The Club: Bola Padel Roma
IL PERSONAGGIO

La nuova vita di Simone Bolelli

A un anno dall'ultima partita in singolare, Simone Bolelli punta tutto sul doppio. Non è convinto di riprendere dagli Stati Uniti, ma avrebbe trovato un compagno fisso: Maximo Gonzalez. “Potrei andare avanti fino a 40 anni”. Nella speranza di ottenere quei successi mai raggiunti in singolare.

Riccardo Bisti
23 giugno 2020

“Non abbiamo mai vinto un c...”
Era lo slogan, autoironico, con cui i tifosi della Fortitudo Bologna accompagnavano le vicissitudini della loro squadra. Come a dire: fede e fiducia superano anche anni di delusioni. Pur avendo altre passioni, da ragazzino Simone Bolelli simpatizzava Fortitudo. Se vogliamo, la sua vicenda non è così diversa da quella delle Effe: grandi obiettivi, grandi speranze, apprezzabile ostinazione, ma il raccolto non è stato all'altezza della semina. I giochi da quattro punti di Sasha Danilovic, mortiferi per la Fortitudo, per lui sono stati due gravi infortuni che ne hanno spezzato la carriera. Polso nel 2013, gomito nel 2016. Due anni perduti, bloccato a una stazione di periferia mentre il Freccia Bianca del tennis viaggiava sempre più rapido. Dodici mesi fa, fedele al suo carattere, il Bole ha annunciato quasi sussurrando il ritiro dal singolare. Ha giocato l'ultima partita esattamente un anno fa, nelle qualificazioni di Wimbledon. 6-4 6-2 contro Jiri Vesely, ma la decisione era ormai presa. Troppa fatica giocare singolare e doppio, troppo complicato recuperare dopo 2-3 partite consecutive. “Ormai mi costava troppo: era più sofferenza che piacere”.

Ma il tennis era troppo importante per lasciar perdere, e allora ecco la decisione di dedicarsi esclusivamente al doppio. D'altra parte ha vinto uno Slam (Australian Open 2015) ed è arrivato a giocarsi il Masters, sempre in coppia con Fabio Fognini. Lontano dai montepremi (ma anche dalle pressioni) dei singolaristi, oggi Bolelli sta pianificando l'ultima parte della sua carriera. La immagina lunga. “Potrei arrivare fino a 40 anni”. Il cronista del Resto del Carlino che l'ha intervistato è rimasto sorpreso, ma Simone ben conosce i precedenti di Nestor, Paes, Zimonjic, dei gemelli Bryan... rimasti sulla cresta dell'onda ben oltre gli anta. “Sto bene, mi alleno, cerco di restare in forma ed essere pronto per il resto della stagione” dice Bolelli, che qualche giorno fa si è concesso un weekend di relax tra Cinque Terre e Golfo dei Poeti, insieme all'amico Alessandro Giannessi e le rispettive compagne. Già che c'era, ha svolto qualche allenamento con il rampante Lorenzo Musetti. Aveva trascorso buona parte del lockdown a Monte Carlo, dove risiede da anni insieme alla moglie Ximena e al cagnolino Chiqui. “Grazie a lui abbiamo potuto mettere piede fuori di casa, a Monaco la gestione è stata perfetta”.

"Giocare in singolare mi costava troppo: era più sofferenza che piacere. Ma in doppio potrei andare avanti fino a 40 anni" Simone Bolelli

Simone Bolelli ha strappato un set a Roger Federer sulla Rod Laver Arena

Simone non fa i salti di gioia all'idea di ripartire dagli Stati Uniti, Paese leader dei contagi. “Non so cosa aspettarmi”. Con i tabelloni di doppio ridotti a 32 coppie, il suo ranking attuale (n.71) potrebbe non essere sufficiente per giocare lo Us Open. Da quando si dedica soltanto al doppio, Bolelli ha un grosso problema: non ha trovato un compagno fisso. Lo abbiamo visto con Molteni, Duran, Berrettini, Vega Hernandez, persino Benoit Paire (hanno raggiunto il terzo turno in Australia). Si è ben disimpegnato, ma sarebbe meglio trovare uno specialista con cui condividere un progetto. Lo avrebbe trovato nell'argentino Maximo “Machi” Gonzalez, 36 anni, n.42 del ranking di specialità. C'è da augurarsi che sia un progetto vincente, perché Simone lo merita.

