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WIMBLEDON

Il sogno segreto del Loko(li)

Laurent Lokoli firma la favola delle qualificazioni: dopo una carriera sgangherata, ha trovato se stesso grazie al coach che aveva addomesticato Benoit Paire. Si era ritirato dopo una mancata wild card a Parigi, oggi festeggia il main draw a Wimbledon. E chissà che non riesca a realizzare un sogno... di cui non vuole parlare.

Riccardo Bisti
30 giugno 2023

Laurent Lokoli non ha giocato sull'erba per oltre dieci anni. Troppi alti e bassi, montagne russe emotive che si traducevano in una classifica deficitaria, gli avevano impedito di giocare un solo torneo professionistico sui prati. Poi ha giocato i Challenger di Nottingham e Ilkley, con risultati che non alimentavano chissà quali speranze per le qualificazioni di Wimbledon. E invece il “Loko” ha vinto tre partite e potrà varcare, con il pass al collo, i cancelli di Church Road. “Non so cosa dire, avevo sempre perso i match di cinque set, oggi è stata la mia prima vittoria – ha detto, trattenendo le lacrime, dopo la vittoria contro Michael Mmoh – sono una persona piena di passione, c'era la mia fidanzata, il mio coach, il pubblico era per me... Nella mia carriera ho avuto tanti infortuni, all'inizio spaccavo racchette, ero immaturo, adesso sono cresciuto come persona e oggi è il giorno in cui tutto ha pagato”. Nelle ultime fasi della partita è entrato in confusione: “C'erano due persone nella mia testa, un conflitto interiore... ma alla fine ha vinto quello buono”. È un bel tipo, Laurent Lokoli: doveva essere il nuovo Monfils, il nuovo Tsonga, invece la sua carriera si è snodata tra drammi interiori e una caterva di infortuni che gli avevano appiccicato l'etichetta di eterno incompiuto, incapace di entrare persino tra i primi 200.

Come se l'avventura al Roland Garros 2014 dovesse restare il punto saliente della sua carriera. Aveva 19 anni, si era qualificato e per poco non batteva Steve Johnson. Ebbe un'esplosione di popolarità, sublimata dal balletto con Gael Monfils sul Philippe Chatrier, sotto la pioggia, sulle note della musica sparata da Bob Sinclair. I francesi erano entusiasti di quel ragazzo così aperto, spontaneo, perfetto per costruirci un personaggio. E poi la provenienza: lui viene dalla Corsica e – come ogni isolano – è fiero delle sue origini. Non a caso è un tifoso scatenato dell'SC Bastia, che dopo i fasti di tanti anni fa gioca nella Serie B francese. Il calcio è stata un'opzione quando era un bambino: non poteva essere altrimenti, visto che papà Dominque è stato un ottimo calciatore negli anni '70 e '80 con Paris Saint Germain, Nancy, Auxerre e Reims. Però lui ha scelto il tennis e all'età di undici anni è finito sotto l'ala protettiva della federtennis francese, che per anni gli ha pagato coach, preparatore atletico, fisioterapista e le spese vive. Però lui è una persona complessa. “Mi identifico molto in Kyrgios e Paire, gente che fatica a gestire la solitudine nel circuito – racconta – io ho sofferto molto e i miei infortuni nascevano dalle difficoltà interiori”.

La gioia sfrenata di Laurent Lokoli dopo la qualificazione a Wimbledon

Lo sapevi che...

In dieci anni di professionismo, Laurent Lokoli non aveva giocato neanche un torneo sull'erba. Da junior, tuttavia, ne aveva giocati tre. Nel 2012 colse la finale proprio a Roehampton, laddove ha festeggiato la qualificazione a Wimbledon. Lungo il percorso batté Mackenzie McDonald, Kaichi Uchida e addirittura Nick Kyrgios. Perse in finale contro Kimmer Coppejans, pure lui qualificatosi per i Championships 2023.

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Si spiega così una carriera indecifrabile, almeno fino a quando ha trovato la persona giusta, quel Lionel Zimbler che lo ha saputo capire, tirandolo fuori da un ritiro de facto. Reduce da un buonissimo 2019, in cui aveva vinto tre tornei (tra cui il 25.000 di Ajaccio, l'evento più importante della Corsica, a cui tiene molto), Lokoli ha patito il periodo di lockdown. Poi ricevette una telefonata dalla federazione: “Hai una wild card per il Roland Garros”. Gioia sfrenata, chiamate ai parenti, hotel prenotato... I voli erano tutti pieni, ma tramite un amico riuscì a trovarne uno. Una volta arrivato a Parigi, ricevette una seconda telefonata. “Ci dispiace, la tua wild card non c'è più. Forse se c'è un ritiro...”. Lui la prese malissimo, ma scelse di non fare baccano mediatico. “Sarebbe stato inutile parlarne, poi c'era il Covid...” ricorda, memore di quanto accadde tre anni prima, quando non strinse la mano a Martin Klizan, reo (a suo dire) di aver simulato un infortunio per tutta la partita. Era stata l'ultima volta in cui si era preso le prime pagine, e non certo per i motivi che sperava. Così scelse il basso profilo, ma iniziò a porsi delle domande. “Mi sono chiesto se volessi andare avanti, poi a ottobre ho preso la decisione: basta tennis, volevo stare più tempo con la mia famiglia. Per sei mesi non ho fatto niente, poi la passione è tornata all'improvviso”.

