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ROLAND GARROS

Il meglio e il peggio del Roland Garros 

Non solo i trionfi di Rafa Nadal e Iga Swiatek: tante vicende (non tutte positive) hanno reso indimenticabile il Roland Garros appena concluso: riavvolgiamo il nastro e prendiamoci qualche cartolina. Con un ricordo per Gianni Clerici.

Riccardo Bisti
8 giugno 2022

La necessità di ricordare Gianni Clerici nel giorno della sua scomparsa ha fatto tardare di 24 ore l'articolo conclusivo sul Roland Garros 2022. Una carrellata in cui abbiamo provato a fotografare il torneo in modo diverso rispetto a quello che si è letto e visto un po' dappertutto. Ed era inevitabile (anzi, doveroso) dedicare un punto al mitico Scriba.

VAJDA CONTRO DJOKOVIC, TONI CONTRO NADAL – Alzi la mano chi l'avrebbe mai immaginato. Al secondo turno, Marian Vajda era all'angolo del suo nuovo allievo (Alex Molcan) nel match contro Novak Djokovic. Dopo quindici anni insieme, è bastato attendere tre tornei per vederli uno contro l'altro. E lo slovacco ha fatto una buona figura. Ancora più imbarazzante la posizione di Toni Nadal, che da un annetto segue Felix Auger-Aliassime: quando il canadese ha sfidato il nipote negli ottavi, ha scelto la soluzione democristiana: un posto in tribuna presidenziale, accanto a Mansour Bahrami. Ma a inizio quinto set non ha retto e ha abbandonato la tribuna. Sarà stato felice dell'esito?

RISSA SCANDINAVA – Soltanto qualche anno fa, chi avrebbe mai immaginato un quarto di finale Slam tra un norvegese e un danese? E che il match sarebbe terminato quasi a botte? Holger Rune ha un futuro da anti-personaggio, Casper Ruud è il ragazzo della porta accanto. A sentire il danese, tuttavia, si sarebbe comportato male per tutta la partita e poi – una volta negli spogliatoi – gli avrebbe sguaiatamente esultato in faccia. A chi credere? Di certo, nel cuore della partita Rune aveva intimato a mamma Aneke di abbandonare la tribuna. Danimarca e Norvegia sono tra i Paesi con la migliore qualità della vita, ma quando perdono la tramontana... Ma a noi va benissimo: anzi, speriamo che si affrontino di nuovo.

IL CROLLO DI DJOKOVIC – “Se mangi come me, vincerai il Premio Nobel” disse una volta il serbo al compianto Gianni Clerici. Proprio in virtù della sua maniacale preparazione, un'attenzione quasi ossessiva a quello che entra nel suo corpo, ha sorpreso il crollo atletico durante il quarto contro Rafa Nadal. Avanti 5-2 e poi con due setpoint sul 5-3, era già boccheggiante. Come se il suo corpo – per la prima volta in oltre quindici anni – lo abbia abbandonato nel momento del bisogno. La prestazione di Nadal ha un po' spento i riflettori sul serbo, ma gli ultimi game della sua partita hanno visto accendersi una spia inedita nel suo cruscotto. “Ho buone sensazioni per Wimbledon” dice coach Ivanisevic. Ok, ma non ci sono troppi giorni per fare il tagliando...

LO SGUARDO DI IGA SWIATEK.... - Quando ha visto Robert Lewandowski in tribuna. Probabilmente è lo scatto del torneo, se non altro quello di Nadal con la coppa in mano è quasi venuto a noia. La polacca ama il calcio, ma non era andata a vedere la finale di Champions League per non modificare la sua routine. “Magari tra 2-3 anni me lo potrò permettere”. Il destino ha voluto premiarla con un bel successo: secondo Slam, sesto torneo di fila, nono in carriera, 35 vittorie consecutive. La regina del tennis è lei, speriamo che non cambi. E per fortuna nel photoshooting post-vittoria l'hanno vestita meglio di due anni fa...