A dispetto dei 5 milioni di dollari di premi ufficiali, non crediamo sia soddisfatto della sua carriera. Una finale ATP (Monaco di Baviera 2008), un best ranking (n.36) molto datato e tante aspettative non sempre rispettate. Quando Simone ha messo piede nel circuito, in tempi peggiori rispetto a oggi, non ci sembrava vero. Ragazzo pulito, educato, stilisticamente impeccabile e con una combinazione servizio-dritto che faceva sognare. Quindici anni prima, il suo concittadino Omar Camporese faceva sfracelli con un tennis simile, poi fu bloccato da un grave infortunio al gomito. A Bolelli è andata peggio: prima la querelle con la FIT per la mancata presenza a Italia-Lettonia di Coppa Davis, con successivo riavvicinamento (la storia gli è costata parecchio, con 14 sconfitte di fila tra il 2009 e il 2010), poi due infortuni, uno peggio dell'altro.

Simone Bolelli si è tolto le più belle soddisfazioni in coppia con Fabio Fognini
2018: Simone Bolelli gioca una gran partita contro Rafael Nadal sul centrale di Roland Garros
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    La miglior classifica ATP di Simone Bolelli, ottenuta nel 2009 quando era allenato da Claudio Pistolesi. In doppio è salito al numero 8.
Bolelli-Fognini premiati con il Collare d'Oro dal presidente del CONI Giovanni Malagò e dall'allora Premier Matteo Renzi

Nel 2013 si è fatto male al polso a Miami: perse tempo con inutili trattamenti conservativi, poi fu necessaria l'operazione. In mezzo, una girandola di coach, nel tentativo di trovare la chiave magica. Dopo Pistolesi, ha lavorato con Riccardo Piatti, Lorenzo Ercoli, Renzo Furlan, Eduardo Infantino, Umberto Rianna, Giancarlo Petrazzuolo, Giorgio Galimberti e ancora Infantino. Tra 2014 e 2015 era tornato su ottimi livelli. Non solo in doppio: nel marzo 2015 si è arrampicato al n.47, due mesi prima aveva scippato un set a Federer in Australia, sembrava pronto per il sospirato salto di qualità. Invece nel 2016 ha iniziato a fargli male il ginocchio. Tanto male, troppo male. Altra operazione per rimuovere una calcificazione ossea. Al rientro, non è più stata la stessa cosa. Per tre anni ha veleggiato intorno alla 150esima posizione. Tanti Challenger, l'incertezza tra singolare e doppio, sia pure con qualche traccia dell'antico splendore.

Come due anni fa a Parigi, quando ha superato le qualificazioni e si è concesso un match sontuoso contro Rafael Nadal, sul Campo Chatrier. Braccio sciolto, missili piatti, avrebbe meritato almeno un set. Guardando quel match, si ingigantiva la sensazione di rimpianto. Perché Bolelli è una buona persona, uno che avrebbe meritato di più. In un periodo positivo per il nostro tennis, c'è chi ha raccolto soddisfazioni che lui non ha saputo abbracciare. Soddisfazioni che, forse, spettavano più a lui. Un senso d'ingiustizia che ha trovato sublimazione lo scorso anno, quando ha giocato il doppio in alcuni Challenger. Lo si vedeva da solo, in tribuna, ad assistere ai match degli altri. Pensieroso. Scene malinconiche. Ma è giusto insistere, continuare a lottare. Alla fine, i tifosi della Fortitudo Bologna hanno potuto festeggiare due scudetti. E quello slogan un po' così è rimasto un ricordo.

Simone Bolelli e Fabio Fognini si sono aggiudicati l'Australian Open 2015