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IL PERSONAGGIO

"La Coppa Davis? Prima o poi ce la facciamo"

È il pensiero di Lorenzo Musetti, che oggi esordirà nella Gira Sudamericana, laddove è molto atteso e cercato dai media. Il carrarino ha fatto il punto in alcune interviste: vantaggi e svantaggi del rovescio a una mano, la scelta di giocare sulla terra, gli attacchi di panico e i sogni, sia individuali (Wimbledon e Roma) che di squadra. 
Riccardo Bisti
16 febbraio 2023

Lorenzo Musetti è troppo educato per lamentarsi di una cosa del genere, e non sappiamo nemmeno se abbia letto il passaggio in questione. Tra le tante attività media che ha svolto in questi giorni a Buenos Aires, c'è stata un'intervista con il noto quotidiano La Naciòn. A un certo punto, hanno scritto che il suo soprannome è Lolo, versione ispanica di quel Lollo che non gli piace per niente. “È terribile, dai” ebbe a dire qualche tempo fa. È una delle tante curiosità di questi giorni d'Argentina, in cui ha dovuto aspettare qualche giorno prima dell'esordio. I tabelloni a 28 giocatori garantiscono un bye alle prime quattro teste di serie: lui è il terzo favorito dell'Argentina Open alle spalle di Carlos Alcaraz e Cameron Norrie. Questa campagna sudamericana è forse la prima occasione in cui Lorenzo è una delle stelle principali al di fuori dell'Italia. Attorno a lui c'è grande curiosità, soprattutto grazie a uno stile di gioco che non lascia indifferenti.

Per ancora qualche tempo, sarà costretto a rispondere a domande sul suo rovescio a una mano. Colpo bello, efficace, elegante... ma in via d'estinzione. “È un colpo che ho sviluppato in modo naturale, ma poi ho lavorato molto per perfezionarlo – ha detto, dopo che gli hanno fatto assaggiare i tipici prodotti argentini: mate, dulce de leche e alfajor – mi è capitato di provarlo a due mani, ma non in modo serio. Mi piaceva moltissimo il colpo di Nalbandian, uno dei migliori rovesci di sempre. Faceva quello che voleva e ho potuto conoscerlo quando allenava Kecmanovic”. Un modo per strizzare l'occhio agli argentini, popolo che ci è vicino per ragioni storiche, culturali, di mentalità. Nel loro Paese, Musetti è a caccia di una soddisfazione dopo la mini-delusione delle Olimpiadi giovanili del 2018, quando perse al primo turno sia in singolare (contro il rumeno Filip Cristian Jianu) che in doppio. A conti fatti, l'unica partita vinta fu il primo turno del doppio misto insieme a Elisabetta Cocciaretto.

«È un momento storico per il tennis italiano, e la gente lo percepisce. Credo che quest'anno il torneo di Roma sarà incredibile. Ma il futuro sarà ancora migliore» 
Lorenzo Musetti
ASICS ROMA

Lorenzo Musetti assaggia il mate, il dulce de leche e l'alfajor

Da allora sono passati oltre quattro anni e Musetti ha uno status tutto nuovo, al punto che lo faranno esordire nella sessione serale di giovedì. Il suo primo avversario sarà Pedro Cachin, poi sarebbe in rotta di collisione con Dominic Thiem ed eventualmente con Cameron Norrie in semifinale. Il britannico è mancino, e qui torna il tema del rovescio a una mano. “Il vantaggio è che il colpo garantisce tante variazioni, lo svantaggio è che hai bisogno di una grande condizione fisica, con tanta mobilità e forza per colpire la palla davanti al corpo. Per questo fatico contro i mancini: in quel caso, devi essere molto attivo sulle gambe”. Lo scorso anno, di questi tempi, Musetti giocava i tornei indoor europei. “È stato un buon investimento per il finale di stagione, adesso volevo fare qualcosa di diverso. Credo che sia il momento giusto per giocare sulla terra: è la superficie dove ho ottenuto i migliori risultati, inoltre ho pochi punti da difendere”. L'ultimo passaggio è importante: numero 20 ATP, in queste settimane (dopo Buenos Aires giocherà a Rio de Janeiro e Santiago del Cile) potrebbe raccogliere un buon bottino e raggiungere due obiettivi: mettere fieno in cascina per quando arriveranno cambiali importanti, e poi entrare tra i top-15 ATP in modo da avere una testa di serie migliore nei grandi tornei sulla terra battuta, a partire dal Roland Garros. I tornei della Gira Sudamericana rappresentano un'ottima occasione, poiché – sulla carta – è un po' più facile intascare punti.

