The Club: Bola Padel Roma
L'INTERVISTA

Il Capitano non tiene mai paura

Dalla nomina improvvisa al sogno Davis, passando per la gestione del ruolo, Filippo Volandri ragiona a 360 gradi con Tennis Magazine. E tocca ogni tema. “Per evitare alcune situazioni del passato, è fondamentale la comunicazione. A Malaga possono vincere in sette, noi compresi”

Riccardo Bisti (Foto Giampiero Sposito / FIT)
20 ottobre 2022

Il tempo dirà se Filippo Volandri sarà un bravo capitano di Coppa Davis. La sua nomina è ancora troppo recente, ma di certo possiede secchiate di buonsenso e personalità. Sarà importante trasferirle nel suo lavoro, ma intanto le mostra nelle interviste. Il linguaggio del corpo esprime sicurezza e nessuna ostilità per l'interlocutore, anche se poco conosciuto. Le risposte sono decise, ferme, le parole quasi scandite. Sa bene che la comunicazione è cruciale e fa bene il suo compito. Non svicola, dice la sua e lo fa con convinzione. Se fa così anche con i giocatori – e non c'è motivo per pensare il contrario – l'Italia ha trovato un condottiero importante. In fondo viene da Livorno. Città di mare, terra speciale. Terra di gente testarda, che a distanza di 31 anni lotta ancora per conoscere la verità sulla tragedia del Moby Prince. Filippo ha obiettivi diversi, certamente meno drammatici, ma li insegue con la medesima determinazione. “Della livornesità mi è rimasta la testardaggine” dice con un sorriso, dopo aver affrontato mille temi insieme a noi. Eccoli.

La tua nomina è arrivata un po' all'improvviso, ma immagino che le cose si muovessero già da un po'...
In realtà no. È stato tutto abbastanza repentino, anche un po' improvviso. Ma nel momento in cui ricevi una proposta del genere, è impossibile dire no. Credo che giocare in Coppa Davis sia il sogno di chiunque inizi a giocare. Allo stesso tempo, chi intraprende la strada di allenatore ha il sogno di diventare il Commissario Tecnico della Nazionale.

Quanto tempo prima della nomina hai ricevuto la proposta?
Poco. Decisamente poco.

Da giocatore, il tuo capitano è stato Corrado Barazzutti. C'è una sua qualità che ti piacerebbe ereditare?
Gli ho sempre riconosciuto la dedizione al lavoro. Era uno che si sporcava i calzini, e sulla quantità di impegno e di ore trascorse sul campo era ineccepibile. Però vorrei ribadire un concetto già espresso: non prendo niente da nessuno. Vivo questo ruolo per il tipo di capitano che voglio essere. Ogni tanto mi chiedono cosa prenderei da questo e da quest'altro... la verità è che sono soltanto Filippo Volandri.

Quando lo paragonavano a Bjorn Borg, Mats Wilander diceva: “Io non sono il secondo Borg, sono soltanto il primo Wilander”
Assolutamente. Ho le mie idee, le porto avanti, ci credo e dunque non mi paragono a nessuno.

Premessa: staff tecnico e giocatori subiscono le decisioni, quindi non hanno alcuna responsabilità. Ma non ti sei ancora espresso chiaramente sulla riforma Kosmos del 2018. 
Il format precedente era molto affascinante ma poco praticabile. Potevi finire dall'altra parte del mondo, e questo non favoriva la presenza costante dei giocatori. Esempio: avessimo dovuto giocare sull'erba australiana durante la stagione su terra, sarebbe stato molto complicato. Dunque, a mio avviso, c'era qualcosa da fare. E ci sarà ancora da fare. Non è detto che il format odierno sia l'ideale e duri per sempre, anzi. Ma lo prendiamo così com'è: un format da dentro o fuori, in cui non sono consentiti errori. Quando c'è la Davis devi essere al massimo della forma. Questo la rende ancora più imprevedibile: giochi a marzo in certe condizioni, a settembre in altre e con altri giocatori, poi ti ritrovi a fine novembre – magari – con giocatori nuovi. Prendi il Canada: l'anno scorso i big non si sono presentati e sono retrocessi. A marzo hanno perso, vengono ripescati e poi si presentano a settembre con Auger-Aliassime (che nemmeno avrebbe dovuto esserci), si qualificano... e magari a fine novembre trovi la squadra al completo. È il rischio del format attuale.

Quale sarebbe il tuo format ideale?
Non è facile trovarlo. Ogni tanto capita di parlarne, ma giungere a una conclusione è veramente complicato. Quest'anno mi è piaciuto il turno a gironi post-Us Open, perché accorcia la stagione. L'anno scorso, chi è arrivato in fondo non ha praticamente fatto la preparazione invernale. L'hanno saltata a piè pari, trascorrendo l'inizio del 2022 rincorrendo la forma migliore. Era deleterio. Quest'anno si è guadagnata una settimana e credo sia già meglio. Quando al format ideale... non lo so. Diciamo che non vorrei essere nei panni di chi deve decidere. Però consentitemi di dire una cosa: a Bologna l'abbiamo organizzata da paura, anche meglio di quello che potrebbe succedere a Malaga. Organizzazione impeccabile, complimenti a chi l'ha reso possibile.

