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IL PERSONAGGIO

Mannarino, il tennista che tira le corde a 10 kg

Adrian Mannarino sta giocando il suo miglior tennis a 35 anni. C'è voluto del tempo per fare pace con una serie di stranezze che lo rendono unico: non vuole sapere il nome del suo avversario, tira le corde a 10 kg (a volte anche meno), era arrivato a cercare la racchetta sui social. E anni fa aveva completamente cambiato il movimento del dritto. 

Riccardo Bisti
4 ottobre 2023

Con il trofeo tra le mani, Adrian Mannarino ha ringraziato calorosamente il pubblico di Astana. “Mi avete dato un sostegno eccezionale, non m capita neanche in Francia". Vero, ma un po' è colpa sua. Sebbene sia nato in un piccolo comune alle porte di Parigi, non ha mai fatto nulla per attirarsi le simpatie dei connazionali. Non aveva l'esuberanza di Tsonga e Monfils, e nemmeno il talento scintillante di Gasquet. L'unico a cui si è vagamente paragonato è Gilles Simon, ma non era esattamente un auto-elogio. “Non mi piace guardare le mie partite – racconta – capisco la gente, i miei incontri non sono quelli desiderati dal pubblico. Credo di ricordare un po' Gilles Simon: quando ero piccolo non volevo vedere i suoi match, erano un orrore”. Questo tipo un po' strano, con fisime tutte particolari, è il nuovo numero 1 di Francia. In attesa che emergano i giovani (Arthur Fils su tutti) è un leader più credibile di quel Benjamin Bonzi, che per qualche mese era stato davanti a tutti. Ma non pensate che la cosa lo emozioni. “Ero già stato numero 1 francese da numero 42 del mondo, ma non aveva un gran significato. Lo ero diventato per demeriti altrui”.

Oggi è in 34esima posizione, ma il successo in Kazakhstan lo condurrà al numero 23, a una sola lunghezza dal best ranking, risalente al 2018. Professionista dal 2004, Mannarino è sempre stato un outsider. Ha vissuto nell'ombra, anche perché ha dovuto perdere sei finali prima di vincerne una ('s-Hertogenbosch 2019). Ha avuto bisogno di molto tempo per maturare, perché nei primi anni di carriera era un fumantino. Bastava che qualcosa andasse storto e usciva di testa... e dalla partita. Una volta, al Challenger di Lexington, scaraventò una racchetta talmente forte da spaventare un raccattapalle. E al torneo ATP di Stoccolma scambiò l'attrezzo per un giavellotto, fiondandolo dall'altra parte del campo. “I miei avversari lo sapevano. Bastava restare sempre concentrati e, prima o poi, sarei uscito di testa”. 180 centimetri per 68 chili non sono esattamente i numeri del tennista moderno, così Adrian si è inventato un modo tutto suo per essere protagonista a 35 anni compiuti. Non solo una nuova mentalità (acquisita negli anni in cui era allenato da Jean-Christophe Faurel), ma un dettaglio dell'attrezzatura: è il giocatore a usare la tensione più bassa del tour.

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    Le partite giocate da Adrian Mannarino, con un bilancio di 639 vittorie e 496 sconfitte. Ha vinto quattro titoli ATP ('s-Hertogenbosch 2019, Winston-Salem 2021, Newport e Astana 2023) su quattordici finali. Vanta quattro piazzamenti negli ottavi di uno Slam, di cui tre a Wimbledon, e si è aggiudicato quattordici Challenger. Ha battuto per dieci volte un  top-10 ATP: l'ultimo è stato Taylor Fritz al Queen's. Figlio di un maestro di tennis (Florent), proviene da una famiglia numerosa: ha tre fratelli e una sorella. Il fratello maggiore Morgan aveva tantato la via del professionismo tra il 2006 e il 2010. 

“Non ci sono particolari ragionamenti, semplicemente mi trovo meglio – racconta – se tendo le corde 1-2 kg in più, la palla non arriva neanche alla rete. Cerco il giusto compromesso tra potenza e precisione”. Come fanno tutti, ma con un piccolo dettaglio: l'ha trovato a 10-11 kg. “La tensione più bassa che abbia mai adottato è stata di 8 kg in Coppa Davis. Molti dicono che è folle, ma non ci penso”. Nei primi anni di professionismo utilizzava una tensione di circa 20 kg. Poi, anno dopo anno, è gradualmente sceso fino all'estremismo attuale. “Tutto questo mi ha aiutato a non avere problemi alla spalla. E poi non rompo quasi mai le corde”. Mentre i colleghi cambiano racchetta a ogni cambio palle, lui usa lo stesso telaio anche nei match di cinque set. “Posso usare la stessa racchetta per 2-3 settimane, al massimo posso rompere le corde durante l'off-season. Ma in partita non succede”. Mannarino vive di sensazioni. Cerca il meglio per se stesso, e non gli interessa che spesso non coincida con quello degli altri. Come nel 2017, quando era quasi rimasto senza racchette. Giocava con una vecchia Babolat Pure Aero, ormai fuori produzione. Resosi conto di essere al limite, fece addirittura un appello su Twitter, chiedendo se qualcuno avesse qualche telaio da vendergli. Gli risposero in parecchi, anche il colosso Tennis Warehouse: le racchette non mancavano, ma erano tutte usate. C'è un'altra caratteristica che lo distingue dal resto del gruppo: non solo non guarda i tabelloni, ma non vuole sapere chi sarà il suo prossimo avversario. Si rifiuta.

