The Club: Bola Padel Roma
WIMBLEDON

Il giusto approccio a Sinner-Djokovic

Un sorteggio (molto) fortunato ha permesso a Jannik Sinner di conquistare la sua prima semifinale Slam. Diversi “avvocati d'ufficio” hanno parlato di “impresa”, ma la verità è un'altra. La vera impresa sarebbe battere Novak Djokovic, anche se il pronostico è abbastanza sbilanciato. Jannik dovrà servire alla grande... e costruire da lì.

Riccardo Bisti
14 luglio 2023

Nel cuore degli anni '80, ferito nell'orgoglio, Brian Tobin scrisse un'appassionata lettera a Rino Tommasi per difendere la qualità e il prestigio dell'Australian Open. L'allora leader di Tennis Australia (che qualche anno dopo sarebbe stato eletto presidente ITF) aveva letto una delle più famose espressioni di Tommasi: a suo dire, l'Australian Open era la gamba zoppa del Grande Slam. Troppe assenze e vincitori non all'altezza, uniti all'infelice collocazione a fine anno, gli avevano fatto maturare questa convinzione. In effetti, altrove non sarebbe mai capitato di assistere a una finale tra Brian Teacher e Kim Warwick (1980) o tra Johan Kriek e Steve Denton (1981 e 1982). Tommasi non cambiò idea, il torneo (ancora sotto la presidenza Tobin) si ingegnò e gettò le basi per diventare il gioiello attuale: nel 1987 fu ricollocato a gennaio, poi l'anno successivo si spostò nell'attuale sede di Melbourne Park, cambiando superficie. E la storia è cambiata. L'antica asserzione di Tommasi torna d'attualità nel dibattito – particolarmente acceso – sul tabellone avuto da Jannik Sinner per giungere in semifinale a Wimbledon. Sui prati londinesi non era mai successo che un giocatore si spingesse così avanti senza affrontare nemmeno un top-70.

Neanche Darren Cahill e Simone Vagnozzi avrebbero disegnato un tabellone comodo come quello che ha proposto Juan Manuel Cerundolo, Diego Schwartzman, Quentin Halys, Daniel Galan e Roman Safiullin. È soltanto la nona volta che accade, nell'Era Open. Delle otto precedenti, sei si sono verificate all'Australian Open tra il 1973 e il 1982. Un altro indizio che sì, Tommasi aveva ragione. Le altre due “autostrade” sono arrivate al Roland Garros: nel 2020, l'edizione autunnale offrì a Nadal un tabellone molto semplice, almeno allora. Gerasimov, McDonald, Travaglia, Korda e lo stesso Sinner, che quel giorno era numero 75. Accadde qualcosa del genere a Ivan Ljubicic nel 2006. Il croato (che oggi commenterà Alcaraz-Medvedev su Sky Sport) non ha mai avuto troppa fortuna negli Slam: su 48 apparizioni, soltanto quattro volte ha superato lo scoglio della prima settimana, di cui tre a Parigi. Nell'anno della semifinale batté quattro terraioli puri (Berlocq, Hernandez, Monaco e Ramirez Hidalgo) più Julien Benneteau nei quarti. L'excursus storico serve a inquadrare il percorso di Sinner. Non bisogna avere timore nel dire – anche perché non c'è niente di male – che ha avuto parecchia fortuna. Jannik non si interessa a queste cose e non ha bisogno di avvocati d'ufficio, spuntati come funghi nelle ultime 72 ore per associare il termine “impresa” alle sue cinque vittorie.

Sinner-Djokovic sarà trasmessa in diretta su Sky Sport e NOW

Lo sapevi che...

Raggiungere una finale Slam senza affrontare top-70 ATP è un fatto molto raro, addirittura inedito a Wimbledon. Eppure siamo stati a un passo dal vivere qualcosa di ancora più clamoroso: nel 1991, Cristiano Caratti poteva conquistare la semifinale all'Australian Open senza incontrare neanche un top-100. Il piemontese superò Broderick Dyke (n.178), David Engel (118), Glenn Layendecker (146) e un giovane Richard Krajicek (allora n.113) prima di arrendersi in cinque set al numero 114 Patrick McEnroe. L'avesse spuntata, forse avrebbe avuto una carriera diversa. E di sicuro avrebbe firmato un'impresa irripetibile. 

