The Club: Bola Padel Roma
LA STORIA

Alle origini di Carlos Alcaraz

Carlos Alcaraz non è sempre stato un grande lavoratore. Lo è diventato grazie al suo primo maestro, Kiko Navarro, che oggi dice con orgoglio: “Quando Ferrero è subentrato, Carlos era già un prodotto finito”. Una storia fatta di budini, FIFA '15, palle corte e una grande qualità: “impara tutto al volo”. 

Riccardo Bisti
18 luglio 2023

Erano le 23.15 di lunedì sera quando Carlos Alcaraz e la sua famiglia sono arrivati nella loro abitazione di Murcia, nel sobborgo di El Palmar. Hanno trovato un plotoncino di telecamere, fotografi, giornalisti e guardoni. Se arrivi da una piccola comunità del sud-est spagnolo devi aspettarti certe attenzioni. È lì che Carlitos si è formato, presso il Real Sociedad Club de Campo, presieduto da papà Carlos e tramutato in un circolo tennistico dal nonno, pure lui Carlos. È lì che si sono costruite le basi del giocatore che ha interrotto l'egemonia londinese di Novak Djokovic, anche se c'è una storia che non tutti conoscono. Quando Magnus Norman condusse Stan Wawrinka a vincere tre Slam, si affrettò a dare il giusto merito al primo coach dello svizzero, quel Dimitri Zavialoff che aveva costruito il suo tennis, sublimato da uno dei migliori rovesci a una mano che si siano mai visti. Per adesso non ci sono state reali manifestazioni pubbliche di ringraziamento per Kiko Navarro Lorca, il primo tecnico di Carlitos. Lui si presta volentieri a interviste sul suo ex allievo, ma forse il loro addio non è stato indolore. E forse non è ancora metabolizzato del tutto, perché risale a poco più di tre anni fa.

Quando gli hanno chiesto se ha deciso lui di interrompere il rapporto con Alcaraz, si è preso qualche secondo prima di rispondere. “Non direi mai niente di negativo su di lui. Sono troppo legato alla sua famiglia, suo padre è come un fratello e lui è come un figlio”. Già, perché Carlos Sr. È stato il coach di Navarro quando sperava di diventare un tennista. Classificato tra i migliori 40 spagnoli negli anni '80, Carlos Alcaraz Senior era arrivato ad allenarsi a Barcellona, poi cessò l'attività. Un po' perché costava troppo, un po' perché stava mettendo su famiglia. Però ha continuato a fare il tecnico, e Kiko Navarro era forse il suo allievo migliore. Una volta arrivò a sfidare Rafael Nadal in un torneo del Nike Junior Tour, presso il Club Atletico di Montemar di Alicante. “Ero avanti 5-2 e 40-15 al terzo set. Ovviamente ho perso 7-5” racconta questo ex ragazzo che oggi ha 38 anni e continua ad allenare ragazzini a El Palmar. Anche lui ha smesso per mancanza di risorse, ma per continuare a vivere di tennis ha preso a fare il maestro. E quando Carlitos aveva quattro anni, il padre gli disse di dargli un'occhiata. È iniziato un percorso che è diventato una favola, in cui Navarro ha meriti importanti.

L'arrivo di Carlos Alcaraz a Murcia dopo il successo a Wimbledon

Lo sapevi che...

Carlos Alcaraz è buon amico del cantante Sebastiàn Yatra, molto popolare in Spagna. Dopo aver seguito in diretta la finale di Wimbledon, Yatra ha voluto omaggiare Alcaraz dedicandogli "Vagabundo", la canzone preferita di Carlitos. In pieno concerto, ha realizzato un video-selfie in cui ha coinvolto tutto il pubblico e ha mandato un messaggio al tennista: "Carlitos Alcaraz, felicidades por Wimbledon, 'crack'. Esta es para ti"

ASICS ROMA

“Non sono un predestinato, le cose si ottengono con lavoro, perseveranza e sforzo” ha detto Alcaraz ieri, in una delle tante interviste concesse nell'appartamento londinese dove ha accolto una mini-processione di giornalisti spagnoli prima di prendere un volo privato per Murcia. “Ho inseguito il mio sogno e ho creduto in me, ma non sono sempre stato un lavoratore. Non è facile fare cose che non ti piacciono, ma ho imparato che i giorni in cui non hai voglia e mancano le motivazioni contano il doppio. Devi alzarti dal letto e sforzarti”. Se è diventato così lo deve a Navarro, che lo ha preso per le orecchie quando c'era bisogno. El Palmar non è quello che si definirebbe un bel posto: è un miscuglio di negozi e condomini costruiti in modo approssimativo. Non c'è molto verde, ma cemento e pietre per lastricati. Sarà per questo che Carlitos passava le sue giornate presso il circolo presieduto dal padre, dotato di 13 campi da tennis (a cui ne hanno aggiunti quattro da padel) oltre a piscina, palestra, campo da basket e campo di calcio. “Aveva un coordinazione occhio-mano incredibile – racconta Navarro – a parità di età, era tecnicamente migliore di Nadal. Ma ciò che lo distingue è l'entusiasmo. Le sconfitte non lo hanno mai scoraggiato”. Però era pur sempre un ragazzino come tanti, non ricco e nemmeno viziato, ma di quelli a cui non manca niente. Per questo, Navarro gli ha insegnato la disciplina. “Sono stato più severo di suo padre – ha raccontato – non gli ho permesso di usare il cellulare o di perdere tempo con i videogiochi”.

