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WESTERN & SOUTHERN OPEN

Djokovic, l'invincibile: chiuderà imbattuto il 2020?

Se lo domanda L'Equipe, che ha chiesto un parere al mitico Jahangir Khan, miglior squashista di sempre. È rimasto imbattuto per 555 partite. “Sarebbe un'impresa estrema, perché è già molto difficile rimanere a lungo al numero 1. Tuttavia, ambizione e desiderio possono fare molte cose”. La pausa COVID ha ridotto il numero di match necessari per chiudere senza sconfitte: numeri alla mano, l'impresa non pare impossibile.

Riccardo Bisti
27 agosto 2020

Con il 6-3 6-1 rifilato a Jan Lennard Struff, le vittorie consecutive di Novak Djokovic sono diventate 21. Per carità, gli era già successo sei volte di raccogliere almeno venti successi consecutivi, con un picco di 43 a cavallo tra il 2010 e il 2011, terza striscia positiva più lunga dell'Era Open. Ma quest'anno, causa COVID-19, c'è una novità: potrebbe chiudere l'anno imbattuto. E sarebbe la prima volta in assoluto. C'è una differenza tra Djokovic e gli altri due componenti dei Big Three: la sensazione di onnipotenza, di invincibilità. Nadal l'ha trasmessa soltanto sulla terra battuta (in cui si è spinto a 81 vittorie di fila), mentre Federer di tanto in tanto dava qualche segno di vulnerabilità. Sulla terra, certo, ma ogni tanto trovava il guastafeste di turno che lo martoriava dal lato del rovescio e magari azzeccava la sorpresa. Con Djokovic questo non accade. Non ci sono apparenti debolezze nel suo gioco, mostra una solidità impressionante e nelle ultime uscite sembra ancora più sicuro di sé nel gioco di volo, concedendosi qualche sortita offensiva anche nei punti importanti. E con buoni risultati.

Quanti atleti hanno dato una tale dimostrazione di invincibilità? Come ci si sente? Per scoprirlo, L'Equipe ha preso contatto con Jahangir Khan, Leggenda dello squash. E la L maiuscola non è casuale. Tra il 1981 e il 1986 ha vinto 555 partite di fila. “Non ho mai avuto piani a lungo termine, non guardavo così lontano – racconta Khan, classe 1964 – mi concentravo solo su quello che dovevo fare giorno dopo giorno. Mi allenavo molto e volevo trasferire in partita quello che facevo. Ad essere onesti, non ho mai pensato di perdere”. Pescando nello scrigno dei ricordi, dice di non essersi preso troppi giorni di pausa, seguendo alla lettera la sua routine. “Anche quando sono diventato numero 1 del mondo, non ho mollato di un centimetro. E non mi sono mai domandato cosa fosse a spiegare i miei risultati: tecnica? Fisico? Mente? Volevo solo fare il mio percorso. Inizialmente erano settimane, poi mesi, infine anni”.

"Una volta mi presentai a un torneo con una pessima influenza, avevo preso antibiotici ed ero rimasto senza energie. Avevo pensato di ritirarmi, invece ho giocato. E ho vinto" Jahangir Khan
La finale dello Us Open 2011, una delle più fulgide dimostrazioni di invincibilità di Novak Djokovic

Lo stop di cinque mesi per COVID-19 ha inevitabilmente modificato abitudini e sistemi di allenamento. Senza il test di una partita, non si può sapere cosa succederà. È un nuovo inizio, ma in fondo è una situazione nuova per tutti. Rispetto a Khan, il serbo ha la pressione di rappresentare uno sport ben più popolare dello squash. E poi l'epoca digitale ingigantisce tutto, mentre in quegli anni c'erano soltanto i giornali. A un certo punto, gli appassionati squash parlavano sempre più spesso della serie positiva di Khan. Molti si recavano ad assistere alle sue partite domandandosi se sarebbero stati i primi a testimoniare una sua sconfitta. Secondo il pakistano, fu un altro elemento capace di aiutarlo. Come a dire: non sempre la pressione viene per nuocere. “Va detto che per un lungo periodo nessuno era in grado di mettermi in difficoltà, vincevo piuttosto nettamente ogni partita – dice Khan – uan volta mi presentai a un torneo con una pessima influenza, avevo preso antibiotici ed ero rimasto senza energie. Avevo pensato di ritirarmi, invece ho giocato. E ho vinto”.

