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US OPEN

"Nel tennis non si parte da 0-0"

I top-players possono allenarsi sui campi principali, oltre ad avere una sorta di prelazione per gli orari e le palle a disposizione. Qualche privilegio è lecito, ma certi vantaggi non dovrebbero influenzare la preparazione agli incontri. Per gente come Peterson, Tien e Muller sarà ancora più dura. 

Riccardo Bisti
28 agosto 2023

“Noi campioni dobbiamo giocare sui campi più importanti e nelle migliori condizioni. Altrimenti rischiamo di perdere contro i mediocri”. Parola di Boris Becker, circa 30 anni fa. L'avesse detto oggi, in piena epoca social, sarebbe stato accusato di classismo tennistico. Ok: il tennis è probabilmente lo sport più meritocratico che ci sia. Il sistema di punteggio premia il più forte (almeno in un determinato giorno) e la classifica rispecchia la qualità dei giocatori nelle ultime 52 settimane. Ma fate uno sforzo: mettetevi nei panni di Rebecca Peterson, Learner Tien e Alexandre Muller. Tre giocatori di secondo piano che oggi giocheranno sull'Arthur Ashe Stadium, nella giornata inaugurale dello Us Open. Avversari: Iga Swiatek, Frances Tiafoe e Novak Djokovic. Più famosi, più forti e – soprattutto – più abituati a vivere determinati scenari. E qui torna in mente quanto detto da Becker: giusto o sbagliato, nei grandi tornei esiste una gerarchia, una distinzione tra i migliori e tutti gli altri. Chiamiamolo con il suo nome: classismo. Se Djokovic vuole allenarsi per un periodo prolungato sull'Arthur Ashe, anziché sui campi di allenamento nei pressi dell'uscita della metropolitana, gli viene concesso.

Più in generale, le teste di serie si allenano e giocano tutte le loro partite sui campi più importanti. Negli Slam, a partire dal 2024 (con la copertura del Suzanne Lenglen di Parigi), ce ne saranno almeno due a torneo dotati di tetto retrattile (tre in Australia). Significa che i big hanno la certezza di potersi allenare e poter giocare sui campi migliori (con tutte le certezze del caso), mentre tutti gli altri vivono il disagio quotidiano. Non solo la programmazione dei match sui campi esterni dipende dal meteo, ma lo stesso vale per gli allenamenti. E per arrivare su quei campi bisogna passare in mezzo al pubblico, salvo poi giocare col brusio di fondo e gli spettatori appollaiati a bordocampo. Niente di male, ma non il massimo per concentrarsi. I giocatori di seconda fascia vivono una battaglia quotidiana per trovare buone condizioni di allenamento. Qualcuno accetta di allenarsi con i big in modo da poter accedere agli Show Courts. E nello spogliatoio è sempre più condivisa la sensazione che nel tennis esista una cultura have-versus-have-not. Ovvero, c'è chi ha i privilegi (solitamente una ristretta elite) e chi non li ha.

Novak Djokovic è tra i pochi a essersi potuto allenare sull'Arthur Ashe, anche se ha avuto l'impegno extra di parlare al microfono durante alcune fasi del palleggio

«Preferiscono che il campo resti vuoto piuttosto che un signor nessuno consumi il loro prezioso bitume, Quando sono entrato nel circuito ho imparato una lezione: non si parte da 0-0» 
John Millman
ASICS ROMA

Chi ha vissuto entrambe le situazioni è John Millman, operaio della racchetta che ha vissuto esperienze ai limiti del surreale negli anni in cui frequentava i tornei minori, salvo poi arrivare a sfidare Roger Federer sui centrali di Melbourne e di New York. Allo Us Open, nel 2018, lo batté in una delle notti più umide che si ricordino. È stato numero 33 ATP, oggi è n.326 ed è tornato proprio allo Us Open dopo un lungo stop, ma si è arreso nelle qualificazioni. Qualche mese fa ha scritto un articolo per un media australiano, rivelando che in alcuni tornei gli davano meno palline per allenarsi rispetto ai giocatori di alto livello. “Questo privilegio viene riservato a quei giocatori che ricevono accrediti extra”. Secondo l'australiano, oltre a portare un team più numeroso, i top-players hanno una sorta di prelazione per prenotare i campi di allenamento. In questo modo possono scegliere gli orari più comodi e organizzarsi a piacimento la giornata. Una volta aveva prenotato due ore di allenamento con Nadal, ma quando lo spagnolo scappò via (era appena arrivato il Covid), gli organizzatori gli impedirono di utilizzare il Centrale con un altro giocatore. "Preferiscono che il campo resti vuoto piuttosto che un signor nessuno consumi il loro prezioso bitume, Quando sono entrato nel circuito ho imparato una lezione: non si parte da 0-0". Quasi coetanea di Millman, Alize Cornet riconosce che è vero. Quando le è capitato di giocare sui campi principali, gli organizzatori le davano molti più biglietti da distribuire a parenti e amici. “In effetti venivo trattata diversamente quando ero testa di serie negli Slam, ma la società funziona così: più sei forte, più sei avvantaggiato”. Nell'immensità degli Slam, la logistica logistica rappresenta la grande differenza tra l'elite e gli altri, mentre nei piccoli tornei capita che le teste di serie vengano sistemate in hotel di lusso (magari in cambio di apparizioni promozionali e menzioni sui social) e vengano programmati negli orari migliori. Ma il classismo non finisce qui: certi giocatori ricevono dal torneo auto private per se stessi e per i loro entourage, con tutti i vantaggi del caso.

