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Jennifer Capriati e quel delirio collettivo da non dimenticare

Esattamente 30 anni fa, ancora prima del quattordicesimo compleanno, Jennifer Capriati esordiva nel circuito professionistico. Il primo match, a Boca Raton, fu un evento di costume. Centinaia di giornalisti raccontarono ogni suo singolo respiro. Lei ripagò arrivando in finale, ma poi...

Riccardo Bisti
6 marzo 2020

Il torneo si chiamava “Virginia Slims of Florida”, ma in tutto il mondo fu definito “Virginia Slims of Capriati”. Era il 6 marzo 1990, esattamente trent'anni fa. In Italia si faceva il conto alla rovescia per i Mondiali di Calcio in casa, mentre Napoli e Milan mettevano in scena un appassionante testa a testa per lo scudetto. Nel tennis, il numero 1 del mondo era un Ivan Lendl ormai vicino al crepuscolo, mentre tra le donne il dominio di Steffi Graf iniziava a scricchiolare con l'arrivo di Monica Seles. Eppure, in quel 6 marzo 1990, gli occhi erano tutti su Boca Raton. Con uno strappo alle norme WTA, Jennifer Capriati poté giocare il suo primo torneo professionistico. Aveva 13 anni, 11 mesi e 8 giorni: secondo i regolamenti, non avrebbe potuto farlo prima di compiere 14 anni, ma i successi junior (l'anno prima aveva vinto Roland Garros e Us Open) e la pressione dei media, che le avrebbero dedicato addirittura la copertina di Sport Illustrated, spinsero a una modifica decisiva: “Si può giocare anche prima del compimento dei 14 anni, a patto che il torneo si giochi nello stesso mese del compleanno”. Perfetto: Jennifer era nata il 29 marzo 1976. Il delirio era iniziato la settimana precedente: la Capriati ricevette talmente tante richieste di interviste che furono costretti a organizzare una conference call con una trentina di guardoni di professione. E poi, in quel fatidico 6 marzo, al Polo Club di Boca Raton stazionavano un centinaio di giornalisti, compresi quelli che arrivavano da Germania, Argentina, Jugoslavia, Portogallo e chissà quanti altri Paesi. In precedenza, ABC era andata a trovarla nella sua casa di Saddlebrook, Florida, mentre NBC le diede uno spazio su “Today Show” e chiese di poter riprendere un suo allenamento, ma per quello non ci fu niente da fare. Prima dell'esordio contro Mary Lou Daniels, la baby-prodigio si rilassava nella club house guardando una replica de “La Donna Bionica”. Con lei, a proteggerla dalle interferenze, papà Stefano, mamma Denise e il fratello Steven (con il quale condivideva la suite). Vinse 7-6 6-1, in un delirio di entusiasmo. Sugli stessi campi su cui era cresciuta la Evert, con lo stesso Jimmy Evert a bordocampo (padre di Chris, l'aveva iniziata al tennis quando aveva 4 anni), gli americani pensarono di aver trovato la nuova numero 1, l'antidoto al dominio europeo, sublimato da Steffi Graf. “La tedesca tira forte, ma Jennifer è su quei livelli” esalò la Daniels, all'epoca numero 110 WTA. Di quella bambina sballottata nel mondo degli adulti colpì l'incapacità di avvertire la pressione, che pure era enorme perché le fecero giocare anche il doppio insieme alla 46enne Billie Jean King (persero al secondo turno contro Schultz-Temesvari) e Mary Carillo, alle prime esperienze come giornalista, disse che Jennifer “è nata per giocare a tennis”.

"Al Polo Club di Boca Raton stazionavano un centinaio di giornalisti. In precedenza, ABC era andata a trovarla nella sua casa di Saddlebrook, Florida, mentre NBC le dedicò uno spazio su 'Today Show'"

Boca Raton 1990: le ultime fasi della finale tra Jennifer Capriati e Gabriela Sabatini