ASICS ROMA

L'argomentazione preferita riguarda l'uscita di scena delle altre teste di serie nel suo spicchio di tabellone. “Che colpa può avere Sinner se gli altri hanno perso? Anzi, lui è stato bravo a non fare la stessa fine”. Come a dire che il tabellone era difficile, ma gli altri si sono auto-eliminati. Errore: la fortuna di Sinner (e noi lo avevamo scritto in tempi non sospetti, subito dopo il sorteggio) è stata proprio nel finire nello spicchio più debole. Le teste di serie “nobili” dalla sua parte erano Casper Ruud e Taylor Fritz. Non vale neanche la pena soffermarsi sul rapporto del primo con i campi in erba, mentre gli ultimi risultati dell'americano erano chiari. Due partite vinte tra Stoccarda, Queen's e Eastbourne lasciavano intendere uno stato di forma precario, evidenziato dalla sconfitta contro Mikael Ymer. Le altre teste di serie di quella zona (Evans, Nishioka, Coric, Bautista e Shapovalov) avrebbero comunque avuto poche chance contro Sinner. Ed è pacifico che il percorso di Jannik sarebbe stato ben più complicato se fosse finito in uno qualsiasi degli altri tre spicchi di tabellone.

La frase più equilibrata l'ha pronunciata Corrado Barazzutti, che pure a suo tempo non gradì alcune prese di posizione di Sinner (un paio di rinunce alla Coppa Davis e il forfait alle Olimpiadi di Tokyo). “Sinner ha fatto il suo dovere, fin qui ha battuto avversari più deboli, aiutato da un tabellone favorevole. Non sto sminuendo le sue imprese: nel tennis vincere da favoriti, con la pressione addosso, non è affatto semplice”. Paradossalmente, l'approccio alla semifinale di oggi contro Novak Djokovic (ore 14.30, diretta Sky Sport) sarà ben più agevole: non ha niente da perdere e i bookmakers sono abbastanza convinti che vincerà il serbo, il cui successo è quotato a 1.20. Tuffandosi nei meandri della partita, il punteggio ritenuto più probabile è un 3-0 per Djokovic (2.30), mentre è interessante la linea individuata per il totale game: siamo intorno ai 36-37-38. Significa che vedono tre set tirati oppure – in seconda battuta – una conclusione in quattro.

Nei cinque match giocati fino a ora, Sinner ha raccolto il 67% dei punti quando ha giocato la seconda di servizio

Lo scontro diretto di dodici mesi fa: vinse Djokovic in cinque set

I principali quotidiani italiani hanno gonfiato di aspettative questa partita ed è normale che sia così. Non capita tutti i giorni che un italiano giochi un match così importante a Wimbledon. In uno Slam non accadeva da cinquant'anni che non piazzassimo un giocatore così giovane in semifinale (Panatta, Roland Garros 1973), ma oggi Jannik avrà bisogno di una Grande Impresa (il maiuscolo non è un refuso): intanto è 0-2 contro Djokovic (Monte-Carlo 2021 e Wimbledon 2022), inoltre ha un bilancio di 13 vittorie e 25 sconfitte contro i top-10, che però diventa 4-18 contro i top-5. Senza scomodare le cifre record di Novak Djokovic a Wimbledon, è chiaro che – al netto di proclami, dichiarazioni e pensieri più o meno intimi – una vittoria sarebbe un'impresa memorabile, di quelle da ricordare nei secoli dei secoli. Anche perché siamo convinti che il precedente di dodici mesi fa non abbia il significato che molti gli hanno dato in questi giorni: “L'anno scorso lo ha portato al quinto dopo aver vinto i primi due, ma oggi Sinner è un giocatore migliore, quindi...”. Rispetto ad allora Sinner possiede un servizio più robusto, ma non siamo sicuri che arrivi meglio. Allora aveva battuto Wawrinka, Isner e lo stesso Alcaraz, dunque si presentava con solidi punti di riferimento.

Stavolta è diverso: se i match di quest'anno erano complessi sul piano mentale, non si può dire altrettanto su quello tecnico. E non è detto che sia un bene. Inoltre siamo convinti che il precedente del 2022 sia un aiuto per Djokovic: consapevole della forza di Sinner, approccerà il match con massima concentrazione, senza quelle piccole distrazioni che ogni tanto si concede. Possiamo ipotizzare un approccio simile a quello avuto a Parigi contro Alcaraz, quando è sceso in campo con attenzione maniacale, quasi ossessiva, per mandare determinati segnali all'avversario. E sappiamo com'è andata. Nel suo fondo odierno sulla Gazzetta dello Sport, Paolo Bertolucci ha individuato le cinque chiavi del match. Siamo d'accordo soprattutto sulla prima: il rendimento al servizio. Jannik sa sviluppare velocità spettacolari, superiori alle 130 miglia orarie. Tenendo una buona percentuale di prime (possibilmente sopra il 65%, ma fino a oggi si è attestato sul 56%, sia pure con buoni numeri con la seconda) potrà costruirsi diversi game di servizio più comodi e dunque provare a fare match pari. Probabilmente tutto partirà da lì. Il resto, verrà di conseguenza. A meno che – e nello sport può sempre accadere – il match non prenda i binari dell'irrazionalità.