Aveva scelto di dire basta dopo appena dieci giorni di lavoro con Zimbler. “Non mi era mai capitata una cosa del genere” gli disse il coach, che accettò di tenerlo nel suo staff e gli fece allenare alcuni giovani. “Ma poi ho pensato che tra dieci anni non mi sarebbe piaciuto avere rimpianti – ammette Lokoli – mi sono domandato cosa mi rende felice, e ho capito che è il tennis. Voglio lottare per i miei sogni, sono un testardo. La storia non è finita”. È ripartito per l'ennesima volta, quella buona. Nel 2022 ha vinto cinque titoli, portandosi a ridosso dei top-200 ATP. Quest'anno ha raggiunto la sua prima finale Challenger, a Noumea: l'ha persa contro Raul Brancaccio dopo aver avuto un matchpoint... che pensava di aver vinto. Poi è andato in Australia, si è qualificato e ha perso al primo turno contro Michael Mmoh... che era entrato come lucky loser. Un'altra partita folle, in cui ha avuto un matchpoint. Per questo, battere lo stesso avversario, di nuovo in cinque set, ha un sapore speciale. “Nell'aprile del 2021 mi sono trasferito a Marsiglia da Lionel Zimbler e ho trovato l'ambiente giusto per me. Oltre a lui, ci sono Martin Vaisse e Ralph Boghossian. Il mio rimpianto è non averli conosciuti quando avevo 18-20 anni. All'epoca ero testardo, pensavo di sapere tutto, mente loro mi avrebbero portato sulla retta via. Però ho un pregio: sono una persona resiliente”.

Lokoli ha trascorso buona parte della sua carriera nell'inferno dei tornei ITF, da lui definiti "giungla"

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Laurent Lokoli aveva attirato l'attenzione dei francesi sin da quando aveva 9 anni

Vero, perché non è facile tirarsi su dopo infinite cadute. Come nel 2018, quando fu costretto a chiudere un progetto a cui teneva moltissimo: era tornato in Corsica e aveva provato a mettere in piedi un'accademia, selezionando uno staff di persone di livello. “Ci credevo molto, volevo sviluppare il tennis nella mia terra e viverci dopo che ero andato via a 11 anni... ma ci furono tante parole e pochi fatti”. Il progetto durò un anno, poi terminò per mancanza di fondi. E così scelse di andare in Spagna, un po' alla cieca, in una delle tante accademie di Barcellona. Per la verità i risultati sono arrivati, ma poi la pandemia e l'episodio del Roland Garros 2020 lo avevano ricondotto ai margini. Quando ha scelto di ripartire, si è trovato ancora una volta nell'inferno dei tornei ITF, in quella che lui definisce una giungla. “A Monastir c'è un vento tremendo. Nel 2022 ho giocato tre tornei in Sardegna (a Santa Margherita di Pula, ndr) e ne ho vinti due, ma le condizioni sono dure: cattivi rimbalzi, palle gonfie, poca disponibilità di campi di allenamento...”.

Ma in Sardegna si trova bene, forse perchè ritrova quell'orgoglio territoriale ben radicato in Corsica, di cui è un fervido rappresentante. Forse è proprio questo a rendere Lokoli così simpatico: è un essere umano con le sue debolezze, e non si vergogna a mostrarle. Nel tennis non è sempre una buona idea, perché si rischia di dare un vantaggio agli avversari. Ma lui è fatto così: Spontaneo, sincero, vero. E allora la sua qualificazione a Wimbledon è una bella notizia. “Sapete una cosa? Da tanto tempo ho un sogno nel cassetto, però non ne voglio parlare – racconta con un sorriso che vorrebbe essere furbetto – se un giorno lo realizzerò ve lo dirò. È molto ambizioso, se lo dico in molti rideranno di me. Forse hanno ragione, ma sono convinto di farcela. Ne parlerò se mi avvicino. È bello poter sognare, è il mio motore. Però sono consapevole che il tennis è fatto di piccoli obiettivi quotidiani”. Dopo anni di gioie a intermittenza, come le luci psichedeliche di una discoteca, il “Loko” sembra aver premuto l'interruttore giusto. A 28 anni e mezzo, sarà ancora in tempo per rivelare il suo sogno segreto?