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ROLAND GARROS

Disastro Francia!

Disfatta senza precedenti per i padroni di casa: erano in 29, non ne hanno portato neanche uno al terzo turno. La quantità resta elevata, ma mancano le punte di diamante. E le prospettive non sembrano delle migliori: il miglior prospetto pare Clara Burel...

Riccardo Bisti
5 giugno 2021

Per anni abbiamo guardato alla Francia con invidia. Il sistema FFT, con i proventi del Roland Garros, ha permesso un gettito continuo di ottimi giocatori, tale da rendere quasi tollerabile l'infinito digiuno Slam. Al maschile dura da 38 anni, da quando Yannick Noah trionfò a Parigi. Oggi non hanno più nemmeno quello. Il de profundis è stato sparato in prima pagina sull'Equipe: “Non ci sono più francesi nella prima settimana”, con la parola “seconda” cancellata. Come a dire che prima non vincevano i tornei, ma almeno coglievano buoni risultati. Stavolta hanno infilato un disastro senza precedenti, inedito nell'Era Open: avevano 29 giocatori ai nastri di partenza (18 uomini e 11 donne), e solo in 7 sono passati al secondo turno (3 uomini e 4 donne). Nessuno di loro è approdato al terzo. L'ultimo ad arrendersi – in ordine di tempo – è stato Richard Gasquet, battuto per l'ennesima volta da Rafael Nadal.

Incredibile ma vero: nel venerdì della prima settimana non c'erano più francesi in gara. Numeri degni dei britannici a Wimbledon negli anni neri, quando si aggrappavano al modesto Jeremy Bates. In realtà, il declino del tennis francese era iniziato tra le donne (nonostante detengano la BJK Cup, vinta grazie a Garcia e Mladenovic), ma i Nuovi Quattro Moschettieri avevano tenuto a galla il tricolore blu, bianco e rosso. Jo Wilfried Tsonga, Gael Monfils, Richard Gasquet e Gilles Simon hanno colto risultati degni di nota. Il problema è che oggi hanno 141 anni in quattro. “Naturalmente è la fine di un'era” ha esalato Gasquet dopo la sconfitta contro Nadal, in cui ha almeno salvato la faccia. “Siamo stati una grande generazione, spero che in futuro accada altrettanto. Adesso è un po' difficile, ma dobbiamo vedere chi arriverà. Vorrei che emergano tanti giocatori”.

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Nel venerdì della prima settimana non c'erano più francesi in gara. Numeri degni dei britannici a Wimbledon negli anni neri, quando si aggrappavano al modesto Jeremy Bates.

Richard Gasquet è stato l'ultimo francese ad abbandonare il Roland Garros, battuto da Nadal nella serata di giovedì

Il momento è ancora più doloroso vista la grande storia del tennis francese, dalla Divina Suzanne Lenglen ai veri Quattro Moschettieri (Lacoste, Cochet, Borotra e Brugnon), a cui sono dedicati i quattro lati del Philippe Chatrier. Poi hanno avuto Noah, Leconte, una numero 1 come Amelie Mauresmo e Slammers come Pierce e Bartoli. Oggi manca la qualità, perché la quantità non manca. Ci sono undici francesi tra i top-100 ATP, addirittura più degli italiani. Il fatto è che farebbero carte false per avere un Berrettini, per non parlare dei Sinner e dei Musetti. “Non credo che molti Paesi possano dire di starci davanti – dice Tsonga, reduce da gravi problemi alla schiena e sempre più vicino al ritiro – certo, qualcuno se la ride... ma non siamo gli ultimi. Se dovessimo fare una classifica, siamo ancora tra i primi al mondo. In Giappone stanno cercando un campione, in Cina pure... oggi sta accadendo anche in Francia”.

Per loro è difficile accettare che gli Stati Uniti abbiano piazzato quattro giocatori al terzo turno, una specie di Sbarco in Normandia in salsa tennistica. Figurarsi i cinque italiani, considerando la storica rivalità tra cugini. Secondo Gasquet la pandemia ha giocato un ruolo in questa crisi: tesi poco convincente. La verità è che sembra esserci un grosso divario tra la vecchia e la nuova generazione. “Eravamo tra i top-10, abbiamo giocato diverse semifinali e non ci ponevamo nessuna domanda – dice Gasquet – oggi, a parte Monfils che può giocare ancora un po', toccherebbe alla nuova generazione. Spero che ne arrivi una il prima possibile”. A volte è inutile cercare spiegazioni: si tratta di cicli che non hanno chissà qualche ragione. In Italia lo sappiamo bene.

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La verità è che il tennis francese è in crisi. O meglio, è lontano dai risultati che si attende, peraltro con una tendenza al peggioramento. Tra le donne c'è una speranza: la 20enne Clara Burel è stata n.1 junior e oggi è tra le prime 150. In campo maschile sembra più dura. “Invece credo che ci siano ottimi giocatori, ma noi più grandi dobbiamo dare una mano – continua Gasquet - è un momento difficile e dobbiamo remare nella stessa direzione, in modo che arrivi una nuova generazione. Avremo sempre tanti top-50, non sarà mai un problema. Ma ci servono i top-10, come ne abbiamo avuti negli ultimi 30-40 anni. Bisogna crederci e spingere”. Secondo Tsonga, la federtennis francese dovrebbe essere più inclusiva e dare una mano a tutti, non solo a quelli che stazionano presso il Centro Tecnico Nazionale di Parigi. Lui ci sta mettendo del suo: insieme a Thierry Ascione, sta investendo forte per il progetto All-In Academy, realtà privata che avrà tre sedi (Lione, zona di Parigi e Costa Azzurra).

È necessario che tutti entrino nello stesso stato d'animo, a partire dalla federazione, il cui compito è fornire i mezzi ai piccoli club per poter seguire al meglio i giovani, indipendentemente da dove si trovino: Lilla, Nizza o Parigi”. Sul breve termine, il più forte sembra Ugo Humbert, classe 1999, bravo con la racchetta e il pianoforte, oltre ad avere le movenze simili a Guy Forget. A oggi sembra difficile che possa emulare i successi dell'attuale direttore del torneo, capace di vincere tornei Masters 1000 ed entrare tra i top-5 ATP. Corentin Moutet possiede un gran braccio, ma sembra limitato fisicamente. Per il resto, si fatica a individuare un nome forte, che emerga sugli altri. Di una cosa siamo certi: la Francia rinascerà. Il nuovo corso federale ha idee e progetti nuovi, che però richiederanno un po' di tempo. Per adesso, tuttavia, l'Italia se la ride come forse non era mai accaduto. Chissà se Paolo Conte è appassionato di tennis: dovessimo vincere uno Slam a breve, potrebbe pensare a una rivisitazione tennistica della mitica “Bartali”. In fondo, rispetto ad allora, c'è un punto in comune: i francesi che s'incazzano.