L'ultima missione non è stata semplice, giacché Carlitos era un fanatico di FIFA '15. In queste ore, i feticisti si sono fiondati sul suo account Instagram abbandonato. Non quello ufficiale che conta oltre tre milioni e mezzo di followers, ma quello gestito direttamente da lui quando aveva undici anni. Si chiama “Charly Tenista” e ci sono alcune foto di un bambino che sta imparando a maneggiare la tecnologia, con alcune chicche. Per esempio, scopriamo che come sfondo di Whatsapp aveva il logo del mitico videogame, con un Cristiano Ronaldo ancora madridista. Un account molto diverso da quello attuale, in cui ci sono soltanto foto patinate e professionali. Scorrendolo si trova un bambino che fa le linguacce, posa insieme agli amici di allora e dorme con addosso tuta e scarpe. Chissà se lo terranno online o sceglieranno di cancellare tutto. Se il padre e Navarro hanno dovuto rinunciare al tennis professionistico per mancanza di fondi, Carlitos ha potuto giocare grazie alla mini-sponsorizzazione del marchio di dolciumi, budini e yourt Postres Reina. Vi abbiamo già raccontato la storia: fu grazie a un contributo a fondo perduto di 2.000 euro che potè partecipare a un torneo Under 10 a Pola, in Croazia, in cui incrociò Holger Rune e Luca Nardi. Perse in finale, ma i successi sono arrivati in fretta. Navarro capì che il percorso era segnato quando Carlos arrivò in finale a un campionato nazionale giovanile con un paio d'anni d'anticipo. Perse 7-6 al terzo contro Nicolas Alvarez Varona, ma ormai aveva messo la freccia.

Kiko Navarro e Carlos Alcaraz a Pola, nell'estate 2013. Lo spagnolo era impegnato al Smrivka Bowl, a cui potè partecipare grazie al contributo di Postres Reina

Leggi anche: Passaggio di Consegne

Un undicenne Carlos Alcaraz si diverte con il suo primo profilo Instagram

IMG lo aveva già fatto firmare, mettendolo sotto l'ala protettrice del manager Albert Molina (ancora al suo fianco). Fu lui a suggerire che Murcia iniziava a stare un po' stretta a quel progetto di campione, forse memore degli errori commessi da Carlos Boluda, colui che – una decina d'anni prima – doveva essere il Nuovo Nadal, ma che ha pagato alcune scelte sbagliate. Così favorì il contatto con l'accademia Equelite di Juan Carlos Ferrero. Inizialmente doveva essere una collaborazione semplice, supervisionata da Antonio Martinez Cascales (storico coach di Ferrero e responsabile del vivaio dell'accademia). Non a caso, Navarro si è spostato a Villena con lui e hanno convissuto per due anni. La leggenda, tuttavia, narra che JCF lo abbia visto in un torneo Under 14 e ne sia rimasto folgorato. Non è leggenda, invece, che avesse da poco concluso il burrascorso rapporto con Alexander Zverev e che abbia visto in quel ragazzino un Dono del Cielo. “Ho pensato che sarebbe stato bello prendere un ragazzino dal basso e portarlo in cima, proprio come ha fatto Martinez con me”. Giorno dopo giorno, l'influenza di Navarro era sempre minore. Fino a quando, agli albori della pandemia, è arrivata la separazione. Alcaraz è rimasto in accademia, lui è tornato a Murcia. Si prende qualche secondo quando gli chiedono anche di Ferrero. Anche in questo caso premette che non vuole parlare male di nessuno, ma poi si concede un pizzico di orgoglio:”Quando lui è subentrato, Carlos era già un prodotto finito”. Oggi Kiko Navarro Lorca allena ragazzini nella sua città, si concede alle richieste di interviste e non pensa di lavorare nel circuito.

Ha ricevuto offerte, ma dopo aver lavorato con Alcaraz era dura pensare a qualcun altro. O forse c'è la paura di vivere la stessa agonia: creare un aspirante campione e poi essere lasciato. “Comunque non ho mai apprezzato quel genere di vita, costantemente sotto i riflettori” precisa, salvo ritrovare il sorriso quando dice che le smorzate sono sempre state il colpo preferito di Carlitos. “Le ha sempre fatte, ma non pensavo che tra i professionisti sarebbero state così efficaci. Invece sembra che accarezzi la palla con la mano, non con la racchetta”. C'è poi l'occhio lungo di Toni Nadal, che lo vide a sedici anni in un torneo a Manacor. Prese da parte Navarro e gli disse che quel ragazzino aveva già uno dei migliori cinque dritti del mondo. “Ma poi ho pensato a quelli di Nadal, Federer, Djokovic, Murray, Del Potro... qualcosa non mi tornava” dice Navarro, che sembra sinceramente contento – per non dire entusiasta – dei successi di Alcaraz. In fondo li sente un po' suoi. Quando gli chiedono qual è la principale qualità di Carlitos, non ha dubbi: “La sua capacità di apprendimento. Quando gli dicevo qualcosa, si correggeva subito. È diverso sistemare le cose al primo tentativo e non al decimo. Toni Nadal la pensa come me...”. Kiko Navarro ha rinunciato alle inquadrature nei box più prestigiosi, alla popolarità diretta, probabilmente a un benessere economico ancora maggiore, ma intimamente sa che dietro ai successi di Carlos Alcaraz c'è qualcosa di suo. E può guardare con orgoglio il murale eretto a El Palmar, simbolo perpetuo della grandezza di Carlitos. Sa che senza di lui non ci sarebbe stato. E pazienza se in quel disegno colpisce il rovescio.