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INTERVISTA

Brian Morris: «Lo sport deve riaprire perché è parte della soluzione, non il problema»

Il CEO di Aspria Harbour Club Milano spiega le ragioni che dovrebbero indurre il Governo italiano a riaprire subito la pratica sportiva, come accaduto dopo il primo lockdown. «I nostri club possono agire in totale sicurezza e lo sport è essenziale per una buona salute fisica e mentale». Sono attese novità per mercoledì 10 febbraio

intervista di Lorenzo Cazzaniga
8 febbraio 2021

Why chiuso? Why chiuso? Brian Morris, CEO di Aspria Harbour Club Milano, lo ripete come un mantra. È la stessa domanda che quotidianamente riceve dalle migliaia di soci dei suoi sports club sparsi tra Italia, Germania e Belgio, e che da settimane devono vivere le estreme restrizioni imposte dai rispettivi governi, divenute sempre più incomprensibili visto che numerosi studi hanno stabilito che si potrebbe svolgere attività sportiva in piena sicurezza seguendo determinati protocolli, in alcuni casi anche abbastanza elementari. Come nel caso del tennis che però in Italia ha riaperto in semi-clandestinità, obbligando a mostrare la tessera agonistica della federazione per poter accedere ai campi indoor, gli unici utilizzabili nei mesi invernali in tre quarti del nostro paese.

Piutost che nient l'è mei piutost, dicono a Milano, ma quelli che vivono questa decisione come una discriminazione, non si spiegano perché sono costretti alla sospensione sportiva quando sono autorizzati comportamenti ben più rischiosi per il contagio del virus rispetto a dividere con una sola altra persona un’area grande come un campo da tennis e con sistemi di tracciamento degli ingressi che rendono la pratica particolarmente sicura (ma ancora si attende che il Governo si pronunci su una proposta di riapertura firmata da decine di tennis club e la cui risposta dovrebbe arrivare mercoledì 10 febbraio).

«E infatti – comincia l’arringa difensiva Brian Morris -, su migliaia di presenze nei nostri sports club, quando le autorità l’hanno consentito, abbiamo registrato pochissimi casi di Covid, perché si tratta di luoghi sicuri e che peraltro aiutano a conquistare quella salute fisica e mentale particolarmente importante in questo periodo».

In particolare il tennis appare uno sport decisamente sicuro, non crede?
Mi spiega come due giocatori che entrano in un campo e giocano a distanza di oltre venti metri, in uno spazio così ampio e senza possibilità di avvicinarsi anche solo involontariamente, possano in qualche modo contagiarsi? L’unica chance sarebbe scavalcare la rete e correre ad abbracciare l’avversario! Lo stesso discorso vale per il nuoto. Ci sono decine di comportamenti più pericolosi che vengono accettati e consentiti. Impedire di giocare a tennis indoor, limitando la pratica ai soli giocatori agonisti, mi sembra una scelta bizzarra.

Alcune immagini dell'Aspria Harbour Club di Milano, uno degli sports club più belli d'Italia
ASICS ROMA

Come giudica le restrizioni attuate dal Governo?
Credo ci sia tanta confusione nelle regole, pur riconoscendo che il lavoro delle autorità è particolarmente complesso in questa situazione. Quello che non capisco è come ci possano essere regole così diverse da un paese all’altro. Per esempio, dopo il primo lockdown, Italia e Belgio hanno riaperto all’attività sportiva in maniera concreta e intelligente, nel rispetto di appositi protocolli. Ora hanno cambiato totalmente filosofia, anche se la sicurezza che gli sports club possono offrire è rimasta adeguata, grazie a tecnologie di tracciamento che consentono di verificare le attività svolte, garantendo una pratica sicura. Questi sono fatti, non opinioni.

Quale soluzione suggerirebbe per l’attività sportiva?
Ritornare al protocollo istituito dopo il primo lockdown. Sarebbe un primo passo concreto per tornare a una condizione di normalità, migliorando lo stato di salute delle persone, in un contesto di estrema sicurezza sanitaria.

In Italia altre attività di entertainment come cinema, teatri, bar e ristoranti sono sostanzialmente chiusi da settimane: uno sport club può essere equiparato a queste attività?
Non credo proprio. Possiamo monitorare ogni passaggio e controllare movimenti e comportamenti, assicurandoci che tutti rispettino i protocolli sanitari e infatti il numero di contagiati rilevati negli sports club è talmente basso che dovrebbe indurre a una riapertura immediata. Altre attività, come anche il settore dell’hospitality, devono affrontare problematiche ben diverse. Non si possono paragonare i rischi di contagio tra due persone che condividono un campo da tennis con quello di decine di persone sedute in un teatro.