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«Non è detto che il format odierno sia l'ideale e duri per sempre, anzi. Ma lo prendiamo così com'è: un format da dentro o fuori, non consente errori»
Filippo Volandri
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Filippo Volandri con un giovanissimo Lorenzo Musetti. Tra i due c'è un legame speciale, al punto che nell'intervista lo ha sempre chiamato "Muso"

Hai lasciato intendere che sarai un capitano di personalità. Cosa bisogna fare per evitare situazioni come quella di Bolelli nel 2008 o Seppi nel 2010?
Parte tutto da molto lontano, dalla relazione annuale che un capitano ha con i giocatori. Io ho un rapporto costante con loro, non soltanto quando si avvicina la Davis. Dialogo 365 giorni all'anno sia con i tennisti che – altrettanto importante – con i loro allenatori. Questo è già un cambiamento. C'è poi una posizione della federazione molto diversa rispetto a quegli anni: c'è comunicazione tra noi, allenatori, dirigenti, e questo cambia il sistema. Direi che la chiave è questa: una comunicazione efficace.

A proposito, come è nata l'esenzione di Matteo Berrettini dalla trasferta in Slovacchia?
Appunto da questo, dalla comunicazione. Ci siamo seduti tutti insieme, dirigenti compresi, e ne siamo venuti fuori con una risposta che stava bene a tutti. Nel momento in cui c'è unità d'intenti, il resto viene da sé.

Scelta condivisibile e apprezzabile. Ma durante il weekend di Bratislava, quando si è messa male e Musetti era sotto nell'ultimo singolare, in panchina hai pensato un “porca miseria...”?
(ride, ndr) No no, avremmo fatto la stessa cosa a prescindere dall'esito di quella partita. La salute dei giocatori viene prima di tutto. In base alla loro programmazione conta anche – e soprattutto – il loro benessere.

Parliamo dei giovani. Escludendo Sinner e Musetti, tra quelli nati tra il 2001 e il 2003 chi è il più avanti e magari potrebbe tornare utile in caso di emergenza?
Hanno tempi di crescita diversi e hanno fatto tutti passi da gigante nel 2022. Ma voglio essere chiaro: nessuno di loro è pronto per giocare in Coppa Davis, quindi – trovandomi in questa situazione - magari farei scelte diverse. Quello che ho fatto con Muso a Torino l'anno scorso (convocato come quinto uomo, ndr) era finalizzato a fargli fare esperienza. In quell'occasione non l'avrei mai fatto giocare. Tengo a loro più che a un trofeo: l'obiettivo era regalargli un'esperienza, fargli respirare il significato della Davis e di giocare in Nazionale. Se l'ho inserito sul 2-2 a Bratislava è perché avevo gli elementi per schierarlo. A prescindere dal risultato, avrebbe fatto la prestazione. Ne ero assolutamente convinto.

L'Italia giocherà il suo quarto di finale contro gli Stati Uniti a Malaga, il 24 novembre alle 10 del mattino (Foto di Felice Calabrò)

Battendo Mektic-Pavic a Bologna, Fabio Fognini e Simone Bolelli hanno dato un segnale importante a capitan Volandri

24 novembre 2022, Malaga: affrontiamo gli Stati Uniti. Cosa temi di più? Un doppio molto forte come Ram-Sock, i singolaristi Fritz e Tiafoe, l'entusiasmo del papabile Nakashima (molto spinto dalla stampa americana)? E ancora: visto che hai citato la grande atmosfera di Bologna, temi il fatto che saremo gli unici a giocare alle 10 del mattino?
Questo no perché i giocatori sono abituati a giocare presto, poi hai tutto il tempo per preparare una partita del genere.

E l'atmosfera? Dopo il bagno di folla di Bologna, è possibile che si giochi con 300 spettatori...
I ragazzi lo sanno, ci sono già passati. Quando hanno giocato a Madrid nel 2019 non c'era nessuno. Se un tennista indossa la maglia azzurra, non credo faccia differenza avere 8.000 persone... o nessuno. Ovviamente, un tennista di una certa esperienza sa giocare con il pubblico e le relative pressioni. Si è visto nella prima esperienza di Jannik, lui ha imparato a giocare con il pubblico. Questa parte non mi spaventa.

Gli americani?
Squadra tosta. Si parla tanto di chi può vincere la Coppa Davis, ma penso che sette squadre siano in grado di farcela, e noi siamo tra quelle sette. Dipenderà molto dalla forma dei giocatori a fine novembre.

