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COLPO DI SCENA

L'ultima speranza di Binaghi (e gli altri)

Con una mossa a sorpresa, il Governo non accontenta i presidenti federali in scadenza: la Legge sui tre mandati rimane in vigore in attesa della Corte Costuzionale, il cui pronunciamento è già calendarizzato il 5 luglio... giorno del compleanno di Angelo Binaghi. Siamo a un bivio: o “tutti a casa” o nuove speranze per i presidenti in carica da decenni.

Riccardo Bisti
16 giugno 2023

Giorni convulsi. Colpi di scena. Speranze, rimandi, delusioni, qualcuno ha persino parlato di “tradimento”. Alla fine è arrivata una non notizia – e non è detto che per loro sia positivo – per i tanti presidenti federali in scadenza nel 2024: per ora la Legge non si tocca, sarà la Corte Costituzionale a pronunciarsi. In ballo tanti pezzi grossi dello sport italiano, tra cui Angelo Binaghi, al vertice della FITP (ex FIT) dalla celeberrima assemblea di Fiuggi, nel dicembre 2000. E l'ingegnere cagliaritano, al pari di tanti colleghi (amici e meno amici), vorrebbe andare avanti a dispetto di una norma che gli impedirebbe di candidarsi alle prossime elezioni. La storia è nota: la famosa legge 8-2018 impedisce la (ri)candidatura per chi è in carica da tre o più mandati. Al suo interno c'era una norma transitoria che consentiva un mandato in più, puntualmente sfruttata da Binaghi e tutti gli altri. Da oltre un anno, tuttavia, sono in atto manovre per cercare di scardinarla e permettere ai presidenti di restare in sella (tra loro gli eterni Sabatino Aracu e Luciano Rossi, poi i pezzi grossi Paolo Barelli, Franco Chimenti e Gianni Petrucci, anche se quest'ultimo ha già detto che non si ricandiderà). Il primo tentativo – che poi è rimasto l'ultimo appiglio – è partito proprio dal tennis. E sarebbe interessante sapere (ma difficilmente ce lo diranno) se Roberto Pellegrini ha agito di sua iniziativa, oppure è stato imbeccato da qualcuno nei suoi ricorsi contro l'incandidabilità al Consiglio del Comitato Regionale della Toscana. Diniego dettato dal rispetto della legge in vigore.

Quella che noi abbiamo definito tenacia processuale ha trovato soddisfazione in un pronunciamento del TAR del Lazio, che ha rimandato alla Corte Costituzionale il tema. E sarà proprio la Consulta, il prossimo 5 luglio (giorno del 63esimo compleanno di Binaghi), a stabilire se la Legge è in linea o meno con i principi costituzionali. Ancora un mese di suspense, dunque, perché i presidenti – forse temendo un pronunciamento sfavorevole – hanno iniziato un pressing definito asfissiante sulla politica, chiedendo una modifica della Legge prima che la Consulta stessa potesse pronunciarsi. Soltanto pochi giorni fa sembrava che ce l'avessero fatta. Via la regola sui mandati, in cambio una democratizzazione di norme e statuti federali. Si era parlato di una maggioranza qualificata da ottenere per i presidenti in carica (66% contro l'attuale 55%, peraltro con uno scontro se la percentuale dovesse essere calcolata sul totale degli aventi diritto o sugli effettivi votanti), poi qualcuno aveva sussurrato dell'eliminazione delle deleghe e magari la cancellazione delle norme che limitano l'accesso alle candidature (la necessità di sottoscrizioni per potersi candidare: sul punto, la FITP è tra le più severe). Modifiche secondarie, certamente fastidiose per chi detiene il potere, ma pienamente accettabili in nome della concessione più importante: la possibilità di candidarsi a vita.
Ubi maior minor cessat, dicevano i latini.

La conferenza stampa post Consiglio dei Ministri. Andrea Abodi si pronuncia sul tema dei presidenti federali al minuto 37.18

«Avrete notato l'assenza della norma che riguarda i mandati. Abbiamo deciso di ritirarla in ossequio alla Consulta, aspettando il suo pronunciamento nei primi giorni del mese di luglio. Dopodiché sarà nostra cura prendere le opportune determinazioni» 
Andrea Abodi

Silvana Sciarra presiede la Corte Costituzionale dal 20 settembre 2022. Alle sue spalle, il Collegio 

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Ma poi c'è stato un primo colpo di scena: nella bozza del Decreto Legge, che ha nel suo regista il Ministro dello Sport Andrea Abodi, è comparsa una parola che ha fatto storcere il naso ai presidenti. Tre mandati consecutivi. Una singola parola che nel 2024 avrebbe costretto tutti a lasciare la poltrona. Ogni presidente non avrebbe potuto svolgere più di tre mandati di fila (12 anni), salvo poi potersi ripresentare dopo quattro anni alla finestra. Traduzione: i presidenzi in scadenza avrebbero dovuto lasciare spazio nel 2024, salvo poi riprovarci nel 2028. Ma chi conosce la politica sportiva sa quanto sia difficile rientrare nei palazzi dopo esserne usciti. Senza contare che chiunque entrerà non avrà certo voglia di lasciare dopo appena quattro anni, anche se si tratta di persone di apparente fiducia del presidente uscente. Insomma, una soluzione che aveva fatto mugugnare più presidenti, al punto che un articolo sul Corriere dello Sport aveva aperto con un virgolettato molto chiaro, sia pure non attribuito. “Siamo stati traditi”.

