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LA STORIA

Dall'orfanotrofio a Wimbledon

La madre di Angella Okutoyi è morta subito dopo il parto. La keniana è finita in un orfanotrofio, ma lei e la gemella sono state prese dalla nonna appena prima di finire in adozione. Cresciuta in povertà, ha vinto il doppio a Wimbledon junior. “Ma è solo l'inizio. E grazie a me arriveranno altri keniani”

Riccardo Bisti
12 luglio 2022

Rino Tommasi diceva che il tennis, dopo l'atletica leggera, è lo sport più internazionale. Si può discutere sulla diffusione del calcio, ma il significato rimane. Però il nostro sport patiscel'assenza di giocatori dall'Africa subsahariana. Alcuni Paesi africani hanno prodotto buoni tennisti: Marocco, Tunisia ed Egitto da una parte, Sudafrica e Zimbabwe dall'altra. In mezzo, laddove povertà, corruzione e guerre civili rappresentano la quotidianità, racchette e palline trovano spesso terra bruciata. Sono pochissimi i giocatori che hanno avuto un qualche successo internazionale: il senegalese Yahiya Doumbia (vincitore di due titoli ATP), il nigeriano Nduka Odizor (ha colto gli ottavi a Wimbledon nel 1983) e il keniano Paul Wekesa, numero 100 ATP nel 1995 e vincitore di tre titoli in doppio. Ma non era un africano come gli altri: figlio di un ministro, potè sfuggire alla drammatica carenza di strutture del suo Paese si è formato negli Stati Uniti, rappresentando addirittura un'università privatà, la Chapman University di Orange, California. La provenienza è una delle due cose in comune con Angella Okutoyi, la protagonista di questa storia. L'altra è Wimbledon: Wekesa ebbe l'opportunità di giocarlo nel 1995, perdendo contro Tim Henman. La Okutoyi ha scritto una piccola pagina di storia: mentre Ons Jabeur era la prima africana a giocarsi il singolare femminile, lei è diventata la prima keniana a vincere il titolo.

Ok, il doppio junior non ha lo stesso peso specifico, ma la suggestione rimane. D'altra parte, Angella non aveva mai giocato sui prati prima del suo esordio in singolare. Pochi giorni dopo, si è aggiudicata il doppio insieme all'olandese Rose Marie Nijkamp. “Adesso sono in grado di ispirare la maggior parte dei giocatori keniani e africani – ha detto – possono credere potercela fare, non importa da dove arrivi. L'importante è avere un sogno ed essere convinti di poterlo realizzare”. Storia strappalacrime, la sua: è stata cresciuta dalla nonna dopo che la madre morì poco dopo il parto. Lei e la gemella Rose finirono in un orfanotrofio che stava per darle in adozione, quando la nonna Mary Ndong'a (oggi 56enne) si è precipitata per adottarle in prima persona. “Stavamo per essere affidate a diverse famiglie, e probabilmente non avremmo mai giocato a tennis – dice Angella – invece adesso sarà al settimo cielo e sono orgogliosa di averle donato un sorriso”. La Okutoyi possiede una portentosa fiducia in se stessa. Non vuole essere una ragazza da copertina, l'emblema del lavoro dell'ITF nell'Africa nera. Vuole diventare una tennista vera e vincere il più possibile.

«Un pensiero negativo non potrà mai portare a una vita positiva. È quello che dico quando provo a ispirare i bambini» 
Angella Okutoyi
ASICS ROMA

Il successo di Angella ha avuto grande risonanza in tutti i notiziari keniani

“La mia spinta è la nonna – dice – sono felice di avere una persona a cui ispirarmi, lei è tutto per me. E so che posso farcela”. La sua missione è più ostica rispetto a quella di Ons Jabeur. Per quanto la Tunisia sia un Paese complicato, ha trovato il modo di sviluppare il suo talento e poi di allenarsi in Europa. Diversa la questione per chi arriva dal Kenya, laddove non c'è alcuna tradizione e la cultura sportiva si limita all'atletica leggera. Ma Angella è diversa: niente mezzofondo per lei, bensì una racchetta sin quando aveva quattro anni. Ha tirato i primi colpi presso la Loreto Convent Valley Road, scuola cattolica nei pressi dell'ambasciata israeliana a Nairobi. La nonna ci lavorava come addetta alle pulizie e viveva in un piccolo appartamento all'interno della struttura. Ci sono anche campi e istruttori di tennis, Joe Karanja e Allan Atola. Quest'ultimo, in particolare, ha trasmesso ad Angella i primi rudimenti. Non a caso è suo zio. “La prima lezione che le ho dato? Le ho fatto capire quanto sia importante la concentrazione – racconta – anche se la racchetta era grande quasi come lei, colpiva la palla con una facilità sorprendente. Puoi spiegare cos'è il timing, ma non tutti sono in grado di metterlo in pratica”. Il suo talento non è passato inosservato, così nel 2014 le hanno riservato una borsa di studio per spostarsi nel vicino Burundi, laddove sorge l'ITF East Africa Regional Training Center.

