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US OPEN

Una sconfitta da cui si può imparare

Nella sua prima partita di cinque set, Jannik Sinner scopre parecchie cose: la durezza di un match così lungo, la difficoltà nel giocare infortunato, le battaglie psicologiche e molto altro. Perde al tie-break finale, ma ha confermato qualità importanti. E l'esperienza vissuta gli tornerà utile in futuro.

Riccardo Bisti
2 settembre 2020

Michael Chang diceva che si impara molto di più da una sconfitta che da una vittoria. Se saprà fare tesoro di questa esperienza, Jannik Sinner imparerà molto da 3-6 6-7 6-2 6-0 -76 con cui ha ceduto a Karen Khachanov al primo turno dello Us Open. Il giovane altoatesino, Golden Boy del nostro tennis, ha rischiato di vincere nonostante abbia giocato mezza partita azzoppato, prima da un dolore alla schiena, poi da un crampo che si è trasformato in una contrattura. In particolare, il quinto set è stato un festival del surreale. Stanco, zoppicante, col pensiero del ritiro che gli ronzava per la testa, è arrivato a pochi punti dal successo. Un Khachanov incapace di sfruttare le sue difficoltà gli ha permesso di restare a galla, ma lui lo ha fatto nel modo più spettacolare, tirando botte vincenti da ogni zona del campo. Questo match allo Us Open (suo Slam preferito) era una buona occasione per valutare la sua crescita tecnica dopo mesi di sosta forzata ai box.

Difficile dare risposte dopo aver assistito a tre storie in una sola partita. I primi due set, il terzo e il quarto, poi il surreale quinto. Fino a quando è stata una partita normale, Sinner ha mostrato una superiorità piuttosto netta sull'avversario. Fa impressione dirlo, visto che il russo è numero 16 del mondo, con un passato (recente) da n.8. Eppure è così, e non bisogna avere timore nel dirlo. Anzi, il 6-3 7-6 iniziale è fin troppo generoso con un Khachanov incapace di trovare soluzioni alternative. Nel dialogo da fondocampo, Sinner gli era superiore. E lui non riusciva a trovare soluzioni, variazioni, idee. Una pecca mica da ridere. Sul rovescio teneva duro (per quanto l'accelerazione di Sinner fosse ben più letale), ma faticava da matti sulla diagonale del dritto. In verità, Sinner doveva annullare un setpoint sul 5-6 del secondo, ma aveva avuto ben cinque palle break nel parziale. In sintesi, il punteggio era meritato.

"Impressiona l'equilibrio dei suoi fondamentali: il colpo naturale è il rovescio, ma riesce a imprimere la stessa forza con il dritto e a ottenere un buon numero di vincenti. E poi non perde mai campo" Paolo Canè
La sintesi dei cinque set tra Jannik Sinner e Karen Khachanov

“La cosa che mi impressiona di Sinner è la risposta al servizio – dice Paolo Cané, ex top-30 ATP che ha commentato la partita su Eurosport – talvolta è in grado di lasciarti fermo. Inoltre impressiona l'equilibrio dei suoi fondamentali: il colpo naturale è il rovescio, ma riesce a imprimere la stessa forza con il dritto e a ottenere un buon numero di vincenti. E poi non perde mai campo”. Cané è entusiasta di Sinner: a precisa domanda, risponde che potrà essere un top-10 stabile e che nel giro di tre-quattro anni potrebbe vincere uno Slam. Frasi importanti, un'investitura (una delle tante) a cui l'azzurro dovrà abituarsi. Lo stesso John McEnroe nutre grande stima nei suoi confronti. I due avrebbero dovuto incontrarsi a New York, po il progetto è saltato per via delle restrizioni sanitarie.

Mi sarebbe piaciuto che si parlassero, non solo di tennis, ma purtroppo non è stato possibile. Ci saranno nuove occasioni in futuro” ha detto Riccardo Piatti, coach-mentore di Sinner che è rimasto in Italia per non sottoporsi alle restrizioni della bolla (pardon, ambiente controllato) di New York. Con Jannik c'erano Andrea Volpini e il fisioterapista Claudio Zimaglia. La trasferta ha fruttato zero vittorie e due sconfitte, eppure – se analizzata bene – può risultare utile. “Il punto forte di Jannik è osservare, capire quel che deve fare e poi salire di livello. Lo ha sempre fatto, lo farà anche qui” diceva Piatti. Gli insegnamenti arrivano dalla seconda e dalla terza parte del film. In avvio di terzo, ha avvertito un dolore alla schiena e si è fatto massaggiare dal fisioterapista. Qualche game dopo è stato colto da crampi. Fatica a muoversi, smorfie di dolore, istantanee di sofferenza. E nove game di fila perduti.

Nonostante i guai fisici, Jannik Sinner ha tirato moltissimi colpi vincenti. Anche da fermo o giù di lì

Khachanov lo guardava, come ad aspettarsi il ritiro. Invece Jannik (che a un cambio campo si è mangiato una fragola: nuova moda, 31 anni dopo le banane di Chang?) è rimasto a galla per il terzo capitolo di questa storia: un quinto set surreale, in cui Khachanov è stato incapace di sfruttare le evidenti difficoltà del suo avversario. Incapace di giocarsela ad armi pari, Sinner è stato bravo a metterla sull'unico piano in cui poteva giocarsela: la bagarre psicologica. E anche se ha perso la partita, da quel punto di vista ha vinto lui. Khachanov è andato nel pallone, permettendo a Sinner di giocare diversi colpi da fermo e tirare 23 colpi vincenti nel solo quinto set. Con fortuna e bravura, l'azzurro cancellava quattro palle break sul 3-3 e riusciva a rifugiarsi nel tie-break. Affidandosi al servizio, Kahchanov riusciva a fare gara di testa e a portare a casa il match.

Delusione per Sinner, certo, ma anche la consapevolezza che è stato messo un altro tassello per un progetto pluriennale. Per esempio, per lui è stato appena il quarto match al meglio dei cinque set, il primo terminato al quinto. Bisogna partire da qui, anche se ci sono parecchie cose da migliorare. “Intanto il gioco di volo – dice Paolo Canè – inoltre in certi momenti mi è sembrato un po' nervoso, non così altoatesino. Dire qualche parolaccia e lanciare la pallina contro il telone può essere accettabile in questo contesto, ma negli ottavi o nei quarti, contro un grande avversario, rischia di essere un problema”. Non c'è dubbio che Jannik lo sappia. E saprà lavorare anche su questo.