Hanno massacrato la povera Amelie Mauresmo, neodirettrice del torneo, per la gestione della Night Session. I capi d'accusa principali sono due: 1) Perché vengono collocati quasi solo gli uomini? 2) Si finisce troppo tardi.
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Gli imbarazzi di Jannik Sinner dopo il ritiro contro Rublev

L'IMBARAZZO DI JANNIK SINNER – Già triste per il ritiro durante il match contro Andrey Rublev, il baby azzurro ha vissuto la più difficile conferenza stampa della sua giovane carriera. Vincenzo Martucci gli ha chiesto se avrebbe dato un colpo di telefono a Dalibor Sirola per cercare di venire a capo dei continui problemi fisici. “Non mi aspettavo questa domanda, di sicuro ci vogliamo bene... vedremo” ha detto un imbarazzato Sinner, i cui problemi fisici dopo la separazione con clan Piatti sono diventati un problema. E la recente intervista dell'ex osteopata Claudio Zimaglia ha gettato ulteriore benzina sul fuoco.

IL SET PERSO DALLA SWIATEK – Qinwen Zheng ha iniziato a giocare a tennis nel mito di Na Li, che proprio a Parigi vinse il suo primo Slam. I cinesi pensano che l'erede della Li (a proposito, il film su di lei a che punto è? Ne parlano da anni...) sia proprio lei. Anche se non brilla per coraggio (“Non so nulla sul caso di Shuai Peng, per questo non posso rispondere”), la gigantessa di Shiyan, allieva di Pere Riba, sembra un bel prospetto. Contro la futura vincitrice ha giocato un primo set da campionessa, vincendolo dopo un'ora di spallate. Non si fosse fatta male a una gamba, se la sarebbe giocata fino alla fine. E poi Iga aveva con sé gli appunti magici...

CIAO JO – Chissà se Jo Wilfried Tsonga aveva immaginato così il suo ultimo match. Ha giocato benissimo contro il futuro finalista e forse lo avrebbe trascinato al quinto. Sul più bello, la sua spalla ha fatto crack e il tie-break finale è stato un diluvio di malinconia. Ma i francesi sono bravissimi a celebrare i loro eroi, così gli hanno fanno passare la delusione con una celebrazione di trenta minuti, in cui hanno fatto passerella sul campo tutte – ma proprio tutte – le persone più importanti della sua vita. Crediamo che sia tornato a casa soddisfatto. Se la Francia non produce più campioni, non è certo colpa sua: adesso proverà a pensarci lui, dedicandosi anima e corpo all'accademia multisede creata insieme a Thierry Ascione.

LA FAVOLA DI LEOLIA – L'assenza di francesi nella seconda settimana non fa neanche più notizia. Però qualcosa si vede: non tanto per il successo in doppio di Garcia-Mladenovic, ma per la vittoria di Gabriel Debru nel torneo junior. Nella prima settimana hanno scritto belle storie, ma la più emozionante è stata quella di Leolia Jeanjean. Da ragazzina era la Gasquet in gonnella (una condanna, più che un privilegio), poi si è fatta male ed è fuggita negli Stati Uniti, laddove ha preso tre titoli di studio ma aveva perso il ritmo dell'atleta. Ha scelto di riprovarci, anche a costo di ricorrere al Reddito di Cittadinanza francese. Ha ottenuto la wild card e ha passato due turni, con tanto di vittoria su Karolina Pliskova. Non risolverà i problemi del tennis francese, ma ci ha regalato una bella storia. Di quelle che troviamo solo negli Slam.

LA CAVIGLIA DI SASCHA ZVEREV – Ultim'ora: per sistemare i tre legamenti saltati, il tedesco si è sottoposto a intervento chirurgico. Ha preferito perdere qualche settimana in più e preservare il futuro, ma resta l'enigma: senza la storta, l'urlo e le lacrime, avrebbe vinto contro Nadal? Noi diciamo di no, perché la sua incapacità di sfruttare le situazioni favorevoli è stata inquietante lungo tutte le tre ore di gioco. Nella concitazione del momento, Nadal ha detto che vincerà più di uno Slam: noi non ne siamo troppo sicuri. E non dimentichiamo che ha rischiato di uscire al secondo turno contro il piccolo Sebastian Baez. E difficilmente batterà di nuovo Carlos Alcaraz in un match così importante.

