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ITALIA

Quel filo sottile tra Paolo Lorenzi e Salvatore Caruso

Compiono gli anni Paolo Lorenzi (39) e Salvatore Caruso (28): il siciliano è quello che più di tutti ricorda Lorenzi come evoluzione e approccio al professionismo. Spesso si associa la parola “esempio” al senese, ma è una pia illusione: soltanto Caruso può davvero imitarlo. I numeri iniziano a dargli ragione.

Riccardo Bisti
15 dicembre 2020

La filastrocca si ripete spesso: “L'esempio è Paolo Lorenzi, capace di dare il meglio dopo i 30 anni”. L'hanno pronunciata in tanti, italiani e stranieri, tutti giocatori che non avevano ancora conquistato il loro posto al sole tennistico. Ma c'è un errore di fondo: Paolo Lorenzi non può essere preso ad esempio. Lui è unico, forse irripetibile. Oggi il senese compie 39 anni e – forse – la tendenza al ribasso degli ultimi due anni non si modificherà più. Oltre agli auguri, è giusto celebrare una carriera fantastica se relazionata alle premesse e al suo modo di giocare. Per anni, Paolino ha lottato nel mondo dei tornei minori. Stentava a uscirne, settimana dopo settimana, ma si è sempre affidato a una granitica forza di volontà. Aveva bisogno dello staff giusto: la svolta è arrivata nel 2008, quando ha iniziato a lavorare con coach Claudio Galoppini e il preparatore atletico Stefano Giovannini. Un'avventura durata dieci anni, in cui lo stesso Paolo ha ammesso di aver ottenuto più di quanto sperasse. Un titolo ATP (Kitzbuhel 2016), ben 33 partecipazioni Slam con la chicca di un'ottavo di finale allo Us Open 2017, peraltro giocato benissimo contro Kevin Anderson (che si sarebbe spinto in finale). Altre tre finali ATP e – per qualche tempo – l'illusione di diventare il più titolato di sempre nel circuito Challenger. I suoi 21 titoli non sono così distanti dai 29 di Yen Hsun Lu, ma l'ultimo risale a più di due anni e fa e adesso l'impresa non sembra più fattibile. Usiamo il condizionale perché Lorenzi lo merita.

Si è conquistato credito e fiducia con i fatti, mai con le parole. Alzi la mano chi avrebbe pensato di trovare il suo nome tra i top-100 ATP per 360 (sì, trecentosessanta) settimane. L'equivalente di sette anni. Pieni. Di queste, ne ha passate 91 tra i top-50 con il picco della 33esima posizione, raggiunta il 15 maggio 2017. Con il suo accento toscano e la naturale gentilezza, ereditata da una famiglia modello (mamma Marina e papà Marco), Lorenzi trasmette sempre allegria, buon umore, sentimenti positivi. Ma anche lui ha vissuto le sue difficoltà, acuite da un'intelligenza sopra la media. Mica facile affrontare i momenti difficili quando le cose non ti scivolano addosso. A 27 anni, prima dell'approdo a Livorno, si sentiva indietro e forse sfiduciato. Ma a quelli che parlano di Lorenzi come esempio bisognerebbe ricordare i sacrifici (immensi) che ha compiuto lontano dai riflettori. Inverni trascorsi in una stanza dentro il Centro FIT di Tirrenia, non esattamente il luogo più ospitale del mondo, allenamenti alle 19 con il gelo di dicembre e sessione di corsa quando gli altri erano già andati. E la mattina dopo, con l'allenamento alle 9 del mattino, alle 8.15 era già pronto per scaldarsi. Quanti dei giocatori che parlano di esempio sono in grado di fare altrettanto? Quanti di loro accendono il PC per studiare al dettaglio gli avversari su Youtube? Quanti di loro hanno l'umiltà di dire, nel momento migliore della carriera, “non ho un colpo che fa male, quindi devo avvicinarmi di più al campo”?

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Oltre alla data di nascita c'è un'altra suggestione: l'ingresso tra i top-100 ATP. Lorenzi c'è arrivato il 12 ottobre 2009, manco fosse Cristoforo Colombo alla scoperta dell'America. Caruso ha centrato il bersaglio grosso esattamente dieci anni dopo, il 7 ottobre 2019.
Il grande 2016 di Paolo Lorenzi spinse l'ATP a effettuare un approfondimento su di lui

Lorenzi possiede qualità mentali e atletiche sopra la media, oltre a una volontà di ferro che per anni gli ha fatto avere l'abitudine di andare subito al club dopo essere arrivato nella sede di un torneo, ancora prima di sistemarsi in albergo. Meglio allenarsi subito e prendere confidenza con il luogo. Da qualche tempo si è reso conto che era troppo faticoso e ha lasciato perdere, ma intanto il ranking ATP resiste al numero 146. Lontano dal best ranking, ma non così lontano dal Sacro Graal dei top-100, inevitabile obiettivo. Lorenzi sperava di andare avanti fino alle Olimpiadi di Roma 2024, poi è capitato che i Giochi finissero a Parigi. “E allora metto come limite Tokyo 2020, poi vediamo” diceva quattro anni fa a Marco Caldara. Non poteva immaginare che ci si sarebbe messo di mezzo il COVID, altrimenti non avrebbe detto “Vorrà dire che smetterò a 39”. I 39 arrivano oggi, ma non rappresentano la fine. Anzi, la voglia è alle stelle visto che ha giocato fino all'ultima settimana disponibile, con il secondo turno al torneo di Maia. Paolo Lorenzi è nato il 15 dicembre 1981 e il destino ha voluto che l'unico giocatore italiano in grado di poter diventare un Nuovo Lorenzi sia nato il suo stesso giorno, undici anni dopo.