A Malaga sarete in otto, quindi secondo te chi non può vincere?
Penso che l'Olanda non possa vincere la Coppa Davis. Detto questo, le altre possono farcela. Noi siamo forti ma giochiamo contro una squadra che ha un top-10, ha Tiafoe, un doppio fortissimo... tutte le partite vanno prese con le molle.

Tema doppio: quest'anno hai dato una risposta importante, puntando su Bolelli-Fognini. Non è lecito chiederti le tue intenzioni per Malaga, ma stai seguendo Sonego-Vavassori, anche in chiave futura?
Tutto può essere interessante, ma Fabio e Simone sono una certezza. Andrea e Sonny sono interessanti, ma abbiamo anche altre opzioni: Musetti gioca un doppio spettacolare, ma deve trovare la sua collocazione perché non lo gioca spesso. Credo che Jannik crescerà tantissimo e potrà giocarlo decisamente bene. Lo gioca bene anche Matteo e si è visto in Laver Cup. Ci sono tante opzioni, ma a oggi la coppia è Bolelli-Fognini. Questo, inoltre, permette ai singolaristi di scendere in campo un po' più leggeri e sereni. Nei miei primi match da capitano, non li avevo mai avuti a disposizione in contemporanea. A Torino Simone aveva un'infrazione a una costola, mentre a Bratislava Fabio aveva un problema a un polpaccio. Per questo, abbiamo dovuto inventare una coppia. Al contrario, non lo abbiamo dovuto fare a Bologna. Vorrei aggiungere che ho la fortuna di avere tre singolaristi molto importanti... e questo non è poco.

Ecco, i singolaristi: visto l'attuale momento, Musetti può competere per un posto in singolare a Malaga? Pur tenendo conto di dogmi e gerarchie...
Nessun dogma e nessuna gerarchia. Da noi, chi è più in forma va in campo. Muso lo ha dimostrato a Bratislava, facendosi trovare pronto. E si è ripetuto a Bologna. I giocatori hanno un ruolo ben preciso: farsi trovare pronti quando la squadra lo necessita. E tutti lo hanno fatto alla perfezione.

Si può dire che Filippo Volandri non si fa condizionare dal nome?
(sorride, ndr) Se mi fossi fatto condizionare non avrei schierato Musetti sul 2-2 a Bratislava, quando l'alternativa era un Sonego che in quel momento era numero 20.

«Nessun dogma e nessuna gerarchia. Da noi, chi è più in forma va in campo. I giocatori hanno un ruolo ben preciso: farsi trovare pronti quando la squadra lo necessita» 
Filippo Volandri

C'è una squadra che temi più delle altre?
Sono tutte forti, ma dipende chi gioca. Prendi il Canada: Auger-Aliassime, Shapovalov e Pospisil per il doppio. La Spagna è sempre la Spagna e gioca in casa, a proposito di pubblico. Gli Stati Uniti. Se riprende Zverev diventa fortissima anche la Germania perché hanno un ottimo doppio. A Bologna avevamo una mentalità precisa: vincere tutte le partite, senza fare calcoli. Volevamo dare un segnale, far capire che l'Italie scende in campo e vuole vincere tutte le partite. A prescindere.

Anche per questo – a mio avviso - era meglio prima. C'era più spazio per le squadre di valore... e adesso l'Italia è una squadra di valore.
Certo, è vero. Potevi giocare su tre giorni... mi ripeto: adesso ci sono meno margini d'errore.

La federazione sta dando un sostegno economico a chi gioca in Davis? Sembra che il montepremi Kosmos sia un po' in ghiaccio. Le prime edizioni non sono andate bene, e non hanno ancora comunicato il montepremi del 2022.
Chiedi alla persona sbagliata. Non mi occupo di questa parte, e sinceramente non me ne voglio occupare. C'è chi lo fa e non conosco le cifre. So più o meno le percentuali, ma non le cifre. Non è roba mia: faccio il direttore tecnico e il capitano di Davis e certe cose non le voglio sapere, proprio per evitare di darne un'opinione. Di certo il prize money dipende da tante cose: c'è stato il Covid, poi l'assenza di pubblico, inoltre le Finals si dovevano giocare ad Abu Dhabi, poi hanno ripiegato su Malaga...

Livorno è una città sottovalutata, ma che produce qualità e valori importanti. Siete persone molto particolari. Cosa ti è rimasto della livornesità nella tua carriera da giocatore, e adesso da capitano?
Siamo di scoglio, non molliamo mai. Siamo duri, duri, duri come gli scogli stessi. Siamo testardi, quello è poco ma sicuro. Sono cresciuto in Viale Mameli, poi mi sono trasferito sul lungomare, laddove vive ancora la mia famiglia. Sono molto legato a Livorno, anche perché lavoro a Tirrenia che è davvero a due passi. Devo però dire che a 17 anni sono andato via di casa, ho vissuto un anno a Roma, poi diciassette a Firenze, adesso vivo con la mia famiglia a Roma, però Livorno fa parte della mia crescita. Dovessi dire una caratteristica... la testardaggine.