rotto 30 racchette» 
Anna Kalinskaya

I colpi li ha sempre avuti, adesso ha trovato la mentalità vincente. Ma non c'è dietro chissà quale lavoro psicologico. “Stare bene di testa dipende dal fisico. Se non hai infortuni, non hai paure inutili e ti concentri solo sul gioco. Essere fisicamente sani e ben preparati vuol dire avere fiducia”. Non ditelo agli strizzacervelli. “Ho avuto diversi problemi di salute e infortuni, ma l'importante è continuare a crederci – continua – se batti una top-10 è importante non rilassarsi”. Anna esprime concetti molto semplici. Sa che non è il caso di complicarsi la vita, specie dopo una delicatissima transizione da junior a professionista. “C'è stato un momento in cui ho pensato di smettere. Avevo 18 anni e non superavo le qualificazioni negli Slam. In quel momento ho capito la differenza tra i tornei giovanili e il circuito WTA. Tutti si aspettavano molto da me, avvertivo grande pressione e il tennis non mi portava alcun piacere”. Ha rischiato di finire nel dimenticatoio, ma ha trovato la forza per andare avanti facendo la scelta più difficile: abbandonare Mosca per trasferirsi altrove. È passata anche da Mouratoglou, ma aveva bisogno di allontanarsi ancora di più. E allora è finita a Miami, laddove ha conosciuto la sua attuale allenatrice, quella Patricia Tarabini che è il suo esatto opposto. Tanto algida e seriosa la russa, quanto sorridente e scherzosa l'argentina. “È decisamente la giocatrice più simpatica del tour” diceva Laura Golarsa negli anni '90.

Dopo aver vissuto a San Diego e lavorato a lungo come commentatrice, la Tarabini si è spostata a Miami qualche anno fa. Ha iniziato a insegnare a tempo perso, ma con la Kalinskaya le cose si sono fatte rapidamente più serie. “Quando ho interrotto la comunicazione con i miei genitori (entrambi ex giocatori di badminton, ndr), mi sono resa conto che il tennis mi piaceva. Quello che non sopportavo erano le aspettative”. E cosa c'è di meglio delle spiagge di Miami Beach o del sole della Florida? “Mi sono trasferita perché è il luogo in cui risiede Patricia, inoltre il clima è fantastico e in un quarto d'ora arrivi al campo di allenamento, mentre a Mosca si perde un sacco di tempo a causa del traffico”. Nella girandola di coach da cui è contraddistinto il circuito WTA, il caso Kalinskaya-Tarabini è da studiare: così diverse culturalmente e caratterialmente, eppure così unite. Lavorano insieme da quasi cinque anni. “Più stiamo insieme e più ci completiamo – dice la russa – ci fidiamo l'una dell'altra. Per me è una seconda mamma, rende molto interessante ogni allenamento, parla molto di tattica ed è una persona cordiale”. Fino a qualche mese fa, tuttavia, Anna era una giocatrice di secondo piano: aveva impiegato cinque anni per entrare tra le top-100 WTA e stentava ad avvicinare le prime 50. 

Anna Kalinskaya si è trasferita a Miami, di cui apprezza il clima e la vita extra-tennis

“Ho cambiato preparatore atletico e ho iniziato ad avere un atteggiamento sempre più professionale. Ho cambiato anche fisioterapista, non voglio più dovermi ritirare da un match in corso”. L'anno scorso è successo tre volte, ma dallo scorso ottobre è diventata un'altra giocatrice. Ha vinto 27 delle ultime 34 partite e la differenza si vede a occhio nudo. Gli schiaffi con dritto e rovescio sono sempre i soliti ma si muove molto, molto meglio. “Adesso sto molto attenta al riscaldamento. Faccio tanti esercizi di prevenzione e curo la mia alimentazione – racconta – per esempio, mangio molto più spesso. Faccio uno spuntino ogni quattro ore per avere più forza, mentre prima avevo intervalli troppo lunghi. Inoltre presto attenzione a fisioterapia, massaggi e gestione del sonno”. Quando le hanno detto che Roger Federer dormiva anche 13 ore, non si è stupita più di tanto. “A volte succede anche a me, ma col jet-lag non è sempre facile. Diciamo che provo a riposare 9 ore a notte, se sono soltanto 6 sento la differenza. Posso sacrificare un po' di sonno per andare a vedere una partita di basket o andare a cena fuori, ma mai durante un torneo”. Già, perché Anna non è certo una Tennis Girl, una che pensa solo a racchette e palline.

Ama la pallacanestro (passione che condivideva con Kyrgios) e va matta per i concerti. Inoltre Miami è una città piena di distrazioni. “Personaggi famosi? Mi è capitato di incontrare Dua Lipa e David Beckham. Lui era con amici, proprio come me, ma mi sono vergognata e non gli ho chiesto una foto insieme...”. Basta sbirciare al suo profilo Instagram e si scopre una ragazza a cui piace uscire, vestirsi bene, truccarsi... senza dimenticare la passione per la cucina che l'accompagna sin da bambina. Però sta prendendo gusto a vincere partite e – grazie a un fisico pienamente ricostruito – non si pone limiti. Intanto ha pienamente ristabilito il rapporto con mamma Elena e papà Nikolay, poi è convinta di poter intascare uno Slam. All'Australian Open non c'è andata troppo lontana: soltanto un dolore all'anca l'ha bloccata durante il quarto di finale contro Qinwen Zheng, in cui aveva vinto il primo set. “Ognuno ha i suoi tempi, basta lavorare duro e i risultati arriveranno” filosofeggia. Intanto sarebbe suggestivo arrivare in fondo nella sua città d'adozione, quella Miami in cui ha ritrovato l'amore per il tennis. Oggi sfida Maria Sakkari, rigenerata dalla cura Witt. L'unico precedente risale a Mosca, la sua ex casa. Era il 2021 e – guarda un po' – si ritirò dopo aver perso il primo set. Non sappiamo come finirà, ma di certo oggi è un'altra Kalinskaya.