Il resto del gruppo si deve accontentare dei bus navetta. “C'è una cosa molto divertente: meglio gioco, meno pago” dice Cameron Norrie, attuale n.16 ATP. Lo scorso anno è arrivato in semifinale a Wimbledon e, magicamente, gli hanno abbuonato il costo della lavanderia. Un omaggio arrivato quando ne aveva meno bisogno, visto che aveva appena intascato 600.000 dollari. Più in generale, i tennisti sembrano accettare che i migliori abbiano qualche privilegio: in fondo, è quello a cui aspira ogni professionista. La faccenda diventa più complicata quando certi vantaggi si intersecano con la faccenda agonistica e accade – perché accade, inutile negarlo – che non ci siano pari opportunità nella preparazione di una partita o di un torneo. “L'argomento circola da tempo – dice Daniel Vallverdu, che ha rappresentato a lungo i coach presso il Player Council ATP – la mia impressione è che devi comunque partire dal basso. Tutti hanno la possibilità di percorrere la stessa strada. Inoltre i giocatori di punta fanno molto di più per il torneo rispetto agli altri: mi riferisco agli impegni con i media, sponsorizzazioni e attività extra di vario genere”. Verissimo: basti pensare alla Fan Week appena terminata, in cui – ovviamente – il torneo ha sfruttato i nomi più importanti per autopromuoversi. “Però devo aggiungere una cosa – dice Vallverdu – quando si tratta della preparazione ai match, come l'accesso alla palestra giusta, le ore di allenamento e tutto il resto, dovrebbe esserci la par condicio. Tutto quello che influenza la prestazione dovrebbe essere il più equo possibile”.

Allenarsi sui campi secondari può comportare alcuni svantaggi, tra cui un caos che non favorisce la giusta concentrazione

Lo scorso anno, Wimbledon ha "aperto" il Centre Court per alcuni allenamenti prima del torneo. Ne hanno potuto usufruire i soliti noti

Non tutti lo sanno, ma lo Us Open (grazie al ricco portafoglio della USTA) ha adottato alcune migliorie. A parte i servizi e le facilities concesse a tutti, da quest'anno offrono una camera aggiuntiva per ogni giocatore nell'hotel ufficiale, oppure un rimborso giornaliero di 600 dollari per chi vuole alloggiare per conto proprio. Anche i pasti per giocatori e staff sono gratuiti, oltre a un maxi-contributo per il viaggio (1.000 dollari) e per le spera aeroportuali (150), a cui si aggiungono cinque incordature gratis per ogni match. In altre parole, anche il più umile iscritto alle qualificazioni porta a casa una bella cifra: ai 22.000 dollari per chi ha perso al primo turno andranno detratte soltanto le tasse, perché viaggio, alloggio e spese in loco sono tutte a carico della USTA. E pazienza se tale cifra (stimata oltre 4,5 milioni di dollari) sia stata inserita nel prize money ufficiale, quando in realtà il monte-assegni riservato ai tennisti sarà intorno ai 60 milioni complessivi (poco più di 25 milioni per ciascuno dei tabelloni di singolare). Una delle menti dietro a questo programma è Eric Butorac, ex buon doppista con la passione per la politica. Per qualche tempo è stato addirittura presidente dell'ATP Player Council, mentre adesso è stato assunto dalla USTA come Direttore delle Relazioni con i Giocatori.”Queste iniziative sono state pensate per i giocatori di seconda fascia: l'idea è che non debbano spendere soldi nella loro permanenza a New York e che possano intascare tutto il prize money guadagnato sul campo”.

Tutto bello, ed è giusto segnalarlo. Rimane il problema degli allenamenti, che in qualche misura possono condizionare il rendimento sul campo. Magari dell'1-2%, ma in uno sport come il tennis sono spesso i dettagli a fare la differenza. Prima che l'impianto di Flushing Meadows fosse ampliato, i giocatori di seconda fascia – se volevano allenarsi più a lungo – dovevano recarsi altrove, magari a Long Island. Ancora oggi c'è chi deve andare nel parco pubblico accanto all'impianto, laddove i campi non sono riasfaltati e sono pieni di bolle. “Ma io vengo da una piccola città del Minnesota ed ero semplicemente felice di esserci” dice Butorac, che però viveva la realtà peculiare del doppio. Per chi deve affrontare i big in singolare è tutta un'altra storia. Ipotizziamo che oggi Peterson, Tien e Muller riescano a fare partita pari, ma che sul più bello commettano qualche errore. Dipenderà da mille fattori, compresa la non abitudine a giocare nell'immensità dall'Arthur Ashe, dovuta dall'impossibilità di poterlo frequentare come i big. Per carità, è sempre stato così e sempre sarà così. Ma sarebbe molto divertente che una volta, per un solo torneo, i campi di allenamento fossero stabiliti in base a un sorteggio puro e i big non avessero alcuna prelazione per scegliere gli orari di gioco, dovendosi presentare al players' desk come tutti gli alti. Magari i risultati sarebbero gli stessi. O magari no, chissà. Scopriremmo se Boris Becker aveva ragione.