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WIMBLEDON

Passaggio di consegne

La vittoria di Carlos Alcaraz a Wimbledon segna l'inizio di una nuova era. Il tennis aveva bisogno di qualcuno che raccogliesse l'eredità dei Big Three: battendo Djokovic con forza e personalità, Carlitos è diventato la nuova icona del nostro sport.

Riccardo Bisti
17 luglio 2023

La forza evocativa di un disegno può essere strabiliante. Il fumetto che vedete qui sopra è l'immagine più significativa di quello che ha rappresentato – e rappresenterà – il 16 luglio 2023, data in cui Carlos Alcaraz ha legittimato quello che i numeri suggerivano già da qualche mese, quando per la prima volta era diventato il numero 1 del mondo. Non che la vittoria allo Us Open 2022 avesse l'asterisco, ma l'assenza di Novak Djokovic era stata rumorosa, addirittura fragorosa. Battendolo in finale a Wimbledon, ha dato al tennis l'icona di cui aveva bisogno. Negli ultimi vent'anni era capitato che alcuni intrusi (pochi, per la verità) vincessero qualche Slam. Del Potro, Wawrinka, Cilic, Thiem, Medvedev... ma a Londra nessuno era riuscito a bloccare lo strapotere dei Big Three più Andy Murray, che su quel campo è stato qualcosa di più che un semplice Ringo Starr. C'è riuscito Carlitos, e lo ha fatto nel modo più fragoroso.

Chissà quante cose gli sono passate per la testa quando è andato a servire per il match, a maggior ragione dopo aver sbagliato una palla corta sul primo punto. Per essere sconfitte, le paure devono essere affrontate, dicono gli psicologi. E allora lui ha giocato un'altra smorzata sul punto successivo, infiocchettandola con un super pallonetto. Novak Djokovic, il più titolato di sempre, era in balia del suo tennis. Dopo una volèe in allungo e un paio di servizi fragorosi, Alcaraz giaceva accasciato sul tappeto erboso, in piena beatitudine. Alcaraz è il più giovane campione di Wimbledon dai tempi di Boris Becker, e sebbene non sia più teenager da un paio di mesi, continua a definirsi “ragazzo”. Sul campo trasuda potenza e personalità, ma quando ha il microfono in mano diventa un mix di modestia e diplomazia, mischiate a un pizzico di ingenuità, persino goffaggine. Durante l'intervista sul campo, ha promesso che non avrebbe mai dimenticato la sua tessera di socio onorario dell'All England Club, ricordando la disavventura capitata qualche mese fa a Roger Federer.

In questo tweet c'è tutta la semplicità di Carlos Alcaraz

Sul campo trasuda potenza e personalità, ma quando ha il microfono in mano diventa un mix di modestia e diplomazia, mischiate a un pizzico di ingenuità, persino goffaggine.
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Ma anche così ha saputo stregare la gente, aiutato dalla sottile antipatia che il pubblico di Wimbledon nutre per Djokovic. Esasperato dalla mancanza d'amore, Djokovic ha proseguito con i gesti provocatori, sublimati dalla racchetta devastata contro il paletto, quando aveva appena incassato il break decisivo e si era reso conto che la coppa gli stava sfuggendo di mano. Invece Alcaraz ha quella spontaneità che piace: ogni volta che il suo avversario scivolava sull'erba, gli chiedeva come stesse. Quando Djokovic è fuggito dal campo per sette minuti dopo aver perso il terzo set, non ha dato alcun cenno di insofferenza. E allora le vesti della nobiltà tennistica gli stanno perfettamente addosso.

Anche il principe George e la principessa Charlotte tifavano per lui, alzando le braccia al cielo quando l'ultimo dritto di Djokovic si è infranto in mezzo alla rete. Come loro, migliaia di persone hanno fatto altrettanto quando Carlitos si è affacciato sul balcone a sud-ovest del Centre Court, in un altro rituale che profuma di nobiltà. Sebbene Djokovic abbia detto che non veda l'ora di affrontare di nuovo il prodigio spagnolo, la storia suggerisce che la sua visione è un tantino ottimista. Lui ha 36 anni e il periodo di suo potenziale dominio si avvicina alla data di scadenza. Il 16 luglio 2023 è iniziato il periodo di Alcaraz, come testimoniano li sponsor che gli svolazzano intorno come falene nei pressi di una lanterna. Intanto è già amico di Anna Wintour (che, evidentemente, vede in lui l'erede di Roger Federer). Qualche settimana fa ha ufficializzato un accordo con Louis Vuitton, ma in lui c'è tanta normalità.

Classe 2003, Carlos Alcaraz è il primo campione di Wimbledon a essere nato nel nuovo millennio

Il film di una giornata che ha segnato uno spartiacque nella storia del tennis

“Adesso tornerò a Murcia e da domani tornerò a essere uno come tanti” ha detto, pur sapendo che non è così, almeno per gli altri. Ma è vero che resterà un bravissimo ragazzo, come ha detto il titolare del "Cambio de Tercio", il tempio londinese delle tapas, che lui e il suo clan hanno frequentato assiduamente in questi giorni. Niente luoghi di lusso, anche se è stato costretto a vestirsi elegantissimo per la tradizionale cena di gala. Probabilmente si trova più a suo agio nell'appartamento di 90 metri quadri dove vive quando si trova nell'accademia di Juan Carlos Ferrero, perché sembra proprio che l'umiltà faccia parte del suo DNA. Non tradisce, Carlitos, come ben sa l'azienda di dolciumi che lo sponsorizza sin da quando è piccolo e che ricorda – un po' – la Polleria Osvaldo inventata da Valentino Rossi, con la differenza che Postres Reina esiste davvero.

In lui non c'è un briciolo di arroganza, però irradia una fiducia commisurata al suo talento ultraterreno. E allora ci facciamo le stesse domande che venti, quindici, dieci anni fa ci facevamo per i suoi predecessori. Chi lo sfiderà nel prossimo decennio? Chi potrà emulare la sua capacità di giocare bene su tutte le superfici? Di certo è cambiato qualcosa, perché 61 degli ultimi 72 Slam erano stati vinti da tre soli giocatori. Alcaraz non è soltanto il primo vincitore di Wimbledon a essere nato nel 21esimo secolo, ma è il primo a essere nato dopo il 1987. Roland Garros e Australian Open stanno ancora aspettando un vincitore che abbia meno di 36 anni, e tutto fa pensare che quel nome potrebbe essere lui. Dopo i crampi che lo avevano bloccato in semifinale a Parigi, si poteva pensare che ci fossero ancora delle cicatrici nella sua anima. Sul verde londinese, ci ha dimostrato che non è tipo da farsi appesantire dai ricordi amari. Ma è soltanto una delle sue tante qualità.