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IL CASO

Tutte contro la WTA!

Il papocchio organizzativo delle WTA Finals è la punta dell'iceberg di un malumore diffuso nel tennis femminile. Le giocatrici avevano inviato una lettera con precise richieste, chiedendo alla WTA una risposta in tempi brevi. Ci sono state un paio di riunioni che non le hanno soddisfatte.

Riccardo Bisti
31 ottobre 2023

Qualche giorno fa avevamo titolato “Disastro annunciato?” parlando delle imminenti WTA Finals a Cancun. Ma i ritardi che hanno reso disponibile all'ultimo momento l'Estadio Paradisus sono solo la punta dell'iceberg dei problemi del tennis femminile, la cui leadership sembra più debole che mai. A far deflagrare il tutto è stata la voce più autorevole possibile, la numero 1 del mondo Aryna Sabalenka. Dopo aver lasciato un game a Maria Sakkari nel suo match d'esordio, si è sfogata contro la mala organizzazione del Masters, estendendo le lamentele all'intero sistema del tennis femminile, parlando di "mancanza di rispetto". Un articolo uscito sul The Athletic ha poi rivelato ulteriori dettagli sulla lettera inviata da alcune giocatrici alla WTA, in cui chiedevano – tra le altre cose – un salario minimo analogo a quello degli uomini, anzi, addirittura più sostanzioso. Gli scontri tra tenniste e WTA sono in corso da mesi, ma si sarebbero inaspriti dopo una serie di incontri avvenuti durante il torneo di Pechino. Tali discussioni sono sfociate in una lettere di tre pagine, della cui esistenza (e sostanza) vi avevamo già dato notizia.

The Athletic l'ha potuta visionare e sono emersi ulteriori dettagli: oltre a Sabalenka, l'hanno firmata una ventina di giocatrici di spicco, tra cui altre partecipanti al Masters (Rybakina, Vondrousova e Jabeur). In tre pagine, le top-players hanno chiesto una maggiore retribuzione, un calendario più sostenibile sul piano fisico e mentale, una migliore assistenza per le tenniste mamme e – soprattutto – la presenza di un rappresentante PTPA nel WTA Player Council. Quest'ultima richiesta è molto significativa: un suo accoglimento significherebbe riconoscere l'esistenza di un'associazione che fino a oggi è stata ignorata, se non osteggiata. La lettera conteneva una sorta di ultimatum: una risposta scritta da inviare entro venerdì 13 ottobre. Non sono arrivate repliche, e difficilmente arriveranno. In via ufficiale, tramite un portavoce, la WTA ha ribadito che le giocatrici hanno sempre avuto un peso alla pari nelle decisioni che dovrebbero garantire un bel futuro al tennis femminile. “Inoltre ricordiamo gli sforzi che nei prossimi dieci anni porteranno le giocatrici a guadagnare 400 milioni di dollari in più nei prossimi dieci anni. Ne siamo orgogliosi e non vediamo l'ora di continuare a dialogare con le giocatrici e con i tornei”.

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«Ricordiamo gli sforzi che nei prossimi dieci anni porteranno le giocatrici a guadagnare 400 milioni di dollari in più nei prossimi dieci anni. Ne siamo orgogliosi e non vediamo l'ora di continuare a dialogare con le giocatrici e con i tornei» 
Portavoce WTA

Per la verità, la lettera non è stata ignorata: le giocatrici hanno ricevuto la proposta per un paio di incontri con il presidente Steve Simon. Il primo si è svolto il 16 ottobre, l'altro direttamente a Cancun lo scorso 26 ottobre. Secondo fonti che hanno chiesto l'anonimato, le giocatrici sarebbero rimaste insoddisfatte dalla risposta della WTA. Due di loro erano talmente deluse da aver lasciato l'ultimo incontro prima che terminasse. Motivo? La WTA aveva rifiutato la presenza di un rappresentante PTPA ai due incontri. Ahmad Nassar, direttore esecutivo dell'associazione fondata nel 2020 da Novak Djokovic, sostiene che Steve Simon gli abbia detto che la WTA vuole parlare direttamente con le giocatrici senza agenti, allenatori o influenze esterne. “La verità è che i tornei e la WTA sono influenze esterne con interessi opposti a quelli delle giocatrici” sostiene Nassar, secondo cui la mancata risposta alla lettera di qualche settimana fa “rafforza la percepita mancanza di volontà di impegnarsi e innovare in modo significativo”.