E nei tornei 250 sono sufficienti quattro partite per raccogliere parecchio. Basti pensare a Jannik Sinner a Montpellier. Il bel momento del tennis italiano non è passato inosservato all'estero, figurarsi in un Paese in difficoltà tennistica come l'Argentina. “In Italia si parla tanto di tennis perchè abbiamo ottimi giocatori, tanti giovani e si muove qualcosa anche tra le donne – dice Musetti – è un momento storico e la gente lo percepisce. Credo che quest'anno il torneo di Roma sarà incredibile. Ma il futuro sarà ancora migliore”. Quando gli hanno chiesto le ragioni di questo boom, Musetti mostra di avere le idee chiare. Dice cose note, ma che per gli stranieri possono essere una mini-rivelazione. “Di certo c'è stata un po' di fortuna, ma il motivo principale è l'aiuto garantito dalla federazone ai team privati. In passato non accadeva, un po' perchè non avevano molti soldi, un po' perché si investiva in altro modo. Io sono stato aiutato sin da junior, poi c'è il vantaggio di potersi allenare a casa senza soffrire il distacco, e recarsi soltanto a periodi presso il Centro Tecnico Nazionale. Io abitavo a 40 minuti da lì, quindi ero avvantaggiato. Ma è stato un bene per tutti”. Lorenzo ha poi ricordato che la FITP gli ha messo a disposizione un preparatore atletico (Roberto Petrignani, ndr), da lui definito fondamentale.

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Il centrale di Buenos Aires gremito per l'esordio di Carlos Alcaraz. Succederà altrettanto per quello di Lorenzo Musetti?

L'arrivo di Musetti a Buenos Aires ha acceso un grande interesse dei media

Il carrarino ha poi aggiunto di stare lavorando per avere continuità di rendimento per 3-4 ore di fila, in modo da essere competitivo anche negli Slam. “Piano piano ci arrivo. Quest'anno non è andata bene in Australia, ma spero di fare belle cose al Roland Garros”. Intanto si gode un momento felice anche nella vita privata (è ormai ufficiale la relazione con Veronica Confalonieri, con cui si è concesso un po' di relax nelle campagne dell'alta Maremma), frutto di un background sano, rivelato anche agli argentini. Il lavoro di operaio del marmo di papà Francesco, quello di segretaria di mamma Sabrina e il legame con Simone Tartarini, il coach di una vita. “Mi ha aiutato sia sul piano economico che su quello affettivo. È la chiave di tutto quello che ho ottenuto: ormai lavoriamo insieme da 12 anni e credo che non lo lascerò mai, perché abbiamo una relazione d'affetto che va oltre il tennis”. La stampa straniera ha dato particolare enfasi a una domanda – che gli è stata posta da ESPN – sugli attacchi di panico che ogni tanto lo hanno preso durante la competizione. Molti ricordano quanto accaduto a Firenze, durante la semifinale contro Felix Auger-Aliassime. In effetti, il carrarino ha rivelato un segreto di pulcinella per i giovani tennisti di vertice. “Il tennis è uno sport con tantissima pressione. In campo sei da solo, e non facile affrontare tutto questo in solitudine. A volte la pressione è talmente grande che non puoi farci niente. Da parte mia sto lavorando con uno specialista e spero che non succeda più”.

E che non accada nemmeno a coach Tartarini, che ha avuto un problema simile (per fortuna pienamente risolto) durante il primo turno dell'Australian Open. Dalle nostre parti si è ampiamente parlato del tema, dunque è più interessante riportare le ambizioni di Lorenzo: quando gli hanno chiesto se l'Italia ha le qualità necessarie per vincere la Coppa Davis, non ha esitato. “Sicuro. L'anno scorso ci siamo andati vicini, ed è qualcosa che mi passa per la testa. Ma abbiamo una squadra forte, molto unita, e penso che ce la faremo”. Sul piano individuale, ha ammesso che il torneo dei sogni è Wimbledon (“Anche se vincere a Roma sarebbe fantastico”). Il tutto senza dimenticare gli avversari: in questo momento, la classifica dice che i più forti sono Djokovic e Alcaraz. “Non sarebbe bene copiarli, siamo tutti diversi. Carlos è fantastico, ma devo pensare solo a me stesso e non guardare troppi gli altri. Di certo vincerà altri Slam, così come Novak. Io sto lavorando duro per provare ad avvicinarmi a loro”. Non dice che ha già battuto lo spagnolo in finale ad Amburgo, e che ha scippato due set al serbo sul Centrale del Roland Garros. Oltre all'educazione, possiede anche il valore della modestia. Ecco, magari non chiamatelo Lolo.