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IL PERSONAGGIO

Dietro alle risate c'è il dolore di un ex clandestino

Non tutti conoscono la storia di Mansour Bahrami: noto per essere il clown del circuito senior, è fuggito dall'Iran per costruirsi un futuro con il tennis. Ma per anni è stato clandestino in Francia e non ha potuto giocare fino ai 30 anni di età. Secondo Rod Laver, è il tennista più dotato di tutti i tempi.

Riccardo Bisti
20 gennaio 2021

Gli appassionati acquistano il biglietto perché vogliono assistere a un bello spettacolo. L'investimento è al sicuro quando gioca Mansour Bahrami, colui che ha inventato un nuovo ruolo: il tennista da esibizione. “Se vuoi essere un grande campione devi essere sempre concentrato, mentre noi siamo qui per intrattenere – è solito dire – puoi fare il clown oppure vincere: o l''uno, o l'altro”. Lui ha scelto la prima via, anche perché non aveva grosse alternative. Non è mai andato oltre il secondo turno in uno Slam, e mai oltre la 192esima posizione ATP di singolare (un po' meglio in doppio: 31, con annessa finale al Roland Garros), dunque ha scelto di fare il... buffone. Forte di enormi doti acrobatiche, ha inventato un ruolo tutto nuovo. Gli calzava a pennello e ci ha costruito una carriera. Va avanti ancora oggi nonostante abbia quasi 65 anni, l'età della pensione. Gli hanno dato mille soprannomi, paragonandolo persino ad attori importanti: Jim Carrey, Robin Williams, Stanlio e Ollio...

Alle doti da intrattenitore, tuttavia, si accompagnano quelle tecniche. Rod Laver, non esattamente l'ultimo arrivato, lo ha definito “il tennista più dotato di tutti i tempi”. È una provocazione, una boutade, però è vero che Bahrami è in grado di tirare fuori colpi impossibili. Forse si può correggere: è il più dotato di sempre... quando non ci sono punti in palio. Ma se era così bravo, come mai la sua carriera è stata così mediocre? Per scoprirlo bisogna fare un salto indietro di 40 anni, nell'Iran della rivoluzione. A suo dire, le autorità del suo Paese d'origine gli hanno bloccato la strada verso il successo. “Mio padre faceva il giardiniere nel più grande complesso sportivo del Paese – racconta – appena ho iniziato a camminare, avrò avuto 2-3 anni, ho subito preso confidenza con lo sport. Potevo praticare tutte le discipline tranne il tennis, perché era lo sport riservato ai ricchi”.

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"Ogni volta che vedevo un poliziotto, cambiavo direzione. Se mi avessero identificato, mi avrebbero caricato sul primo aereo per l'Iran. Non che fossi un rifugiato politico, a rischio di morte, però ho preferito non lasciare la Francia"
Mansour Bahrami
Persino il canale ufficiale di Wimbledon ha realizzato un ampio filmato sulle prodezze di Mansour Bahrami

Ma gli piaceva troppo, così ha scelto di provarci ugualmente. In assenza di racchette usava padelle in metallo, pezzi di legno... In alternativa, giocava anche a mani nude. Allenamenti poco ortodossi ("Non ho mai preso una lezione in vita mia" dice con orgoglio), ma perfetti per sviluppare una manualità fuori dal comune. “Quando avevo 13 anni, la federazione iraniana aveva bisogno di nuovi tennisti. Così mi hanno dato un paio di racchette e mi hanno permesso di giocare. Tre anni dopo ho fatto il mio esordio in Coppa Davis”. La carriera sembrava poter decollare, ma poi si è messa di mezzo la politica. Anzi, la storia: nel 1980, l'Ayatollah ha preso il potere in Iran. Il tennis era uno sport troppo occidentale, aristocratico, così decisero di bandirlo e chiudere ogni campo. Avrebbe potuto andare altrove per continuare a giocare, ma ha scelto di restare accanto alla famiglia. Per sopravvivere aveva cambiato gioco, passando al backgammon. Non esattamente la stessa cosa. L'incubo è durato tre anni, poi alla riapertura dei campi è stato spinto dalla sua fidanzata di allora. “Vinsi un torneo a Teheran, e il premio era un viaggio per Atene. Lo diedi a lei, ma il giorno dopo è tornata e mi ha detto che avrei dovuto usarlo io, pagando 200 dollari di differenza per andare a Nizza. Lì avrei potuto giocare seriamente a tennis. È stato un gesto molto altruista, mi ha cambiato la vita”.

