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IL LIBRO

Se piove, rimandiamo

“Non ci piove che sono io il tennista italiano più forte di sempre” è la frase più rumorosa di “Se piove, rimandiamo”; la biografia di Nicola Pietrangeli scritta con Paolo Rossi. In realtà c'è molto di più: il libro mischia faccende inedite ad altre più note, ma senza mai annoiare. Scritto con leggerezza e sincerità, arricchisce anche il lettore più preparato.

Riccardo Bisti
26 ottobre 2023

Le aspettative erano alte, così come la curiosità. Questo libro riuscirà a superare il predecessore, C'era una volta il tennis, oggi introvabile, scritto dall'amica di sempre Lea Pericoli? Uscito nel 2007, raccontava la vita di Nicola Pietrangeli sotto forma di dialogo. Una lettura scorrevole e divertente, sempre piacevole da rileggere. Sedici anni dopo, Pietrangeli ha scelto di raccontarsi in prima persona per celebrare i suoi novant'anni, festeggiati lo scorso 11 settembre. Per farlo si è affidato a Paolo Rossi, firma tennistica di Repubblica, laddove aveva scritto Gianni Clerici, unico italiano nella Hall of Fame tennistica. Oltre a Pietrangeli, s'intende. Rossi non aveva un compito facile: mettere in ordine una valanga di memorie. individuando lo schema narrativo giusto. Ha mischiato rigore giornalistico e brillantezza linguistica, ma senza sacrificare la guasconeria che contraddistingue Nicola. Soltanto alla fine del libro, infatti, si scopre che il titolo è legato al giorno (speriamo lontano, lontanissimo) del funerale di Pietrangeli. “Se piove rimandiamo”, perché Nick vorrebbe tanto essere celebrato nel campo a lui intitolato, l'ex Stadio dei Marmi, ex Campo Pallacorda... insomma, il campo delle statue, il più bello di tutti. Ha immaginato la scena, ma come fai a celebrare un funerale all'aperto? “Se piove, rimandiamo”.
Appunto.

Rossi ha fatto un lavoro egregio, perchè è riuscito ad accontentare ogni tipo di lettore. L'occasionale si diverte nel ripercorrere la vita di Pietrangeli, in cui il tennis (parole sue) è stata una parentesi di vent'anni. Le curiose origini familiari, la ricca infanzia a Tunisi, la caduta in povertà, l'avventuroso approdo a Roma (via Marsiglia, rinchiuso nella stiva di una nave insieme a mamma Anna), la passione per il calcio, fino a una carriera densa di successi, la più vincente di sempre per un italiano. Forse Jannik Sinner gli scipperà il primato, mentre nessuno potrà togliergli il record di presenze in Coppa Davis. Ma c'è tanto materiale anche per il super-appassionato e il fanatico di aneddoti. In questo, “Se piove rimandiamo”, sottotitolo “La mia vita” è un libro da avere anche se siete over 50 e credete di sapere tutto su Pietrangeli. O se siete più giovani e avete studiato come si deve. Perché Rossi ha saputo cogliere tante cose che non tutti sapevano, alcune inedite, altre impolverate, altre ancora conosciute ma arricchite di aneddotica. In altre parole, raggiunge un obiettivo non sempre centrato da libri di questo tipo: arricchisce. A fine lettura, ne sai di più.

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Edito da Sperling & Kupfer

Se Piove, rimandiamo. La mia vita è la biografia definitiva di Nicola Pietrangeli. Scritto da Paolo Rossi, firma tennistica di “Repubblica”, edito a Sperling & Kupfer, è uscito in occasione del novantesimo compleanno diella leggenda del tennis azzurro. Si può acquistare a questo indirizzo

A qualcuno interesserà il dettaglio della sua amicizia con il Principe Ranieri di Monaco, o magari di quella con Marcello Mastroianni, senza dimenticare le scorribande notturne in quel di Parigi. A noi interessava di più sapere qualcosa di nuovo sul Pietrangeli tennista e le sue vittorie al Roland Garros. Scopriamo che si è presentato alla finale del 1959 a bordo di una Buick decappottabile, guidata dalla sua fiamma di allora, una spogliarellista del Crazy Horse di Parigi, di nome Candida. Eppure – dopo un primo set di ambientamento – mise KO la resistenza del gigante Vermaak, una sorta di Karlovic d'antan. E scopriamo che l'anno dopo avrebbe lottato fino a far sanguinare i piedi per battere in cinque set Luis Ayala. Un successo epico, ma liquidato in poche righe dalla stampa italiana. E poi c'è il periodo di capitano di Coppa Davis, in cui racconta (o meglio, ribadisce) la sua versione sul trionfo del 1976. Il prima, il durante e il dopo di Santiago del Cile. Tante cose le conoscevamo, non tutte. Per esempio, che Paolo Galgani (la figura per la quale Nicola non nasconde l'astio) non voleva che la nazionale partecipasse alla cena ufficiale, mandando su tutte le furie il giudice arbitro Derek Hardwick.