C'è rimasta un paio d'anni e ha effettuato le prime esperienze internazionali, poi è dovuta tornare in Kenya a causa dello scoppio della guerra civile in Burundi. Ha ripiegato sul Nairobi Club, laddove ha trovato spazio un centro di allenamento ITF con alcuni maestri, tra cui lo stesso Atola. La sua storia fa pensare che non importi allenarsi in centri all'avaguardia. Aiuta, ci mancherebbe, ma il motore principale rimangono anima e motivazione. E il talento, ovvio. La Okutoyi si era fatta notare in gennaio, quando aveva raggiunto il terzo turno all'Australian Open junior (stavolta in singolare). Grazie a questo risultato, il suo nome è diventato di tendenza sui social media di tutta l'Africa. Aveva ricevuto persino gli incoraggiamenti di un'altra pioniera, l'attrice Lupita Nyong'o, prima keniana a vincere un Oscar. Era solo l'assaggio di quello che è successo in queste ore. La sua pagina Wikipedia è stata aggiornata in tempo reale e la sua popolarità è schizzata alle stelle, come ha confermato il segretario generale di Tennis Kenya, Wanjiru Mbugua-Karani, in tribuna sul Campo 18, laddove Angella e la Nijkamp hanno battuto le canadesi Cross-Mboko col punteggio di 3-6 6-4 11-9. Non poteva che esserci una maratona, nel campo che fu Isner-Mahut.

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Al ritorno a Nairobi, la Okutoyi ha trovato la nonna ad aspettarla. E le ha subto consegnato il trofeo di Wimbledon

Un servizio di BBC Africa in cui Angella racconta le sue origini e mostra la sua quotidianità

“In Africa diciamo che la batterie suonano per Angella – racconta Mbugua-Karani – purtroppo da noi non arrivano le immagini in streaming, ma tutti avranno seguito la sua partita sul livescore. Sportivi, atleti e funzionari governativi: tutti la stanno seguendo. La sua presenza negli Slam ha creato un grande impatto e sono certa che i prossimi anni saranno fantastici. Adesso tutti credono di potercela fare, perché Angella ha indicato la via”. Qualche tempo fa si è giocato un torneo giovanile al Public Service Club, circolo di otto campi nel cuore di Nairobi. “Ho avuto l'onore di premiare i vincitori e mi hanno detto che un giorno vorrebbero essere come me. Vogliono arrivare a giocare gli Slam”. La sua partecipazione all'Australian Open ha acceso l'entusiasmo: i campi da tennis si sono improvvisamente popolati. Ma c'è sempre il problema dei soldi. Nonostante i buoni risultati e un posto tra le top-100 junior, non aveva le risorse per giocare a Parigi e Londra. Grazie all'intercessione di Tennis Kenya, ha avuto accesso al Grand Slam Player Development Programme, che offre sostegno ai giovani che provengono dai Paesi in via di sviluppo. Le hanno permesso di giocare Roland Garros e Wimbledon, oltre a fornirle un sostegno tecnico (oggi è allenata dal connazionale Francis Rogoi). In singolare non è andata benissimo (ha raccolto due sconfitte al primo turno), ma ha ripagato la fiducia con il successo in doppio. E non accadeva dal 1978 che una donna keniana non mettesse piede a Church Road.

“Sognare è una cosa, ma esserci è davvero un'altra – racconta la Okutayi con l'incanto di una diciottene – quando ho calpestato l'erba di Wimbledon è stata la più bella sensazione di sempre. In Kenya giocavo sull'erba di un parco giochi, ma giocare a tennis su un prato è un'altra cosa". Il surreale è diventato reale, fino a tramutarsi in fiaba con il successo in doppio. Ma come mai una compagna olandese? “È una storia divertente: mi ha aggiunto su Instagram e mi ha chiesto di giocare il doppio insieme. Ho accettato subito, perché anch'io stavo cercando una compagna ed erano tutte occupate”. Era destino: l'olandese si chiama Rose Marie, quasi omonima della sorella gemella Rosie. “In effetti a volete mi confondevo e dicevo 'Come on, Rosie!'". La strada è ancora lunga, ma per la prima volta la crescita di un tennista proveniente da quella zona non è solo folkloristica come è capitato troppe volte. Angella sembra avere le carte in regola per diventare una tennista vera, anche se è presto per dire se potrà competere per uno Slam vero. “Ma ho un sogno ancora più importante: nel tabellone c'erano 64 giocatrici e io ero l'unica keniana, mentre altre nazioni avevano anche cinque rappresentanti – racconta – vorrei che le cose cambino in futuro. Voglio un futuro luminoso per il mio Paese e vedere tanti keniani in tabellone. So che le cose cambieranno”. Anche perché lei è fiera delle sue origini: continua a vivere con la nonna in un quartiere popolare di Nairobi, lo stesso in cui è cresciuta. Non bisogna mai dimenticare da dove si arriva. E dove si viene accolti in un certo modo, come racconta la foto qui sotto.