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LA STORIA

Thiago, numero 76 ATP. Segni particolari: adottato

La commovente storia di Thiago Monteiro. Adottato da mamma Fatima quando aveva poche ore di vita, non ha voluto conoscere la madre naturale perché appagato dall'amore della sua famiglia. Grazie alla tenacia del fratello, è diventato un tennista nonostante provenisse dal povero nord-est brasiliano. Oggi è stabile tra i top-100 ATP e ha un sogno: comprare casa alla madre. 

Riccardo Bisti
16 ottobre 2020

Una donna del genere non poteva che chiamarsi così. Perché la signora Fatima, come la città dei pellegrinaggi, ha fatto un miracolo: da un modesto appartamento di Fortaleza (Stato del Cearà, povero nord-est brasiliano) ha fatto emergere un ottimo tennista. Thiago Monteiro è il numero 1 brasiliano e ha una storia da brividi.
È stato adottato.
Non ha mai conosciuto i genitori biologici ed è stato cresciuto solo da mamma Fatima e dal fratello maggiore Faber. Fu adottato quando la madre aveva 44 anni ed era già malata, vittima di un cancro a un seno. Aveva anche sintomi depressivi. In quel periodo frequentava una comunità cattolica di nome Shalon, dove conobbe una ragazza incinta. Le disse che non era in grado di mantenere il figlio. “Non ho mai conosciuto la mia madre biologica, perché sono stato adottato poche ore dopo il parto” racconta Monteiro, che si è sempre rifiutato di incontrarla, nonostante mamma Fatima avesse tutti gli strumenti per rintracciarla. Due anni dopo ha adottato anche Leticia e Jessica. Avesse potuto, avrebbe accolto altri cinque bambini. “Lei dice che noi siamo stati la sua benedizione – racconta Monteiro, oggi n.76 ATP – ma la verità è che la benedizione è lei. Ho studiato in una scuola privata, ho avuto un'assicurazione sanitaria... le difficoltà ci sono state, ma non fino a dover dormire per strada. Se non ci fosse stata lei, probabilmente sarebbe stato il mio destino”.

Era preoccupata, mamma Fatima, quando decise di raccontare la verità al piccolo Thiago. Aveva 9 anni e gli disse che era stato un dono della cicogna. “Ma non mi fece effetto, per me non è mai stato un problema. Se una famiglia ti adotta, ti ama allo stesso modo. Ci ha cresciuti da sola, non ha mai perso il sorriso e ha lavorato duramente per garantirci le condizioni migliori”. A causa della malattia ha ottenuto la pensione da disabile dopo anni di lavoro nel servizio pubblico. “È il mio primo idolo. Ha avuto anche un secondo cancro, ma per fortuna è stato preso in tempo”. L'altro idolo, per un tennista brasiliano, era inevitabile: Guga Kuerten. In realtà, il tennis non era lo sport del cuore di Thiago. Amava il calcio e probabilmente sarebbe andato avanti, se non gli fosse capitato di veder giocare il fratello maggiore quando aveva 8 anni. “Era un fanatico e grazie a lui mi sono avvicinato alla disciplina, conoscendo i miei primi allenatori: Geovane Nascimento e Luciano Neri”. Faber Monteiro non aveva un gran talento, così – come un secondo padre – ha spinto affinché il fratellino potesse sfruttare il suo. Quando Thiago aveva 10 anni, guidava anche per quindici ore nel nord-est brasiliano pur di raggiungere le sedi dei tornei.

"Vorrei regalare una casa a mia mamma: aiutarla è la mia più grande gratificazione. Ultimamente ha avuto diabete, depressione e ha sofferto la perdita del padre"
Thiago Monteiro
Approfondimento ATP su Thiago Monteiro

“Faber è stato un secondo padre, per me e per le mie sorelle. Quando siamo stati adottati, mia madre era già separata. Quando c'era la Festa del Papà ci presentavamo insieme a lui”. La spinta del fratello, unita a quella della madre, gli ha garantito parecchi successi giovanili, fino a vincere il Banana Bowl. Nell'occasione fu notato da Carlos Garcia, collaboratore di Larri Passos, storico allenatore di Guga. E così, il 14enne Monteiro ha cambiato la sua vita: basta calcio, solo tennis. Lo accolsero a Balneario Cambori, presso l'accademia di Passos. “E lì ho conosciuto Kuerten, che mi ha trattato come se fossi un suo vecchio amico. Ero con lui mentre preparava il suo ultimo Roland Garros”. Non fu facile, per Monteiro, abituarsi a una vita tutta nuova. Da una parte la durezza degli allenamenti, con tanta preparazione atletica (“A Fortaleza giocavo appena 3-4 volte a settimana”), dall'altra i pregiudizi e un malcelato razzismo. “Tu vieni dal Cearà? - gli dicevano – la massima aspirazione per chi viene da lì è fare il cameriere a San Paolo”. A scuola, ogni volta che apriva bocca, c'erano ironie, sorrisi e prese in giro per il suo accento così marcato. L'ha vissuta male, al punto da cambiare il modo di parlare e perdere buona parte dell'inflessione. “Ma mia madre mi ha insegnato che i pregiudizi non hanno alcun valore”.