Quello stesso che – tre giorni dopo – avrebbe bellamente ignorato l'avvocato fiorentino che (appena eletto) pensava di sollevare l'Insalatiera, che invece fu consegnata a Nicola. Scopriamo che – secondo Pietrangeli – la pluridecorata serie “Una Squadra” di Domenico Procacci contiene qualche... concessione artistica di troppo. Via, lo dice chiaramente: “Panatta avrebbe potuto essere più sincero”. A Panatta, anzi, ad Ascenzietto, è dedicato un capitolo onesto, in cui ne riconosce la grandezza ma sottolinea i loro screzi, probabilmente dovuti a due personalità molto forti. Dopo il grande tradimento (secondo Pietrangeli, cacciato dal team) del 1978 non si sono parlati per cinque anni, ma poi fu Panatta a riavvicinarlo, in lacrime.
Si parla della sua vita post-ritiro, soprattutto negli anni duri, quando fu allontanato dal tennis e dovette reinventarsi in mille ruoli (ma il più remunerativo ha riguardato il Totocalcio...), e dedica un capitolo alle donne. Ma non aspettativi le scabrose confessioni di un playboy. Anzi, è scritto con delicatezza, quasi con pudore: Pietrangeli afferma di aver amato quattro donne, e di essere stato lasciato da tutte.

La copertina della biografia di Nicola Pietrangeli

Il compimento dei 90 anni ha garantito una forte esposizione mediatica a Nicola Pietrangeli

Pietrangeli dice di essere stato onesto nel racconto: gli crediamo, un po' perchè ha ragione quando dice che non avrebbe avuto senso romanzare la sua vita, un po' perché – in effetti – è sempre stato molto coerente nel condividere i suoi ricordi. Lungo le 240 pagine del libro, infatti, è tornato su tanti argomenti ben noti, e li ha affrontati esattamente come aveva fatto in decine di occasioni. Nessun cambio di versione, un flusso preciso e lineare (salvo un'imprecisione su Sean Connery: dice di averlo conosciuto nei primi anni 2000, poi racconta che per la festa dei suoi 60 anni l'ex James Bond lo ha voluto a ogni costo: peccato che fosse il 1990...), Insomma, un libro da avere, adatto a tutti. Anche ai più giovani, per i quali vale la pena abbattere la barriera psicologica dell'interessarsi a un uomo di 90 anni, i cui ricordi sono in bianco e nero e – soprattutto – raccontano un mondo che non esiste più, sbiadito, sconosciuto alle nuove generazioni e quindi poco attraente. Ma vale la pena conoscerlo, anche perché Pietrangeli rivendica con orgoglio i suoi risultati e si lascia andare a una frase perentoria, anche se difficile da condividere. “Non ci piove che sono io il tennista italiano più forte di sempre. E non sono io a dirlo, è sufficiente analizzare i risultati […] è incontestabile che da solo ho vinto più di tutti e quattro i nostri azzurri della Davis 1976”. E aggiunge che Panatta è durato poco. Frasi accettabili in astratto, ma che devono essere analizzate.

Per quanto Nicola diventi viola quanto si tratta dell'argomento (e sia molto affascinante il racconto del suo rifiuto al professionismo), è chiaro che giocare in epoca dilettantistica sia stato un vantaggio per il suo palmares. È vero che ha affrontato i più forti e li ha anche battuti (tranne l'inarrivabile Lew Hoad), oltre ad argomentare con passione la grandeur del suo periodo d'oro, ma è innegabile che l'assenza dei professionisti dai grandi tornei gli abbia dato una mano.
Alla fine, che personaggio esce? Un buono, uno che ha avuto il coraggio (e la fortuna) di vivere come gli pare, accettando le conseguenze delle sue scelte. Sfogliando il libro, sembra di chiacchierare con un vecchio amico, quello che a tavola monopolizza l'attenzione, ma lo fa in modo delicato e piacevole. Gli rimproveramo solo una cosa: ricorda troppo spesso come ai suoi tempi non si guadagnasse nul.a, specie in confronto ai campioni di oggi.
Vero, ma il tema ricorre in continuazione, quasi da far pensare che sia un cruccio. Ah, è un'altra cosa: non c'è un capitolo su Lea Pericoli, a cui è dedicata mezza pagina. Riconosce che insieme ne hanno passate tante “Ma non come qualcuno potrebbe pensare: lei aveva sempre un fidanzato, io avevo due fidanzate”. Forse la sua amica di sempre avrebbe desiderato un po' di spazio in più, ma siamo convinti che Nicola non l'abbia fatto apposta. In lui non c'è uno straccio di cattiveria, ed è questa la sua dote più bella.
Uno con cui vale sempre la pena fare due chiacchiere. Anche quattro.