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IL PERSONAGGIO

Dalla Giordania a Nadal: la fiaba di Abedellah Shelbayh

Nel Risiko del tennis mondiale si inserisce anche la Giordania: merito di Abedallah Shelbayh, 19 anni, già top-300 ATP. Destrorso naturale, gioca con la sinistra per imitare il suo idolo Rafa Nadal, che qualche anno fa lo ha accolto nella sua accademia. Una partnership resa possibile dalla Principessa di Giordania...

Riccardo Bisti
21 febbraio 2023

Soltanto l'atletica leggera può ritenersi più internazionale del tennis. Non essendoci necessità di particolari attrezzature, ha saputo attirare campioni anche da zone del mondo (vedi l'Africa nera) laddove uno sport costoso fatica ad arrivare. Ma la globalizzazione sta portando alla ribalta Paesi laddove sembrava impensabile produrre tennisti di livello. Alzi la mano chi avrebbe pensato di narrare i progressi di un giocatore proveniente dalla Giordania, dieci milioni di abitanti nell'Asia occidentale, incastonato tra Israele, Arabia Saudita, Iraq e Siria. Zone spesso interessate da guerre e tensioni, anche se la Giordania – per la verità – fa il possibile per restarne fuori. Abedallah Shelbayh viene proprio da lì, dalla capitale Amman, e in questi giorni è diventato un personaggio. Con la finale raggiunta a Manama è diventato il primo tennista giordano a spingersi così avanti in un torneo Challenger. Ha scalato oltre 120 posizioni e ha appena festeggiato il best ranking al numero 276. Come se non bastasse, ha ottenuto una wild card per il torneo ATP di Doha, esordio assoluto nel circuito maggiore. Ha fatto una buonissima figura contro Sonwoo Kwon, perdendo soltanto 6-4 al terzo set.

Il fenomeno Shelbayh è reso possibile da due fattori: il principale si chiama Rafael Nadal, idolo d'infanza, primo giocatore che abbia mai visto giocare. La leggenda narra che si sia incuriosito mentre papà Khaled seguiva uno dei tanti successi dello spagnolo al Roland Garros. È rapidamente diventato il suo idolo, anche perché quando tivata le prime pallate verso il muro tendeva a colpire con la sinistra, lui che è destrorso naturale. Ma vedere Rafa esprimere rotazioni furibonde con la mano sinistra lo aveva affascinato. Giocava con entrambe le mani: quando era sulla buona strada per diventare ambidestro, il padre gli chiese di sceglierne una: lui ha optato per la sinistra, come il suo idolo. Il secondo fattore è la sua provenienza: nascere in Giordania, tutto sommato, può anche essere un vantaggio. Specie se la Principessa Lara Faisal è appassionata di sport e ha addirittura creato una fondazione per sostenere i giovani talenti. Si chama Rise for Good Sports Fund ed è stata fondamentale per permettegli di intraprendere un percorso precluso a tanti: trasferirsi a Manacor, presso la Rafa Nadal Academy.

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«Il primo allenamento con Nadal? all'inizio ero molto nervoso. Dopo 2-3 palle, tuttavia, mi sono detto di non sbagliare nulla perché non avrei voluto rovinargli l'allenamento» 
Abedallah Shelbayh

Si è parlato anche di Shelbayh nel documentario Amazon sull'accademia di Rafa Nadal

È lì che ha vissuto per quattro anni, è lì che si è diplomato. Ed è lì che ha giocato i suoi primi eventi professionistici, oltre ad aver colto i suoi primi risultati di rilievo. Lo scorso settembre, mentre gli occhi del mondo erano puntati sullo Us Open, lui giungeva in semifinale al Challenger di casa Nadal, peraltro dopo aver superato un signor giocatore come Dominic Stricker. Anche quest'anno ha iniziato la stagione in accademia, laddove si sono giocati tre tornei ITF consecutivi: una finale, una semifinale e un quarto gli hanno permesso di entrare tra i top-400 ATP prim del botto a Manama, laddove ha battuto anche il n.1 del tabellone Jason Kubler. Questi risultati arrivano dopo la decisione – maturata la scorsa estate – di abbandonare gli studi e diventare professionista. Già, perchè gli ottimi risultati scolastici gli avevano permesso di ottenere una borsa di studio presso l'Università della Florida. Ha vissuto lì per un anno e ha ottenuto buoni risultati, chiudendo la stagione da matricola con 11 vittorie e 5 sconfitte in singolare (10-9 in doppio).

In squadra con lui c'era anche Ben Shelton, con il quale è diventato grande amico. “Stavamo per andare a vivere insieme” dice Shelbayh, che poi ha appreso della sua scelta di diventare professionista dopo i successi nell'estate 2022. Non ci ha pensato troppo e ha scelto di imitarlo: la notizia è stata ufficializzata dai Gators lo scorso 1 dicembre, ma aveva deciso già da qualche mese. In fondo non ha mai nascosto i suoi obiettivi: vuole entrare in pianta stabile tra i top-100 ATP e magari infilarsi tra i primi 20. “Non è stato facile lasciare la mia famiglia a 14 anni, ma i miei genitori sapevano che ero un ragazzo responsabile. E poi ero già abituato a viaggiare da solo – racconta Shelbayh – quando sono arrivato per la prima volta in accademia, nelle vesti di studente annuale, ho pensato che avessi fatto davvero molta strada. Lì c'è tutto quello di cui ha bisogno un aspirante professionista, compresa la presenza costante di Toni Nadal sul campo”.

Se dovesse vincere il torneo e Medvedev mancare la finale, Jannik Sinner risalirebbe al numero 11 ATP

Con la finale a Manama, Shelbayh è entrato tra i top-300 ATP

In Spagna si è creato un giocatore completo, a suo agio in ogni zona del campo, che può certamente svilupparsi una buona carriera. L'età è dalla sua: è classe 2003 come Rune e Alcaraz, e compirà 20 anni il prossimo 16 novembre. Significa che potrà competere per le Next Gen Finals fino all'anno prossimo. “Fare qualcosa di storico per il proprio Paese è un grande risultato – racconta – vengo da una piccola nazione, in cui il tennis non è importante. Per me significa molto essere nella storia. Spero di poter ispirare tanti giordani a intraprendere un percorso simile”. Intanto ha piantato la sua bandiera nel Risiko del tennis mondiale, e questo è già un record. E poi ha davanti a sé il miglior esempio possibile, quel Rafael Nadal che è un'icona dello sport mondiale. “Non ho mai visto nessuno trascorrere così tante ore sul campo” ha detto proprio in questi giorni Bjorn Borg.

Di queste migliaia di ore, ne ha trascorse alcune con Shelbayh. “La prima risale a quando avevo 16 anni – racconta – mi hanno chiamato su un campo secondario, chiedendomi se volessi allenarmi con Rafa. Ho detto subito di sì, ma all'inizio ero molto nervoso. Dopo 2-3 palle, tuttavia, mi sono detto di non sbagliare nulla perché non avrei voluto rovinargli l'allenamento. Poi Moyà mi ha dato alcuni consigli e col tempo sono diventati miei sostenitori. Da allora è capitato di allenarci insieme diverse volte”. Con questo spirito, Shelbayh proverà a scrivere una storia ancora più importante per il suo Paese. Dopo aver ottenuto l'attenzione della Principessa, chissà che non riesca ad arrivare a quella del Re Abd Allah II. Lo sport può fare anche questo.