Lo scopre un'ora prima di scendere in campo, quando glielo dice il suo coach (ne ha cambiato diversi, oggi è l'ex preparatore fisico Erwann Tortuyaux, del quale ha imparato ad apprezzare anche le idee sul tennis) e insieme preparano una strategia. “E poi, suvvia, sono nel circuito da vent'anni... So come devo affrontare i miei avversari”. Non fa una piega, smentendo quanto disse Rafa Nadal: “Non credete a chi dice che non guarda i tabelloni. Io lo faccio eccome e ipotizzo il mio percorso” sentenziò lo spagnolo. Mannarino, invece, vuole giocare al buio. “Mi serve a concentrarmi su me stesso – racconta – pensare a una tattica fa sprecare molte energie. La sera prima di un match dormo sempre bene perché non so contro chi giocherò. Prima di scendere in campo faccio una rapida analisi: prima non avrebbe senso sprecare energie”. Non mettiamo in dubbio la veridicità delle sue parole, ma non deve essere semplice mantenere il buio cognitivo nel bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti. Basta appoggiare lo sguardo sullo schermo dello smartphone e si scopre qualsiasi cosa. E Mannarino non sembra contrario alla tecnologia, visto che è piuttosto attivo sui social media. Lo è meno nelle pubbliche relazioni, visto che ha trascorso buona parte della sua carriera senza uno sponsor per l'abbigliamento. L'ultimo brand a vestirlo è stata l'italiana Hydrogen, ma da un paio d'anni ha ripreso a indossere le t-shirt del supermercato.

Quello conquistato ad Astana è il quarto titolo ATP per Adrian Mannarino

Mannarino sostiene ce le sue partite non siano troppo divertenti. Difficile essere d'accordo dopo la visione di questo video...

Per sua fortuna, i soldi non sono un problema: superati i 10 milioni di dollari di soli montepremi, si è potuto permettere di acquistare una casa negli Stati Uniti, laddove fa base durante i tornei americani. Da qualche tempo, forse a seguito di qualche rimostranza, l'ATP non rende più noto il luogo di residenza dei tennisti. Ci sta, visto che la maggioranza assoluta dei top-20 abitano a Monte-Carlo. I francesi non possono: molti ripiegano sulla Svizzera, mentre Adrian ha scelto una soluzione alternativa: Malta. Anche lì c'è un buon regime fiscale, ma è una scelta che rispecchia la sua indole solitaria. Perché, in fondo, ad Adrian Mannarino non interessa piacere agli altri. È costantemente alla ricerca del suo benessere, e non importa se lo trova in cose diverse. Non che sia un musone: dopo un esordio molto tardivo in Coppa Davis (ha giocato il primo match a 29 anni), si è ben inserito nel gruppo e adesso è un punto fermo dei Bleus. “Mi piace giocare con i miei amici” taglia corto. Ma la felicità è sul campo da tennis, perché non ha mai mollato anche quando avrebbe avuto ottime ragioni per farlo. Come a inizio 2022, quando era reduce da un infortunio e non aveva più fiducia e motivazioni. Non si era ripreso dalla grande delusione di Wimbledon 2021, quando fu costretto a ritirarsi durante il match contro Roger Federer. Una distorsione al ginocchio quando era avanti due set a uno l'ha bloccato sul più bello.

Avrebbe dato tutto per essere lui a chiudere la carriera dello svizzero, peraltro nel giorno del suo 33esimo compleanno. Invece si è bloccato e ha faticato a riprendersi. Ma in Australia ha ottenuto gli ottavi, ritrovando motivazione. La stessa che dieci anni prima lo aveva convinto a una mossa rischiosissima: cambiare completamente il movimento del dritto. Gli faceva male la mano sinistra, non c'era verso di far passare il dolore. Si rivolse a quattro medici: due gli consigliarono di operarsi, una sorta di chirurgia esplorativa che però rappresentava un bel rischio. Uno gli suggerì di indossare un guanto, come fanno i golfisti. Il quarto lo guardò negli occhi e gli disse: “Forse è meglio lasciar perdere il tennis”. Invece lui prese da parte il suo coach e decise di cambiare la dinamica del colpo. Quando lo vedete tirare quel dritto un po' strambo, sappiate che non c'è arrivato per ragioni tecniche, ma perché era l'unico movimento che riusciva a effettuare senza dolore. Anche per questo, crediamo che un match di Adrian Mannarino – a differenza di quanto pensa il diretto interessato – sia sempre bello da vedere. Anche a Shanghai, laddove esordirà contro il vincente di Shevchenko-Tseng. Ma non provate a dirglielo: lo scoprirà appena prima di scendere in campo.