IL DILEMMA DELLA SESSIONE SERALE – Hanno massacrato la povera Amelie Mauresmo, neodirettrice del torneo, per la gestione della Night Session. I capi d'accusa principali sono due: 1) Perché vengono collocati quasi solo gli uomini? 2) Si finisce troppo tardi. In realtà, il problema è di natura culturale: a Parigi non sono ancora abituati alla dinamica di un torneo notturno. Prendiamo Us Open e Australian Open. Da loro, la sessione serale inizia alle 19 (o 19.30) e prevede due incontri, risolvendo alla radice il dilemma di genere. Quanto agli orari, è solo questione di abitudine: nessuno si è mai lamentato delle notti infinite di Melbourne e New York (salvo qualche giornalista). Parigi deve scegliere che strada prendere: imitare gli altri tornei o inventare una strada alternativa? A nostro avviso, le strade sono due: scimmiottare gli Slam extra-europei, anticipando la Night Session e proponendo due match. Così si risolverebbe la par-condicio tra uomini e donne. Al contrario, se il problema sono i match che si protraggono a orari da chat line, la soluzione è semplice: riportare l'inizio del programma sullo Chatrier alle 11 del mattino e anticipare alle 19.45 la sessione serale, ma avere il coraggio di far giocare solo gli uomini: neanche la femminista più incallita avrebbe da ridire di fronte alle logiche del business: "Signori, Amazon Prime investe molti soldi e preferisce i match maschili. Inoltre, il 3 su 5 garantisce uno spettacolo più lungo che giustifica il prezzo del biglietto".

LA DIVINA GABY – Se anche un sito generalista come Libero.it titola “L'indiscussa regina del Roland Garros” con una foto di Gabriela Sabatini, significa che la presenza di Gaby ha lasciato ancora una volta il segno. E pensare che Parigi evoca ricordi inquietanti per l'argentina, che nel 1993 perse un match incredibile contro Mary-Joe Fernandez, avanti 6-1 5-1 e con cinque matchpoint a favore. Nonostante abbia perso la finale del doppio delle leggende (in coppia con Gisela Dulko, contro le nostre Pennetta-Schiavone) ha incantato tutti con la sua classe e una bellezza senza tempo. 10 anni più anziana di tutte le avversarie, sembra possedere l'elisir dell'eterna giovinezza. E non è un caso che abbiano fatto giocare il match sul campo intitolato a un'altra Divina, quella Suzanne Lenglen che però non perdeva mai. Ma Gaby è affascinante anche per le sue fragilità.

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Nonostante abbia 52 anni, Gabriela Sabatini continua a incantare

Più che una grande impresa di Alcaraz, il match contro Ramos è stata una grande sconfitta del povero Albert...

I GRANDI PERDENTI DI SPAGNA – Dopo la sconfitta contro Sinner a Miami, il Direktor disse che Pablo Carreno Busta è il giocatore che pensa di poter perdere anche le partite già vinte. Sensazione confermata a Parigi: senza apparente spiegazione, si è sciolto nel quinto set contro Gilles Simon in un match terminato all'1 di notte, con soltanto qualche decina di ubriachi sul Simonne Mathieu. Con un po' di huevos in più, forse l'asturiano avrebbe vinto uno dei due Us Open in cui è giunto in semifinale. È meno forte di lui Albert Ramos Vinolas, ma la sua incapacità di vincere contro Carlos Alcaraz ha rasentato il patologico. Tutti hanno elogiato la garra del rivale (giusto), ma il suo suicidio è ancora più grave dopo che per quattro ore era stato perfetto nel disinnescare il futuro Re di Spagna. Ha 34 anni e da una botta simile potrebbe anche non riprendersi.