All'accademia di Passos ha trovato la giusta accoglienza, con professionisti di valore, la futura fidanzata Beatriz Haddad Maia e diverse possibilità. Per qualche mese, ha potuto fare da sparring partner a Daniela Hantuchova. Al ritorno dagli States, voleva andare a Fortaleza a riposarsi, invece scoprì che lo avevano iscritto a sette tornei consecutivi tra Cile e Brasile. “Non ebbi il coraggio di dire no – racconta – cosa avrebbero pensato di me se non avessi accettato? Non ho avuto la forza e la personalità di ribellarmi”. È finita che in Cile ha trovato le peggiori condizioni mai incontrate su un campo da tennis, con campi sconnessi e senza righe, dovendo alloggiare con gli altri tennisti in una locanda sgangherata. “Ho perso nelle qualificazioni, un match in cui ero avanti 6-4 4-0. Al rientro a casa, ho detto a mio fratello che avrei smesso di giocare a tennis. Prima di mollare, sono andato in accademia per avvisare Larri. Mi disse che anche Guga aveva vissuto un momento simile. Era una cosa normale, quindi avrei dovuto prendermi un po' di tempo per rifletterci”. Qualche settimana dopo avrebbe vinto la Copa Santa Caterina, importante torneo giovanile della zona. “Quel successo mi ha dato un senso di pace. Da allora, non ho più avuto incertezze”.

Thiago Monteiro è nato a Fortaleza il 31 maggio 1994. È stato adottato da mamma Fatima
L'indimenticabile successo contro Tsonga a Rio 2016

Il ragazzo nero del Cearà è diventato uno dei più bravi junior a livello mondiale (è stato n.2 ITF) e ha intrapreso l'avventura nel professionismo, superando momenti difficili come la rottura di un ginocchio nel 2015 (“Accadde sul 9-8 del tie-break decisivo, non riuscivo a muovermi e fui portato direttamente in ospedale”). Nel 2016 si è fatto notare agli occhi del mondo, battendo Jo Wilfried Tsonga al Rio Open. Dopo quel successo, ricevette oltre 2.000 messaggi. Aveva varcato il Rubicone della popolarità. Da allora è uno dei tanti, con la differenza di avere una storia unica alle spalle. Per questo, si è fatto prendere dall'angoscia. Una volta raggiunti i grandi tornei, gli Slam e un certo agio, ha iniziato a giocare con paura. Temeva di perdere tutto quello che aveva faticosamente conquistato. “Credevo di essere forte mentalmente perché venivo da una situazione difficile, quindi pensavo di non dover lavorare su questo aspetto. Mi concentravo soprattutto su tecnica e fisico”. I suoi coach di allora, Duda Matos e Joao Zwetsch, erano pronti ad aiutarlo, ad ascoltare le sue difficoltà. “Invece non riuscivo ad aprirmi e questo ha ostacolato la mia evoluzione. Avevo tanta, troppa paura”.

E così si è trasferito in Argentina, laddove ha trovato un ottimo coach come Fabian Blengino e un team di livello, di cui fa parte anche lo psicologo Marcos Silva. Le cose sono migliorate. “Prima del lockdown, ero convinto che il 2020 sarebbe stata la mia migliore stagione”. Con pochi tornei sulle gambe, può comunque dire di avercela fatta: è a un passo dal suo best ranking (n.74, colto nel 2017) e ha appena ottenuto il suo miglior risultato in uno Slam, il terzo turno al Roland Garros. Ma gli obiettivi sono soprattutto fuori dal campo. “Ho sempre desiderato di ripagare la mia famiglia: adesso aiuto con le bollette, l'assicurazione e la scuola per i miei nipoti”. Ok, ma c'è di più: regalare una casa a mamma Fatima. Intanto le ha già comprato un terreno. "Quando l'ha visto, ha detto che era il posto della sua vita. Vorremmo fare uno sforzo in più e costruirle una casa. Per ora stiamo pagando le rate della proprietà, poi inizieremo con la casa. Sarebbe un grande risultato: aiutare mia mamma è la più grande gratificazione. Ultimamente ha avuto diabete, depressione e ha sofferto la perdita del padre”. Intanto le ha dato la soddisfazione di vederlo giocare dal vivo. È successo due anni fa, al Rio Open. “Anche se non capisce nulla di tennis, la guardavo con gli occhi quasi socchiusi ed ero felice. Quando lei sta bene, sto bene anche io”.