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JUAN MARTIN DEL POTRO

Ultime bordate

Che sia a Buenos Aires o Rio de Janeiro, la carriera di Juan Martin Del Potro è giunta al capolinea. Quattro operazioni al ginocchio destro non sono bastate per rimetterlo in sesto: chiuderà in luoghi familiari, sotto gli occhi della madre e con l'ovazione della gente. Per chiudere un capitolo di vita e con un documentario in uscita.

Riccardo Bisti
7 febbraio 2022

Sono trascorsi 965 giorni dall'ultima apparizione ufficiale di Juan Martin Del Potro. Due anni e sette mesi, conditi da quattro interventi al ginocchio destro, infortunato per la prima volta nell'ottobre 2018, durante un match a Shanghai contro Borna Coric. Una caduta talmente banale da poter passare inosservata, anche perché non comportò il ritiro immediato. Invece fu l'inizio di un calvario. L'argentino scelse un trattamento conservativo e tornò in campo qualche mese dopo, dando cenni di ripresa nella primavera 2019 (quarti a Roma, ottavi a Parigi), poi si è fatto male di nuovo durante il torneo del Queen's, opposto a Denis Shapovalov. Non l'ha voluto ammettere per oltre due anni, sottoponendosi a ben quattro interventi, ma la sua carriera è terminata quel giorno. Sedici anni dopo, Del Potro tornerà a giocare il torneo di Buenos Aires. Nonostante sia stato a lungo l'unico torneo ATP in Argentina, l'aveva frequentato per l'ultima volta nel 2006. Un po' gli infortuni, un po' la predilezione per le superfici veloci, un po' gli screzi con Martin Jaite (direttore del torneo) lo avevano tenuto lontano dal Buenos Aires Lawn Tennis Club.

Ma oggi è tempo di lasciarsi tutto alle spalle. “Più che un ritorno, è un addio” ha detto nella conferenza stampa pre-torneo, lasciando intendere che il ritiro è lì, dietro l'angolo. Forse già a Buenos Aires (esordirà martedì notte contro l'amico Federico Delbonis), forse la settimana successiva a Rio de Janeiro, altra città importante della sua carriera, sfondo di un commovente argento olimpico. Ci sarà il tutto esaurito nella Catedràl del tennis argentino. Hanno apparecchiato tutto per rivederlo in scena nel Paese dopo quasi dieci anni in una competizione ufficiale (una partita di Davis contro Radek Stepanek), mentre qualcuno ricorda un'esibizione con Nick Kyrgios il 15 dicembre 2017. Oggi si presenta pieno di acciacchi, al numero 757 ATP e con un paio di desideri: salutare alle sue condizioni e togliersi la soddisfazione di giocare davanti a mamma Patricia, che non lo ha mai seguito dal vivo.

ASICS ROMA
«Il suo ritiro lascerà un vuoto nel circuito, non solo tra gli argentini. Sarà strano non vederlo più in scena nei grandi tornei: arrivava quasi sempre in fondo» 
Leonardo Mayer

Alcuni scatti di Del Potro sul centrale del Buenos Aires Lawn Tennis Club. Adesso è vuoto, ma per i suoi match farà registrare il tutto esaurito

Del Potro vanta un palmares straordinario, sublimato da un titolo allo Us Open quando doveva compiere ancora 21 anni, e condito da 22 titoli ATP (solo Vilas e Clerc hanno vinto più di lui, tra gli argentini) e lo storico successo in Coppa Davis del 2016. Ma la leggenda di un giocatore non si crea solo con le vittorie, bensì con le emozioni che ha saputo trasmettere. E la storia di Del Potro, tra cadute e rinascite, ha costruito il suo mito. Nel 2015, sfibrato da quattro operazioni a polsi (una al destro, tre al sinistro), stava per cedere alla depressione e aveva accarezzato l'idea di un ritiro prematuro. Ci sono stati giorni in cui non aveva voglia di alzarsi dal letto, era svuotato di motivazione. “Ma l'orgoglio e l'amor proprio sono più forti – disse in un video Instagram del 2016, realizzato durante una sessione solitaria in palestra – sono qui grazie a voi, che mi avete sempre sostenuto quando le cose andavano male”. Quel giorno pioveva, fu una sorta di catarsi per la nascita di una seconda carriera. Tra il 2016 e il 2018 era tornato il Palito che si era fatto amare nei primi anni di carriera, prima che le sue fragili ossa iniziassero a presentargli il conto.