LA GENETICA DI MARIN CILIC - “Non ditelo a mia moglie, ma a inizio anno ho fatto un check medico e mi hanno detto che ho il fisico di un 25enne. Potrei andare avanti per altri dieci anni” ha detto Marin Cilic nel cuore del torneo. I risultati gli hanno dato ragione: prima semifinale a Parigi a quasi 34 anni e vittorie di prestigio contro l'Armata Russa (ma senza bandiera) Medvedev-Rublev. Non è troppo spettacolare, ma quando azzecca la giornata giusta è ancora molto competitivo. Non siamo convinti che il medico di cui sopra avesse ragione, perché contro Ruud ha finito la benzina dopo un set e mezzo, e gli ultimi due parziali sono stati un pianto. Però gli dobbiamo delle scuse: a fine 2020, quando non vinceva più una partita, disse che doveva ancora raggiungere il suo picco. Pensavamo fosse impazzito, invece aveva ragione lui.

IL ROVESCIO DI DIANE PARRY – Un paragrafo in onore di Gianni Clerici, che ha sempre sofferto la progressiva sparizione del rovescio a una mano. In campo femminile siamo ormai ai limiti dell'estinzione:tra le top-100 lo giocano soltanto in due: Viktorija Golubic (che ha 30 anni) e questa francesina del 2002, che peraltro lo esegue con bello stile. Si è tolta la soddisfazione di battere la campionessa in carica Barbora Krejcikova e giungere al terzo turno. Il tempo ci dirà fino a dove può spingersi, ma chiunque ami la tradizione farà il tifo per lei.

L'EDUCAZIONE DI LEYLAH FERNANDEZ – Il rapporto con papà Jorge deve essere ancora decodificato: da un lato la condanna alle flessioni per ogni errore in allenamento, poi però le lascia mangiare cioccolata o le concede una cena al McDonalds. Di certo la canadese è un esempio di comportamento, soprattutto in un tennis femminile pieno di giocatrici che marciano su infortuni veri o presunti. Nel quarto di finale contro Martina Trevisan era chiaramente menomata, ma non ha aperto bocca, non ha dato segnali di insofferenza, non ha cercato di destabilizzare l'avversaria. Ha semplicemente cercato di vincere con le (poche) armi a disposizione. È diversa dalle altre, non fosse perché gioca in religioso silenzio, senza grugnire a ogni colpo.

LA RICCHEZZA NON È UN REATO – Altro splendido torneo per Jessica Pegula. A 28 anni, ha raggiunto la piena maturità ed è in lotta per un posto alle WTA Finals (a proposito, quando ci diranno la sede?). Figlia di un uomo con un patrimonio di quasi 6 miliardi di dollari, si è appassionata al tennis prima di rendersi conto di essere così ricca. Se ne è accorta da adolescente, provando imbarazzo verso allenatori e compagne. Per questo si vergognava a organizzare sessioni di allenamento nei due campi da tennis nella maxi-villa di famiglia a Boca Raton. Pur potendosi permettere i migliori allenatori, ha scelto di essere una delle tante e mettersi alla prova. Ce l'ha fatta, costruendosi un tennis solido e una condizione atletica sorprendente per una giocatrice dal patrimonio genetico non straordinario. Ammirevole.

MARTINA BUM BUM – Si è parlato a lungo (e giustamente) della strada tortuosa che ha condotto Martina Trevisan verso il tennis professionistico. Oggi è una giocatrice affermata e la cavalcata parigina è il coronamento di una carriera che può darle ancora belle soddisfazioni. Il suo percorso ha ricordato quello di Mariano Puerta del 2005, vista la somiglianza dei due dritti. Vivaddio, i muscoli di Martina sono puliti, così come il suo sorriso. Col suo stile sarà sempre una terraiola, ma per restare stabilmente tra le top-30 / 40 / 50 dovrà raccogliere qualche punto in più sulle altre superfici. A oggi, ha vinto poche decine di partite nel circuito maggiore, quasi tutte sulla terra battuta. La prossima scommessa è ingrossare i numeri, e diversificarli. Si può fare.

RAFA 22 – L'abbiamo lasciato in fondo, perché su di lui (e i suoi numeri) si è scritto fin troppo. 14 Roland Garros, 22 Slam in tutto... Cosa si può aggiungere, senza cadere nell'agiografia o nella banalità? Ecco, niente.