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ROMA, IL PERSONAGGIO

"Scusa, puoi parlare più forte?"

Un importante deficit all'udito non è mai stato un grosso problema per Yannick Hanfmann, ma la sua carriera non è mai decollata. Un po' perché si è laureato negli USA, un po' per gli infortuni. È cambiato tutto da quando si fa allenare da Juan Pablo Brzezicki... a cui aveva fatto da raccattapalle. A Roma sta giocando il torneo della vita. 

Riccardo Bisti
18 maggio 2023

Potranno urlare di tutto, ma per lui non sarà un problema. Ci sarà molta gente a seguire il match di Yannick Hanfmann contro Daniil Medvedev, forse il più importante della sua carriera. Ok, ha già giocato un paio di finali ATP e sfidato due volte Nadal in uno Slam, ma il quarto di finale al Foro Italico ha un sapore speciale: per la prima volta, gioca un match così importante con la speranza di poterlo vincere. Ha conquistato i quarti a Roma vincendo sei partite, infilando la seconda e la terza vittoria in carriera contro un top-10. Fino a qualche giorno fa aveva battuto solo Monfils, mentre il Foro gli ha consegnato gli scalpi di Taylor Fritz e Andrey Rublev. Si dice che non ci sia due senza tre: Hanfi cercherà il tris contro il russo, anche lui per la prima volta nei quarti al Foro. L'urlo del pubblico, dicevamo. Potranno anche fare un chiasso infernale, ma il ragazzone di Karlsruhe non se ne accorgerà: Hanfmann ha un problema di udito sin dalla nascita. Si chiama ipoacusia ed è originato dall'eccessivo sviluppo di un osso a entrambe le orecchie, ereditato dal padre. Lo ha costretto, per anni, a indossare un apparecchio acustico. Oggi ne fa a meno, ma è ancora soggetto a qualche malinteso. A volte è convinto di aver vinto un punto, poi scopre che il punteggio è diverso perchè la sua palla era stata chiamata fuori. “Infatti chiedo spesso agli arbitri di parlare un po' più forte”.

Per il resto, gli capita che qualcuno lo chiami e lui non risponda. “Magari pensano che ce l'ho con loro...”. Piccoli inconvenienti per una situazione che può persino essere un vantaggio, perché facilita la concentrazione. E Yannick è uno a cui piace pensare. Figlio di un medico e di un'insegnante, non è certo cresciuto negli stenti. Proviene da Kuppurr, sobborgo nella zona meridionale di Karlruhe, sud-ovest tedesco, a due passi col confine con la Francia. Si trova a un'ottantina di chilometri da Strasburgo, laddove un paio di volte al mese si tiene l'adunanza plenaria del Parlamento Europeo. L'aria della diplomazia deve essere arrivata fino a casa Hanfmann: dopo il diploma non si sentiva pronto per fare il professionista (“Semplicemente non mi sentivo all'altezza”) e allora – dopo aver rifiutato la proposta della Baylor University, la stessa in cui si era formato Benjamin Becker – si è trasferito a Los Angeles, presso la University of Southern California (USC) laddove si è laureato in Relazioni Internazionali. Gli interessa la politica, la diplomazia, ama informarsi. A suo tempo ha criticato la politica sugli immigrati di Donald Trump, e ha giurato a se stesso che un giorno gli piacerebbe aiutare la Cheetah Outreach, organizzazione che si occupa della protezione degli animali in via d'estinzione che ha sede a Città del Capo, in Sudafrica.

Lo sapevi che...

Nonostante fosse stato contattato da diverse università, Yannick Hanfmann ha scelto la USC perché gli era stata consigliata da una sua amica, la golfista Sophia Popov. Fidandosi di lei, ha fatto il possibile per essere reclutato. Gli hanno concesso un colloquio di mezz'ora: ne è uscito con in mano una borsa di studio che gli avrebbe coperto il 90% delle spese. Yannick non è l'unico personaggio famoso in famiglia: la sorella Ini è coreografa e ballerina nella nostra trasmissione, "Deutschland sucht den Superstar" in onda su RTL.

Yannick Hanfmann ai tempi dell'esperienza con gli USC Trojans

Un bel tipo, questo Hanfmann, che lunedì prossimo si sveglierà con una bella sorpresa: a 31 anni e mezzo coglierà il best ranking. Dovesse perdere oggi si attesterà intorno al numero 65 ATP, ben oltre la 92esima posizione raggiunta un paio d'anni fa e che non rendeva giustizia al suo tennis. Gran servizio, bel rovescio, dritto “rischioso ma potente”, fa parte della lunga lista di giocatori i cui risultati non sono del tutto coerenti con la loro qualità. Nel suo caso ci sono stati un paio di fattori: in primis l'Università, che gli ha permesso di diventare professionista soltanto a 24 anni. Non a caso ha giocato meno di 400 partite in carriera. Pochissime, per chi è nato il 13 novembre 1991. Da qualche anno sostiene di voler entrare tra i top-60, è convinto di poter esprimere un gioco che valga i primi trenta... e una volta ottenne l'investitura di Alexander Zverev: dopo averlo battuto in un complicato match a Monaco di Baviera, disse che aveva giocato da top-20. L'altra ragione che lo ha bloccato sono gli infortuni: ha avuto problemi al gomito, mentre lo scorso anno – dopo un buon inizio di stagione – ha contratto un virus in Marocco che lo ha debilitato per tre mesi. Ha avuto anche l'angina pectoris, non esattamente l'ideale per uno sportivo professionista. Ma adesso sta finalmente bene ha trovato il set-up ideale per la sua carriera.