La finale allo Us Open 2018 e il best ranking al numero 3 ATP sembravano un altro punto di partenza, invece ci si è messo il ginocchio. A luglio 2019 si è operato per la prima volta, a Barcellona, con Angel Ruiz Cotorro (lo stesso medico di Rafael Nadal). Nel gennaio 2020 è tornato sotto i ferri, stavolta a Miami, sotto le mani del dottor Lee Kaplan. Niente da fare: in piena pandemia, nell'agosto 2020 è volato a Berna per farsi operare da Roland Biedert, lo stesso medico che si era occupato di Roger Federer. Neanche questo intervento fu decisivo: i dolori non sono scomparsi, convincendolo a effettuare un trattamento speciale in Brasile. Non è stato sufficiente: nel marzo 2021 ha effettuato l'intervento definitivo (parole sue), a Chicago, con il dottor Jorge Chahla. Il suo obiettivo era partecipare alle Olimpiadi di Tokyo, ma non ce l'ha fatta. Però ha continuato a provarci, tra alti e bassi. Fino alla scelta obbligata di dire basta, con un mini-tour d'addio. Non ha detto esplicitamente quando giocherà la sua ultima partita, ma le lacrime durante la conferenza stampa sono chiare. Del Potro sa di non essere più quello di un tempo, anche perché la lunga inattività annebbia le qualità atletiche. A 33 anni e 5 mesi, non ci sono altre soluzioni.

Juan Martin Del Potro è amatissimo dalla gente

Il teaser di "Del Potro: el ultimo matchpoint", la docu-serie in uscita nel 2022

Da quando è diventato professionista ha trascorso circa 4.000 giorni nel circuito, ma addirittura 2.000 (un terzo della carriera!) nel tentativo di recuperare da infortuni vari. Troppi, per pensare di affrontare una terza carriera. E allora i numeri, le classifiche, i risultati, non conteranno più. Non conteranno neanche la città e la superficie dove giocherà la sua ultima partita. Serviranno a completare il documentario che – a margine della conferenza di sabato – è stato annunciato lo scorso weekend. Si chiamerà Juan Martin Del Potro, l'ultimo matchpoint e sarà una docu-serie prodotta da Star+. Tre puntate in cui due linee temporali andranno intersecandosi, mostrando gloria e disperazione nella sua carriera. LGirata negli Stati Uniti e in Argentina,la serie ha raccolto immagini inedite del tentativo di recupero dopo il problema al ginocchio. JMDP ha partecipato attivamente alle riprese e racconta di quanto tenga a tornare nel circuito per dedicare questa impresa alla memoria del padre Daniel, scomparso lo scorso gennaio. La docu-serie contiene testimonianze esclusive della famiglia, di alcuni campioni e dei medici che lo hanno seguito lungo il percorso.

In una settimana piena di notizie, voglio raccontarvi che a breve potrete vedere un documentario su di me in esclusiva su Star+, in cui racconto il mio processo di recupero” ha scritto su Instagram, accompagnando l'annuncio con un teaser di 15 secondi che ingolosisce lo spettatore con alcune immagini inedite, in cui lo si vede in sedia a rotelle o tirare un dritto con la gamba ancora ingessata. “Oggi faccio fatica salire le scale – dice nel filmato – non posso uscire a correre, ma non mi manca la speranza. Intimamente sento che continuerò a giocare a tennis. È quello che mi tocca e spero che sia l'ultima volta”. Sperava in un ritorno diverso, miracoloso come il precedente, ma purtroppo per lui la vita non si può aggiustare come il finale di un film. Delpo lo ha capito e si accontenta di chiudere a modo suo, con l'orgoglio di essere l'unico giocatore extra-europeo ad aver vinto uno degli ultimi 69 (sì, 69!) Slam. Un dato statistico importante, che però non basta a descrivere la sua leggenda. Ne avremo piena contezza domani notte, a ogni ovazione dopo un dritto vincente. A ogni lacrima versata dopo l'ultimo punto, qualunque sia il risultato. “Il suo percorso è più grande di quello di Vilas” hanno sussurrato. Una frase che rende l'idea di quello a cui stiamo per assistere.