A occhio nudo non ci sono troppe somiglianze tra il senese e Salvatore Caruso, ma scavando – e conoscendoli – si può sperare che Sabbo possa ripercorrere la sua strada. Oltre alla data di nascita c'è un'altra suggestione: l'ingresso tra i top-100 ATP. Lorenzi c'è arrivato il 12 ottobre 2009, manco fosse Cristoforo Colombo alla scoperta dell'America. Caruso ha centrato il bersaglio grosso esattamente dieci anni dopo, il 7 ottobre 2019, peraltro con un anno d'anticipo, visto che tra i due ci sono undici anni di differenza. Come Lorenzi, anche Caruso vanta una passione antica per il nostro sport e anni di gavetta, lungo i quali si è dovuto costruire tecnicamente e umanamente. La differenza è che nel suo caso ci ha messo mano il caso: se Lorenzi è nato sui campi del CT Siena, Caruso trovò per caso un volantino che promuoveva le lezioni di tennis dopo una serata trascorsa nel centro di Avola. Aveva cinque anni e mezzo e non sapeva che quel foglio avrebbe cambiato la sua vita. Col tempo ha scoperto di avere talento, ha vinto la pigrizia tipica di chi nasce in provincia e si è spostato a Siracusa, laddove ha conosciuto il demiurgo della sua carriera, coach Paolo Cannova, ancora oggi al suo fianco.

Salvatore Caruso è entrato tra i top-100 ATP nell'ottobre 2019, esattamente dieci anni dopo Paolo Lorenzi
Battendo il potente Ernesto Escobedo, Salvatore Caruso ha conquistato un bel terzo turno allo Us Open. La sua avventura è terminata contro Andrey Rublev

Lorenzi e Caruso hanno un'altra cosa in comune: sono buone persone. Chiedete in giro, non c'è nessuno che ne parli male. O ne sparli. Il siciliano possiede un sorriso contagioso, è difficile immaginare il suo volto senza associarlo a un'espressione sorridente. Un po' come Roberta Vinci o il compianto Paolo Rossi. Come Lorenzi, anche lui è cresciuto sulla terra battuta ma si è reso conto di poter fare ottime cose anche sui campi veloci. I suoi numeri sono ancora lontani da quelli del senese, ma la strada intrapresa è (più che) giusta. Nei sei Slam giocati (contro i trentatré di Lorenzi) ha già raggiunto per due volte il terzo turno. Lo scorso anno, a Parigi, si è meritato una gita sul Campo Chatrier contro Novak Djokovic. Attualmente è numero 76 ATP, sua miglior classifica di sempre, e come Lorenzi è rimasto in campo fino all'ultima settimana utile, cogliendo un bel quarto di finale a Sofia. È passato sotto silenzio perché in quei giorni Jannik Sinner vinceva il suo primo titolo ATP, ma in fondo non ha importanza. Le settimane tra i top-100 ATP sono già 41 e quella appena terminata è la sua seconda stagione conclusa nell'elite del tennis. Numeri in linea (se non migliori) rispetto a quelli che aveva Lorenzi dieci anni fa.

E allora, nel fare gli auguri anche a Sabbo, ci domandiamo se firmerebbe per avere una carriera come quella di Paolino. Quattro finali ATP e un titolo, vittorie a pioggia nel circuito Challenger (per ora ne ha vinti due) e 110 partite vinte nel circuito maggiore. Numeri di rilievo, anche se c'è da credere che – oggi – Salvatore non metterebbe la firma e vorrebbe qualcosa di più. Giusto. Legittimo. Lo stesso Lorenzi approverebbe la scelta, perché è dalle grandi ambizioni che nascono i grandi risultati. Lui ha fatto proprio così. Caruso è già un grande professionista, ma forse non ha ancora maturato l'attenzione maniacale di Lorenzi. È già sulla buona strada: qualche anno fa ha conosciuto il fisioterapista Niccolò Liberati al torneo di Recanat, si è trovato bene e l'ha inserito nel suo staff. E non ha buttato via i primi soldi guadagnati dopo anni di gavetta, ma ha scelto di investire su se stesso. Tutti dettagli che fanno ben sperare per il futuro. Oggi Salvatore Caruso compie 28 anni, e il migliore augurio che gli si possa fare è di vivere i prossimi dieci sulla falsariga di Paolo Lorenzi. Una frase che vale molto, perché Sabbo è davvero l'unico che può definire Lorenzi come esempio e non come utopia. Ancora auguri. A entrambi, s'intende.