Una volta sbarcato in Francia, tuttavia, si è reso conto di quanto più caro fosse il costo della vita. Travolto dalla necessità di guadagnare soldi in fretta, ha cercato vie alternative per ottenerli. Il problema è che si è giocato tutto quello che aveva in una sola notte, al casinò. “Ho scelto la Francia perché c'erano parecchi tornei con montepremi in denaro, ma per vincere qualcosa bisognava arrivare in fondo – racconta – per settimane non sapevo dove dormire, quindi vagavo per le strade di Parigi. Quando avevo tra le mani una baguette, la facevo durare 3-4 giorni”. In queste condizioni, normale che scadesse il visto per restare in territorio francese. “In quel momento sono diventato un immigrato illegale, un clandestino. Ogni volta che vedevo un poliziotto, cambiavo direzione. Se mi avessero identificato, mi avrebbero caricato sul primo aereo per l'Iran. Non che fossi un rifugiato politico, a rischio di morte, però ho preferito non lasciare la Francia”.

Mansour Bahrami è nato a Teheran il 26 aprile 1956. Nella sua breve carriera, il miglior risultato è stata la finale al Roland Garros di doppio nel 1989
Mansour Bahrami racconta la sua storia alla TV australiana

Senza uscire dal Paese, però, non poteva diventare un professionista. Dai e dai, la sua costanza lo ha premiato. Aveva 30 anni quando ha finalmente iniziato a giocare nel circuito, e 33 quando è diventato cittadino francese. Oggi possiede il doppio passaporto, anche se accanto al suo nome – nell'ingiallita scheda ATP – c'è la bandiera dell'Iran. “Ho perso nove anni della mia vita, perché i miei migliori risultati sono arrivati dopo i trent'anni. Ho raggiunto la finale di doppio al Roland Garros, ma avevo già 33 anni. Però non sono arrabbiato, anzi, mi sento fortunato”. Mansour non ha mai appeso la racchetta al chiodo, diventando uno dei protagonisti del Senior Tour. Senza la pressione del risultato, con guadagni garantiti, ha potuto tirare fuori il suo spirito da intrattenitore. Le sue gag sono persino complicate da descrivere. E poi sono moltissime: più che raccontarle, è meglio lasciarvi ai tanti filmati in rete.

Sin da quando avevo 15 anni, il mio obiettivo era accontentare il pubblico – dice – volevo che la gente si divertisse. Avrei potuto vincere 6-2 6-3 diverse partite, ma le ho allungate di proposito per poi vincere 7-5 al terzo. Il problema è che ne ho perse altrettante”. Reati passati in prescrizione, altrimenti la neonata ITIA avrebbe già aperto un fascicolo. Invece Mansour ha potuto scrivere un'autobiografia, da cui è stato tratto un DVD, The Man Behind the Moustache (uscito nel 2006). Di certo non si è arricchito, se per oltre 25 anni ha fatto l'intrattenitore nel circuito dei vecchietti. E comunque è diventato uno dei tennisti più popolari degli ultimi 50 anni. Ha semplicemente trovato una via alternativa per riuscirci. “Quando il pubblico si diverte per una mia giocata, sono l'uomo più felice del mondo”. In effetti, Mansour Bahrami da Arak ha un potere magico, quasi ipnotico: se intercetti una sua partita, difficilmente cambierai canale. Quanti professionisti, anche molto famosi, riescono a fare altrettanto?