Mi piace lottare – raccontava la Capriati – e quando la folla entra in partita, lo faccio anch'io”. Si sarebbe ripetuta altre quattro volte, fino alla finale. Una dopo l'altra, batté Claudia Porwik (n.34 WTA), Nathalie Tauziat (16), Helena Sukova (10) e Laura Gildemeister (21). L'avventura sarebbe terminata contro Gabriela Sabatini, che fece valere la sua esperienza e la capacità di muoverla da una parte all'altra del campo. “Ma ho dovuto giocare il mio miglior tennis per batterla. Presto sarà in cima”. Dissero che Jennifer era la nuova Evert, anche per la suggestione di papà Jimmy: vent'anni dopo la figlia, aveva forgiato un'altra baby campionessa. In quei giorni, “Chrissie” pensò bene di andare a sciare ad Aspen per non caricarla di ulteriori pressioni, ma le mandò un telegramma d'auguri alla vigilia e la chiamò al telefono ogni giorno. Come se non bastasse, il suo manager (per conto dell'onnipresente IMG) era il 28enne John Evert, fratello minore di Chris. Era stato l'artefice del maxi-contratto con Diadora: tre milioni di dollari in tre anni, che però prevedeva sostanziosi bonus in funzione dei risultati. “Ma state tranquilli, non la sovraccaricheremo di impegni – diceva – in questo momento deve pensare a sviluppare il suo tennis, non la manderemo certo in giro a vendere prodotti”. E lei? Ancora bambina, animata dall'ingenua incoscienza di chi non sa bene cosa le sta succedendo, visse quella settimana in modo un po' naif. Si alzava a mezzogiorno, si allenava su campi privati, lontano da occhi indiscreti, e nel tempo libero telefonava agli amici, oltre a ricevere via fax (ma esistono ancora?) i compiti a casa. Per il resto, non leggeva i giornali ma rimaneva sveglia fino a tardi, in preda all'eccitazione della prima volta. Prima di affrontare la Tauziat, le chiesero se era un problema affrontare al numero 16 del mondo. “Ah, non è la n.16 del seeding? - rispose – Mah, i numeri non avrebbero importanza nemmeno se giocassi contro la Graf”. Durante i quarti contro la Sukova, in tribuna ad ammirarla c'era anche la leggenda NBA Wilt Chamberlain. In realtà ebbe un po' di fortuna perché, dopo aver vinto il primo set, la pioggia interruppe il gioco sul 4-3 per la Sukova nel secondo, in un momento di difficoltà. Al ritorno in campo, si aggiudicò dodici dei quindici punti successivi e vinse la partita. “L'avevo vista giocare, sapevo che era forte – disse un'esterrefatta Sukova – ma non pensavo che avrebbe mantenuto il ritmo per tutta la partita”. Come detto, l'avventura si sarebbe bloccata in finale contro la Sabatini, ma il meglio sarebbe arrivato da lì a breve. La Capriati avrebbe raggiunto la finale in due dei primi tre tornei giocati, si sarebbe spinta in semifinale al Roland Garros e due anni dopo avrebbe ottenuto una storica medaglia d'oro a Barcellona 1992.

Boca Raton, 1990: Jennifer Capriati travolta da obiettivi e telecamere
"Ho dovuto giocare il mio miglior tennis per batterla, ma presto la vedremo in cima"
Gabriela Sabatini, 11 marzo 1990
L'oro olimpico a Barcellona 1992: il punto più alto della "prima" carriera di Jennifer Capriati

Una favola apparentemente perfetta, che invece si sarebbe bruscamente interrotta in tarda adolescenza. Dopo l'eliminazione al primo turno dello Us Open 1993, si sarebbe parlato di lei per le vicissitudini extra-tennistiche che la portarono ad essere arrestata per furto di bigiotteria e consumo di marijuana. Si sarebbe ripresa anni dopo, vincendo addirittura tre Slam in singolare. Tuttavia, il caso Capriati avrebbe segnato un “prima” e un “dopo” nella storia del tennis femminile. Scottata dalla sua esperienza, una “gioventù bruciata” in salsa tennistica, la WTA adottò una serie di restrizioni per le adolescenti con l'ambizione di diventare professioniste: un razionamento dei tornei tra i 14 e i 18 anni di età, in modo da accompagnarne la crescita in modo graduale. Le ultime a sfuggire alla regola, prima che entrasse in vigore, furono Martina Hingis e Venus Williams. Le norme sono tornate alla ribalta qualche tempo fa, con l'avvento di Coco Gauff. Come la Capriati era considerata una nuova Evert, per lei si parla di un futuro da Serena Williams. Ci sono state infinite polemiche sulle restrizioni che ha dovuto patire, ma ormai ha il via libera: tra una settimana (il 13 marzo) compirà 16 anni e potrà giocare sedici tornei, più le Olimpiadi e le (ipotetiche) WTA Finals. Una programmazione “full”, visto che la numero 1 del mondo Ashleigh Barty ha giocato diciassette tornei. Non ci sono grossi dubbi sul suo futuro, ma sarebbe bene se qualcuno le ricordasse quanto accaduto alla Capriati. Il passato è lì, a darci insegnamenti su come affrontare il presente. In quel marzo 1990, mentre Pam Shriver diceva che era il momento giusto per la nascita di una nuova stella, un'entusiasta Evert sosteneva che Jennifer avrebbe potuto chiudere il 1990 tra le prime dieci, e che aveva le carte in regola per essere una numero 1 nel decennio appena iniziato. Azzeccò la prima previsione, avrebbe drammaticamente sbagliato la seconda. Genitori, coach e chiunque veleggi attorno a una giovane promessa dovrebbe ricordare la storia di Jennifer Capriati. Una storia che raggiunse l'apice della sua follia il 6 marzo 1990. Esattamente trent'anni fa.

La storica copertina di Sports Illustrated dedicata a Jennifer Capriati
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