Il momento di maggior splendore è arrivato nel 1982, quando rifilò un incredibile 9-0 9-0 9-0 al numero 4 del mondo in una finale, dopo che quest'ultimo aveva superato il numero 2 e il numero 3. “Qualsiasi cosa avessi fatto in quel momento, mi sarebbe riuscita”. Nel tennis, erano gli anni del dominio di John McEnroe. Nel 1984, l'americano avrebbe vinto 42 partite di fila prima di arrendersi a Lendl nella finale del Roland Garros. A oggi, è la quarta serie più lunga dell'Era Open dopo quelle di Vilas (46), Lendl (44) e appunto Djokovic. “Ricordo che ci furono diversi paragoni sulle nostra traiettorie, perché io ero nel mezzo della mia serie”. Finì che l'americano perse tre partite in stagione, mentre Khan avrebbe resistito per cinque anni.

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    Le occasioni in cui Novak Djokovic ha vinto almeno 20 partite di fila. Roger Federer c'è riuscito otto volte, Rafael Nadal sei.
Novak Djokovic ha raggiunto per l'ottava volta le semifinali al Western & Southern Open
L'ultimo dei tre successi di Djokovic allo Us Open risale al 2018

Nel giorno del successo a Dubai, Djokovic ha detto (scherzando, o forse no) che l'obiettivo stagionale era chiudere l'anno senza sconfitte. Il COVID gli ha tolto di mezzo parecchi impegni, e adesso ci si domanda sul serio se l'impresa sia possibile. “Dipende dalla fiducia in te stesso e dalla capacità di continuare a lavorare con intensità – dice Khan – senza pensare troppo al record. Con ambizione e desiderio, molto è possibile. Certo, negli sport professionistici non ci sono periodi così lunghi di dominio assoluto. È già molto complicato restare in vetta, ottenere qualcosa del genere mi sembra un risultato estremo”. Nel frattempo, Nole è già certo di superare le settimane al n.1 ATP di Pete Sampras (286). Il sorpasso arriverà il prossimo 21 settembre e, salvo sorprese, a marzo dovrebbe superare anche Federer. Qualora la serie positiva dovesse andare avanti, cresceranno anche le aspettative. E inevitabilmente arriverà la prima sconfitta.

“Sapevo che prima o poi sarebbe successo – conclude Khan – quando accadde, c'erano spettatori sconvolti in tribuna. In Pakistan qualcuno si è messo a piangere, ma io spiegai che ero un essere umano e la mia invincibilità non poteva durare per sempre. E comunque non mi è crollato il mondo addosso, anzi, dopo quella sconfitta sono rimasto imbattuto per altri nove mesi”. La strada è ancora lunga. Facendo un'ipotesi, Djokovic potrebbe giocare (più o meno) ancora 25 partite nel 2020. Significa che non è nemmeno a metà dell'opera. Ma è legittimo domandarsi se riuscirà a chiudere imbattuto, se non altro perché il limite – quasi fisiologico – sembra essere fissato proprio intorno a quei numeri. Poi la sconfitta, inevitabile, arriva. E allora il 2020 potrebbe passare alla storia del tennis anche per un altro motivo. Non solo per i disastri combinati dalla pandemia.

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    La più lunga striscia vincente dell'Era Open. L'ha ottenuta Guillermo Vilas nel 1977. Qui sotto, le cinque serie più lunghe dal 1968 a oggi.

    46 - Guillermo Vilas (Argentina) 1977
    44 - Ivan Lendl (Cecoslovacchia) 1981-1982
    43 - Novak Djokovic (Serbia) 2010-2011
    42 - John McEnroe (Stati Uniti) 1984
    41 - Bjorn Borg (Svezia) 1978-1979
    41 - Roger Federer (Svizzera) 2006-2007