Djokovic, destino al fotofinish. Ma per lui si fa dura

CASO DJOKOVIC

14 gennaio 2022

Riccardo Bisti

Immediato ricorso degli avvocati contro il decreto di espulsione. Puntano sul fatto che le motivazioni siano diverse rispetto al primo ritiro del visto, e che si tratti di una decisione "irrazionale", basata sull'assunto che la sua permanenza in Australia alimenterebbe la propaganda no-vax.

La presenza di Novak Djokovic all'Australian Open rimarrà in bilico fino all'ultimo. Dopo la seconda revoca del visto, stabilita da Alex Hawke nel tardo pomeriggio australiano di venerdì, gli avvocati del serbo si sono attivati e hanno ottenuto un'udienza a tempo di record, presso lo stesso giudice Anthony Kelly che qualche giorno fa gli aveva dato ragione. Al termine di un'udienza piuttosto aspra, in cui le parti hanno battibeccato un po' sul luogo in cui Djokovic dovrà restare in attesa della decisione (si spera...) definitiva, è stato deciso che la questione passerà alla Corte Federale, nella fattispecie al giudice Davi O'Callaghan.

Ci sarà un'udienza alle 10.15 di sabato mattina (la nostra mezzanotte e un quarto), in attesa di un pronunciamento previsto nella giornata di domenica. Tuttavia, questa storia ha avuto fin troppi colpi di scena per ipotizzare qualsiasi scenario. Gli avvocati di Djokovic contestano le motivazioni di Hawke: secondo loro si tratta di una scelta irrazionale, su basi diverse rispetto al decreto di espulsione di una settimana fa, e condizionata dal sentimento popolare secondo cui la presenza di Djokovic in Australia alimenterebbe tensioni tra pro-vax e no-vax. L'udienza presso il Tribunale Federale è terminata alle 23 passate di venerdì, con la conferma che il serbo avrà un permesso di soggiorno temporaneo in attesa del pronunciamento.

Un articolo del The Age prova a illustrare la situazione attuale e delineare i possibili scenari

Tra l'altro, Djokovic è stato convocato alle 8 di sabato mattina dagli ufficiali dell'immigrazione per un interrogatorio. Teoricamente potrebbe lasciare il Paese subito dopo, ma c'è da credere che rimarrà fino alla sentenza. Secondo alcuni esperti di diritto non ha troppe speranze. Jack Anderson, docente di diritto sportivo presso l'Università di Melbourne, sostiene che al governo basterà dimostrare di aver agito in modo ragionevole e razionale, mentre gli avvocati avranno il compito di sostenere e dimostrare che la decisione del ministro non è ragionevole, al punto da obbligare alla restituzione del visto. “Dando un'occhiata alla giurisprudenza sui casi di migrazione in Australia, ci si aspetterebbe una vittoria del governo – ha detto – anche se non si è mai verificata una situazione come questa”.

C'è un altro aspetto: in caso di sconfitta, Djokovic rischia di essere bandito dal Paese per altri tre anni. Significherebbe un addio al torneo fino al 2025. Insomma, potrebbe anche non mettere più piede a Melbourne Park, almeno nelle vesti di giocatore. Tuttavia ci sarebbe una scappatoia, che consentirebbe la concessione di un visto per ragioni di interesse nazionale compassionevole. Nelle ore successive al decreto, ha rilasciato una dichiarazione anche il Primo Ministro Scott Morrison, le cui posizioni anti-Djokovic sono piuttosto chiare (anche se in contrasto con quanto lo stesso aveva detto lo scorso ottobre....): a suo dire, gli australiani hanno compiuto tanti sacrifici durante la pandemia. “E si aspettano che il risultato di questi sacrifici venga protetto. Ed è quello che ha fatto il Ministro prendendo questa decisione”.

L'udienza urgente che si è svolta nella serata australiana di venerdì

Alla base dei ragionamenti degli avvocati, guidati da Nicholas Wood, c'è la convinzione che Djokovic non abbia mai fomentato le posizioni no-vax, il che renderebbe irrazionale le decisioni del governo. In una famosa intervista con il New York Times, poi, aveva detto di credere all'efficacia di molti vaccini, lasciando intendere che il suo scetticismo fosse rivolto solo a quelli per il COVID. Tuttavia, è innegabile che le sue scelte abbiano condizionato gli anti-vax australiani, che hanno lanciato l'hashtag #IstandWithDjokovic su Twitter. E questo, paradossalmente, potrebbe giocare a suo sfavore. Wood ha anche espresso preoccupazione per la sicurezza del suo assistito in caso di probabile circo mediatico in caso di ulteriore arresto e detenzione dopo il colloquio di sabato mattina. Il luogo in cui Nole stazionerà prima di conoscere il suo destino rimarrà segreto, proprio per evitare il clamore tanto temuto dai suoi legali.

Non c'è dubbio che la sua presenza in Australia, unita alla confusione vissuta negli ultimi giorni, abbia esasperato gli animi della popolazione locale. Secondo un sondaggio condotto da NewsCorp su un campione di 60.000 persone, è risultato che l'83% desiderava l'espulsione del tennista. E chissà che non sia stato il sentore del volere popolare ad avere indirizzato le azioni del governo. Nel frattempo, gli organizzatori del torneo non gli hanno dato una mano: i match della parte alta del tabellone, infatti, sono stati programmati per lunedì. Significa che Djokovic avrebbe pochissimo tempo per allenarsi e riordinare le idee in caso di successo in tribunale. L'ordine di gioco non è stato ancora diffuso, ma è chiaro che l'eventuale assenza del serbo costringerebbe ad aggiustamenti dell'ultim'ora.

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