«Mi spiega come due giocatori che entrano in un campo da tennis e giocano a distanza di oltre venti metri e senza possibilità di avvicinarsi anche solo involontariamente, possano in qualche modo contagiarsi? Impedire di giocare a tennis indoor mi sembra una scelta bizzarra»

Quanto è stato complicato adeguarsi ai regolamenti anti-Covid del governo italiano?
Abbiamo riempito decine di moduli ma soprattutto attuato tutte le misure che si sono rese necessarie per consentire ai nostri soci, tutti regolarmente registrati, di poter accedere al club in totale sicurezza. Posso garantire che il nostro club è un luogo ben più sicuro di un autobus, di un treno o di qualsiasi mezzo pubblico.

Quanto l’attività sportiva potrebbe essere un salvagente per chi è stato colpito dal Covid-19?
L’attività fisica è uno strumento fondamentale per il benessere del corpo e della mente. Qualunque medico, preparatore atletico, fisioterapista o mental trainer è in grado di confermarlo. Lo è sia per chi ha già contratto il virus sia per chi deve affrontare delle restrizioni all’attività personale. Restare in buon salute fisica aiuta a condurre una vita più sana, pur in una condizione così complicata. Anzi, fare sport diventa necessario in tempi di pandemia, ancor di più di quanto non lo sia abitualmente. E avere un minimo di contatto sociale, pur mantenendo le distanze corrette, aiuterebbe a livello psicologico.

Attualmente in Italia, la pratica indoor è consentita ai soli giocatori agonisti: cosa ne pensa di questa distinzione?
Onestamente la trovo incomprensibile: che si tratti di Novak Djokovic o del signor Rossi, a tennis si gioca seguendo sempre le stesse regole di distanziamento, indipendentemente dal livello di gioco. O qualcuno ha mai visto dieci persone contemporaneamente dividersi su una metà campo? Il tennis è uno sport sicuro, per tutti. E per tutti andrebbe immediatamente riaperto.

«Onestamente trovo incomprensibile la distinzione tra atleti agonisti e non: che si tratti di Novak Djokovic o del signor Rossi, a tennis si gioca seguendo sempre le stesse regole di distanziamento, indipendentemente dal livello di gioco. Il tennis è uno sport sicuro, per tutti»

Quanto lo sport potrebbe aiutare anche dal punto di vista economico?
È uno dei comparti business più importanti in Italia e che coinvolge un numero impressionante di persone che in questo momento devono affrontare una sfida molto complicata. Pensiamo a tutti i dipendenti di uno sports club, agli istruttori, ai personal trainer, eccetera. E ovviamente lo stesso discorso vale per proprietari e gestori: a noi ogni mese di chiusura costa milioni di euro. Credo che il Governo italiano debba compiere una scelta: permettere di praticare sport seguendo opportune regole oppure veder aumentare il numero di persone con salute a rischio in un momento nel quale il Covid crea già problemi di saturazione dei posti letto negli ospedali. Perché impedire di praticare sport avrà questa conseguenza: peggiorare le condizioni fisiche delle persone.

Soprattutto quando si tratta dei meno giovani.
L’Italia ha la popolazione più anziana d’Europa ed è nella top 10 mondiale, quindi è necessario mettere la gente nella condizione di restare allenati e in buona salute, anche a livello mentale, un aspetto da non sottovalutare. Inoltre, permetterebbero a tante realtà di tornare a lavorare e di togliere i dipendenti dalla cassa integrazione con un ulteriore risparmio per lo Stato.

Se avesse di fronte il Presidente del Consiglio italiano, cosa gli direbbe?
Please, lo sport è parte della soluzione, non del problema. Nessuno lo criticherebbe per aver trovato una soluzione intelligente, anzi ci sarebbero un milione di tennisti che apprezzerebbero una decisione così corretta e che tutti, sportivi e non, comprenderebbero perfettamente. Inoltre, lo sport rende più sani fisicamente e più preparati mentalmente per affrontare le situazioni difficili e questo avrebbe ripercussioni positive non solo nel breve periodo ma anche a medio e lungo termine.