Sul piano economico, le richieste di salario minimo prevedevano cifre addirittura superiori a quelle garantite dall'ATP. Ma si andava oltre: era richiesto un indennizzo anche in caso di infortunio e di pausa per maternità. Le giocatrici hanno anche chiesto la possibilità di visionare i registri finanziari dei vari tornei. L'articolo di The Athletic, a firma di Matthew Futterman, ha poi ricordato una serie di episodi in cui le giocatrici si sono sentite abbandonate a se stesse. Come la finale del doppio a Madrid, quando alle quattro protagoniste non è stato consentito di parlare durante la premiazione (sono poi arrivate le scuse del torneo). A Madrid ci furono tante polemiche, alcune pretestuose (le dimensioni delle torte di compleanno di Carlos Alcaraz e Aryna Sabalenka), mentre erano più giustificate le lamentele sull'orario d'inizio della finale degli Internazionali BNL d'Italia, con Rybakina e Kalinina spedite in campo a mezzanotte.

Secondo Iga Swiatek, il campo delle WTA Finals è decisamente più rapido rispetto a quelli di allenamento

Le condizioni della superficie di Cancun non sembrano le migliori...

Le giocatrici, inoltre, non hanno gradito nemmeno il progetto graduale che dovrebbe portare alla parità di montepremi con gli uomini: la Road prevede il raggiungimento dell'obiettivo entro il 2027 per i grandi tornei e il 2033 come deadline per quelli più piccoli. Sul punto, non crediamo che la WTA sia criticabile e troviamo sensata la replica: gli organizzatori dei tornei hanno bisogno di tempo per creare iniziative commerciali che producano entrate sufficienti per sostenere il montepremi più alto. Hanno invece meno alibi sul tema delle WTA Finals, la cui sede è stata decisa a meno di due mesi dallo svolgimento, per il terzo anno di fila. A Cancun, la situazione è ai limiti dell'insostenibilità. Qualcuno sostiene che sotto il campo ci siano buche e quindi i rimbalzi sono irregolari e imprevedibili. Secondo il portavoce di Iga Swiatek, il campo è più veloce di quelli di allenamento, e più in generale si trova in condizioni “lontane dall'ideale”. “Si spera che tutto questo non accada mai più” ha detto Ons Jabeur, nettamente sconfitta da Coco Gauff nel suo primo match.

La scelta di Cancun sembra inspiegabile: non solo per la scomodità logistica rispetto alle BJK Cup Finals, ma anche perché la proposta della Repubblica Ceca sarebbe stata molto migliore: avevano ipotizzato un accordo di quattro anni con un montepremi di 15 milioni di dollari e una quota di 6 milioni alla WTA. Il primo anno a Ostrava e i successivi a Praga avrebbero garantito un buon riscontro di pubblico che, ovviamente, non c'è a Cancun. Anzi, in Messico è stata la WTA a dover intervenire per garantire un montepremi di 9 milioni. La sensazione è che si tratti di una soluzione-ponte in vista del trasferimento in Arabia Saudita che – supponiamo – dovrebbe immettere parecchio denaro fresco nelle casse della WTA, che ha fatto registrare un passivo di oltre 30 milioni negli ultimi due bilanci pubblici (16,1 nel 2020 e 15,1 nel 2021). Nel frattempo a Cancun si gioca, ma la qualità degli incontri è insoddisfacente: Sabalenka-Sakkari e Gauff-Jabeur sono state delle non partite, mentre Iga Swiatek ha vinto undici degli ultimi dodici game per superare Marketa Vondrousova. Se questo è il prodotto, vien da pensare, venderlo non è mica così semplice...