Lo stesso articolo ipotizzava che dietro questa retromarcia ci fosse Giancarlo Giorgetti, Ministro di Economia e Finanze. Non sappiamo se fosse vero e non è importante, mentre è certo che Andrea Abodi fosse in principio contrario alle concessioni extra per i presidenti. L'aveva detto pubblicamente in tempi non sospetti, pare che agli stessi avesse ribadito: “Voi non siete proprietari delle federazioni”. Eppure sembrava che lo avessero convinto a fare marcia indietro... fino al colpo di scena finale, racchiuso in appena 20 secondi durante la conferenza stampa post Consiglio dei Ministri, tenutasi nella serata di giovedì. "Per chi ha seguito la vicenda, noterete l'assenza della norma che riguarda i mandati. Abbiamo deciso di ritirarla in ossequio alla Consulta, aspettando il suo pronunciamento nei primi giorni del mese di luglio. Dopodiché sarà nostra cura prendere le opportune determinazioni, prendendo però atto delle determinazioni della Consulta"

Se la legge attuale dovesse essere modificata, Angelo Binaghi potrebbe concorrere per il settimo mandato (Foto Francesca Grana / FITP)

Angelo Binaghi e Andrea Abodi durante gli Internazionali BNL d'Italia (Foto di Adelchi Fioriti)

Per chi le sa interpretare, le parole di Abodi sono potentissime: dopo aver tentennato, persino con una bozza, il Governo ha detto “no” ai presidenti. Volendo provare a tradurle: “Non scendiamo a compromessi con richieste che non condividiamo, da adesso in poi il nostro interlocutore sarà la Corte Costuzionale”. Lo scenario, adesso, è molto semplice: niente accordi politici, ma attesa fino al 5 luglio, quando la Consulta (in udienza pubblica, relatrice Daria de Pretis) deciderà se la Legge 8-2018 può restare così com'è, oppure se le obiezioni di Andrea Panzarola e Claudia Pezzi (gli avvocati di Roberto Pellegrini), ritenute valide dal TAR, saranno sufficienti a spingere verso una modifica alla Legge. Insomma, sarà un compleanno molto particolare per l'attuale presidente FITP: allo stesso modo potrebbe dargli un enorme sollievo o una delusione altrettanto grande. Come vi abbiamo già detto, a capo della Corte Costituzionale non c'è più quel Giuliano Amato che è appassionato tennista e – ai tempi in cui i ricorsi di Pellegrini prendevano forma – si pensava che potesse avere un atteggiamento più disponibile verso le richieste. Oggi Amato non la presiede più, e non si conosce l'orientamento dell'attuale presidente Silvana Sciarra. Ad ogni modo, la questione è piuttosto semplice. Ci sono due scenari possibili.

- La Consulta stabilisce che la Legge va bene così com'è, dunque Binaghi non potrebbe più ricandidarsi e uscire dalla scena della politica sportiva. Terminerebbe anche l'esperienza di diversi membri del Consiglio Federale, alcuni dei quali hanno condiviso l'avventura insieme a lui: Gianni Milan, Isidoro Alvisi, Raimondo Ricci Bitti, Graziano Risi e Roland Sandrin. Praticamente tutti i componenti dell'attuale Consiglio di Presidenza. Tutti tranne... Chiara Appendino.
- La Consulta vede effettivamente punti di incostituzionalità nella Legge. A quel punto invierebbe ai legislatori le basi e i principi per modificarla. In quel caso ci sarebbe una battaglia: da una parte il Governo non sembra troppo disposto a venire incontro ai presidenti, dall'altro loro avrebbero l'enorme spinta di un pronunciamento favorevole e potrebbero “forzare” in quel senso. È pacifico che una nuova Legge permetterebbe loro di restare sulla scena, ma è troppo presto per ipotizzare in che modo.

Comunque vada, è uno snodo cruciale nella storia della politica sportiva italiana. Non è questa la sede per stabilire se sia stato un bene o un male, ma è chiaro che è sempre stata contraddistinta da un certo immobilismo e figure che hanno ricoperto ruoli di primo piano per decenni. Un fenomeno talmente evidente da accendere persino l'interesse di un'opinone pubblica solitamente sonnolenta. Lo sport italiano (e dunque anche il tennis) è a un bivio: andare avanti così o favorire il ricambio?