Al rientro dagli Stati Uniti si era appoggiato alla TennisBase di Oberhaching, nei pressi di Monaco di Baviera, e si faceva allenare da Lars Uebel. È cambiato tutto nel gennaio 2022, quando si è ritrovato con l'argentino Juan Pablo Brzezicki, detto El Polaco, ex discreto tennista negli anni 2000 (è stato numero 94 ATP). Come tanti sudamericani, arrotondava giocando le gare a squadre in Europa. In Germania fu tesserato per il Tennisclub Ruppurr, quello in cui giocava Hanfmann. Nelle lunghe giornate di Bundesliga, Brzezicki giocava e Hanfmann faceva il raccattapalle. Oggi i ruoli sono cambiati: hanno iniziato a lavorare insieme e la partnership va a gonfie vele, al punto che Hanfmann ha inserito parecchi tornei sudamericani nella sua programmazione e – udite udite – ha svolto la preparazione invernale in Argentina. Dopo aver perso contro Marco Cecchinato nella finale del Challenger di Rio de Janeiro, si è spostato a Buenos Aires, laddove ha lavorato come non mai prima di festeggiare il Natale a Karlsruhe e spostarsi in Australia. “Dopo anni di preparazioni in Germania volevo fare qualcosa di diverso, poi lì è estate, quindi mi sono allenato in un clima simile a quello che avrei trovato in Australia – raccontava a dicembre – sapete una cosa? Mi sento pronto a giocare la migliore stagione della mia carriera”.

L'esperienza negli Stati Uniti gli ha insegnato a giocare sotto pressione: come a Kitzbuhel, quando ha fatto un capolavoro contro Dominic Thiem nonostante il gran tifo per l'austriaco

Profondamente antirazzista, qui Yannick Hanfmann indossa una t-shirt con l'immagine di Arthur Ashe, simbolo di tante battaglie umanitarie

Detto, fatto: intanto si è qualificato per l'Australian Open, poi ha raggiunto i quarti a Santiago del Cile, le semifinali a Houston e – appena prima di Roma – il terzo turno a Madrid, sempre partendo dalle qualificazioni. Quest'anno le ha già passate in sei occasioni, come nessun altro. "Giocarle così spesso può essere negativo perché arrivi un po' stanco, ma in altre occasioni magari vinci un paio di match facili e così sei più abituato del tuo avversario alle condizioni di gioco” dice Hanfmann, che a Madrid aveva battuto Lorenzo Musetti e a Roma si è preso la rivincita su Marco Cecchinato prima di superare uno specialista come Rublev. Chi lo conosce bene dice che è uno dei ragazzi più simpatici e tranquilli del circuito. “Va d'accordo con tutti” dice Alexander Zverev, mentre Peter Smith (suo allenatore ai tempi del College) lo ha definito guerriero tranquillo. Yannick non ha bisogno di sbraitare o mostrare i muscoli al suo avversario, ma quando c'è da combattere non si tira indietro. Si è forgiato nella dura realtà americana: oltre a garantire un ottimo livello di gioco, il campionato universitario abitua a giocare sotto pressione e lui ha contribuito a due titoli NCAA per i Trojans, che all'epoca avevano uno squadrone. Oltre a lui c'erano due futuri top-100 come Steve Johnson ed Emilio Gomez. C'è anche un po' d'Italia nel suo team: da qualche tempo è rappresentato dalla Topseed di Corrado Tschabuschnig, che sta vivendo un'altra settimana da sogno dopo quella di Madrid, in cui era al fianco dell'altro suo cliente Jan-Lennard Struff.

Ma adesso è tempo di sognare per Hanfmann, il laureato di Germania che ha trovato la giusta convinzione a 30 anni suonati. “Un tempo mi sarei domandato come avrei fatto a giocare contro certi avversari, mentre adesso sono abbastanza esperto e mi sento pericoloso per tutti”. Dietro a tutto questo c'è Brzezicki. “Yannick ha passato una vita tra il numero 90 e il numero 150. Bisognava lavorare sull'aspetto mentale. Lu non si fa seguire da un mental coach, abbiamo preso in carico tutto io e mia moglie Erica. Abbiamo aggiunto al team un fisioterapista, un preparatore fisico e un altro tecnico che ci aiuta. Adoro questo staff, gli abbiamo dato sempre più sicurezza e lui è stato molto disponibile all'apprendimento, assorbendo come una spugna”. E nella sua piccola comunità gioiscono: quest'anno Karlsuhe ospiterà un torneo Challenger proprio nel club in cui è cresciuto, dal 2 al 9 luglio. Il direttore del torneo Markus Schur lo avrebbe voluto al suo fianco, ma almeno per quest'anno non sarà possibile: in quella settimana si giocherà Wimbledon, la cui entry list uscirà la prossima settimana. Con numeri tutti nuovi, Hanfmann sarà ammesso in carrozza al main draw. Ma adesso c'è un sogno romano da inseguire. Nemmeno così improbabile.