Dalla scorsa estate, Aspria Harbour Club Milano si è dotato anche di quattro campi da padel

«Cosa direi avessi di fronte il Presidente del Consiglio? Please, lo sport va immediatamente riaperto perché è parte della soluzione, non del problema»

Qual è stata la reazione dei vostri soci?
Tutti ci chiedono quando riapriremo perché vogliono tornare nel loro club e questo supporto ci riempie di orgoglio e di energia. Per noi è frustrante spiegare decisioni che riteniamo illogiche e finanziariamente è facile immaginare che si tratta di un colpo tremendo. I soci hanno apprezzato i nostri sforzi e sono orgoglioso del lavoro svolto dal nostro staff perché è stato straordinario, pur in un periodo così difficile. Tutti ci chiedono: why chiuso, why chiuso? Però il refrain è sempre quello: dobbiamo rispettare le decisioni del Governo anche se dovrebbero spiegarmi il senso di certe scelte.

Cercando di rimanere ottimisti, cosa si aspetta dopo questo secondo periodo di lockdown? Perché dopo il primo stop c’è stato un boom di partecipazione nello sport...
Prima di tutto penso che grazie ai vaccini non avremo un terzo lockdwon e sono convinto che già dalla primavera vivremo una situazione ben diversa. I soci hanno sopportato le restrizioni perché l’alternativa sarebbe stata quella di non praticare alcun tipo di attività e quindi saranno disposti a rispettare alcune regole che probabilmente verranno imposte anche quando si riaprirà totalmente allo sport. C’è una gran voglia di ripartire perché siamo chiusi da troppo tempo e la gente ha necessità di fare sport. Così come il mio pensiero va a tutti i giovani che sono rimasti bloccati e ai genitori che hanno bisogno di un luogo dove potersi svagare perché l’impegno familiare in questo periodo è stato ancora più stressante. Gli sports club sono il luogo ideale, esattamente come accaduto dopo il primo lockdown. Abbiamo fatto una riunione con diverse altre realtà di tutto il mondo e, messi insieme, contavamo oltre cinque milioni di soci con un tasso di contagio dello 0,01%; ebbene, dove hanno riaperto, come accaduto in diversi paesi asiatici, la risposta è stata super positiva, con tassi di presenza mai visti, a testimonianza della voglia della gente di tornare a fare sport.

Immaginando di aver sconfitto totalmente il virus, crede che si tornerà a praticare sport esattamente come prima dell’emergenza sanitaria?
Qualcosa cambierà ma sarà un bene perché avremo ambienti più puliti e sanificati, come ormai siamo abituati. E la gente potrà tornare a comportarsi esattamente come prima perché vi saranno le condizioni per poterlo fare. Dovremo sempre temere un eventuale COVID-20 e quindi mantenere sane abitudini, ma torneremo presto alla vita pre-pandemia.

Una veduta aerea dello storico Tennis Club Ambrosiano appena acquistato da Brian Morris

Lei ha di recente acquisito anche lo storico Tennis Club Ambrosiano di Milano: quali progetti prevede per questo club?
Si tratta di una scelta totalmente diversa rispetto ad Harbour Club e avviata a titolo personale. Non nasce con l’intenzione di trasformarlo in un tennis club a 5 stelle ed estremamente elitario. Tutt’altro, sarà un club molto più accessibile, la cui membership costerà meno di cento euro al mese e con la volontà di avvicinare il maggior numero di persone allo sport e al tennis in particolare. Credo che l’esperienza maturata e il know-how di cui disponiamo, consentirà di raggiungere presto questo obiettivo. Il club ha una tradizione fantastica con un torneo come l’Avvenire dal quale sono passati tantissimi fuoriclasse e che contiamo di riproporre già da quest’anno, magari con una formula leggermente modificata.

Quali potrebbero essere le principali novità?
Gino a qualche anno fa, la categoria under 16 era perfetta perché all’Avvenire si poteva davvero scoprire quelli che sarebbero stati i campioni del futuro. Ora è forse giunto il momento di abbassarla all’under 14 perché sono cambiati i tempi e bisogna sapersi adattare. E l’Avvenire merita la presenza dei migliori atleti del mondo nella categoria di età prescelta. C’è un’eredità importante da rispettare ma che va leggermente adeguata ai tempi. Succede anche all’All England Club dove si gioca un evento chiamato Wimbledon: la tradizione viene rispettata ma ormai club e torneo sono tecnologicamente all’avanguardia. Vogliamo portare il Trofeo Avvenire a un livello superiore. In generale, mi auguro una maggior collaborazione tra i vari club perché insieme si può costruire un progetto sportivo che possa portare benefici a tutti. In questo senso, la pandemia ha mostrato che solo unendo le nostre forze potremo creare un ambiente sportivo più efficiente.